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I sintomi della febbre americana


La fiera d'Ognissanti in un paesino d'Abruzzo.

Della febbre americana si riscontrano i segni, i sintomi direi quasi, attraverso tutto il paese. Fin negli spilli da balia, che qua si chiamano "americani"! Giù per un viottolo dirupato di Scontrone, sulla soglia di una casa per un momento incustodita, giaceva una di quelle valigie di tela grigio-azzurra con borchie e cinghie di cuoio, che ogni operaio nomade possiede quando sta di là dal mare; alla stazione di Pettorano due donne - collana d'oro al collo e fazzoletto fiorito in capo - paragonavano le rispettive calzature; una diceva:

– Mo' vedi, con queste scarpe americane...

Guardai: un dollaro e novantotto, garantito. Verificai, attaccando discorso: proprio così: comprate a Rete Granita (Red Granite, Michigan). Su per la via di Palena, l'auriga alla cui bestiola affidai le mie sorti, l'apostrofava in inglese:

– Git up, Charlie, git up!

Era stato in Pensilvania due anni, in quella Pensilvania che naturalmente è tanto meglio dei tre Abruzzi... A Rivisondoli, dove la nuova chiesa si costruisce in gran parte con oblazioni americane, chiesi a un bamboccio tant'alto se sapeva indicarmi la casa dell'arciprete (dalla cui cortesia volevo ed ebbi interessanti notizie circa alla distribuzione delle sue pecorelle oltre mare); e il bamboccio, duro, mi rispose:

– Yes.

"Yes" rispondono senza esitare, come ignorassero assolutamente l'esistenza d'un "sì" il cinquanta e forse il settantacinque per cento delle persone a cui fra Avezzano ed Alfedena vi capita di rivolgere la parola. E son pochi quelli che non vi capiscono se parlate inglese; quanti esattamente? Non so; meno certo di quelli che non vi capiscono se parlate in puro italiano. Ricordo una sera, vigilia di fiera a Castel di Sangro. Su un carro, al lume della luna, arrivano donne da San Donato, da Pizzone, da Montenero: una folla di maniche bianche o di denti bianchi: di labbra rosse o di panni rossi: di occhi neri e di gonnelle nere, luci di collane sfuggite ai crogioli dell'East Side e di Market Street: luci di sorrisi, sotto la luna radiosa d'Abruzzo, nella tristezza americana non disimparati. Vanno alla gran fiera che cade fra i Santi ed i Morti, venute su quel loro plaustro ancora latino per le lunghe vie bianche fra i coloriti monti. Venute col sole: si fermano ora che là verso Capracotta sale la luna, la gran luna bionda, lattea, pallida, opalina, che vela di agreste dolcezza il mondo. E nella gran dolcezza autunnale di che il cielo consola i campi che non han più grano, le viti che non han più vino, i prati che rassegnatamente aspettano la neve: nella gran dolcezza italica vespertina fra un tinnir lontano di campanello (si attendano le greggi che vanno in Puglia: le pecorine emigrano anche loro) e il vicino latrar di un cane da pastore, festoso morbido e bianco, suona secco o stridente alla nostra italiana domanda l'americano yes, il yes della fattoria, il yes del bordo, il yes dello sweat-shop. E l'eco d'un sì, che passa nel vento? Non ci badate: son cose là, dei tempi di Dante...

Reduci dal lungo esilio, han ripreso per forza l'antico vestire: ma l'antico eloquio, l'anima antica non la ritrovano più. Infatti un'altra cosa e strana, che già in America avevo notato, anche qui mi colpisce. Finché vi parla in dialetto o in italiano, questa gente conserva tutte le ingenue arcaiche tradizionali forme dell'indigena cortesia: voi siete signoria, e vi ringraziano della domanda, coll'inchino all'uso d'un tempo... Fate che al nativo parlare si sostituisca pur una parola straniera: quell'attitudine rispettosa scompare e diventa quasi insolente. Perché agli schiavi del boss del bordo, della sciabola, agli iloti delle tracche, alle vittime delle miniere, ai reclusi del peonage, agli sfruttati dai padroni, ai krumiri di tutti gli scioperi, ai dagos di tutti i citizens, l'America ha detto, col club del poliziotto e colla rivoltella del foreman, con l'asprezza del boss e coll'infortunio sul lavoro, col caso Maiorano e cogli unlicensed tenements, che essa è la terra dell'uguaglianza e la terra della libertà: loro ci credono, lo ripetono e lo applicano, a modo loro.


Amy Allemand Bernardy

 

Fonte: A. A. Bernardy, Italia randagia attraverso gli Stati Uniti, Bocca, Torino 1913.

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