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ELISA AVIGLIANO

(Nocera Inferiore, 13 ottobre 1879 - 15 giugno 1962)

Moglie e musa di Salvatore Di Giacomo

Donna Elisa era già in là con gli anni. Era nata a Nocera Inferiore il 13 di ottobre del 1879, dal magistrato Antonio Avigliano, consigliere di Corte di appello e dalla baronessa Silvia Falcone, di Capracotta, morta a Napoli nel '98, tredici anni prima del marito, ucciso da un attacco cardiaco sulla soglia di casa, nella via dell'Incoronata numero 34. Era la prima di sei figli: i cinque fratelli furono o ufficiali effettivi del Regio esercito o professionisti: un medico, Raffaele; un ufficiale di cavalleria, Alfonso, vivente; un ufficiale di artiglieria, Roberto; un funzionario delle poste, Carlo; un avvocato, Mario, vivente. Si vede da qual ceppo borghese venisse la futura moglie del poeta: borghesia provinciale del Mezzogiorno che, al tempo dei Borboni, veniva chiamata con una certa diffidenza dei galantuomini e durante la lotta risorgimentale aiutò con gli scritti e con l'azione la rivoluzione liberale. Ma scrivendo di donna Elisa si è indotti a ritenere inutile situarla nelle sue coordinate storiche. Nel caso presente, poi, si deve rilevare come nessuna biografia di donna fu più poetica, cioè influenzata e quasi assorbita nella poesia da lei stessa ispirata. Pure quasi mai, e nemmeno in occasione della morte, donna Elisa, posta di fronte alla poetica digiacomiana, viene identificata per le sue relazioni con questa.

  • G. Artieri, Penultima Napoli, Longanesi, Milano 1963, pp. 40-41.

Salvatore ed Elisa giravano Napoli alla scoperta di chiese, di strade dimenticate, di antiche taverne: si davano appuntamento in luoghi impensati, in «certi sordidi caffè» dove era facile trovare personaggi più cari a Ferdinando Russo che al melanconico Di Giacomo. In tanti pomeriggi autunnali si poteva incontrare la coppia al caffè del Molo, al caffè dell'Arsenale, al caffè dei Mannesi o a quello detto di Dalbono, situato nei pressi della casa del pittore Edoardo Dalbono alla discesa della posta, proprio di fronte a Palazzo Gravina. Gli incontri presso quest'ultimo caffè sono ricordati nei versi della poesia "Parole d'ammore scuntento". La giovane Elisa, pur tra qualche comprensibile titubanza, seguiva il fidanzato in queste curiose escursioni e non si lasciava scoraggiare dalla scelta di mete, talvolta, insolite. La povera Elisa veniva indotta a seguire il Poeta per fondaci e angiporti, nei tenebrosi vicoli e chiassoli dietro Porta Capuana e il carcere di San Francesco, al Pendino, al Mercato, in una Napoli brulicante di colore, a caccia di documenti dal vero, da fissare sul taccuino o nella Kodak.

  • S. Di Giacomo, Lettere a Elena, Osanna, Venosa 1998, p. 10.

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