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Viaggio tra i tesori nascosti della Chiesa di Capracotta (V)


L'ostensorio della Fede

L'ostensorio capracottese (foto: S. Trotta).

L'ostensorio (dal latino ostendere, mostrare) è l'arredo sacro utilizzato per esporre all'adorazione dei fedeli l'ostia consacrata, ritenuta, in virtù della transustanziazione, il corpo di Gesù Cristo. In quanto cristiano siamo dunque abituati al fatto che, al termine dell'adorazione eucaristica, il sacerdote benedica i fedeli col Santissimo Sacramento esposto nell'ostensorio.

Nella nostra Chiesa Madre ne è custodito uno di particolare bellezza e pregevole fattura che presenta tre elementi principali: al di sotto della teca in argento, rimovibile, la base e il fusto sono intervallati da un globo aureo. Il motivo iconografico del fusto non si discosta dalla tradizione liturgica cattolica, che prevede l'Allegoria della Fede, ossia una figura femminile dagli ampi panneggi che regge una croce con la mano sinistra e il calice eucaristico nella destra. Nel nostro caso il calice è sorretto sul capo della donna - famosa quella dipinta dal Vermeer nel 1674 -, tanto da ricordare le forosette capracottesi che trasportavano le conche d'acqua dalla fonte più vicina fino a casa.


Particolari dell'ostensorio (foto: S. Trotta).

Ben più simbolici sono invece gli intagli realizzati sul globo d'oro. Su di esso è presente l'incisione di molti degli attributi iconografici cattolici, anzi paleocristiani, come ad esempio i pesci, utilizzato come simbolo segreto dalle prime comunità cristiane. L'incisione che più salta all'occhio è forse quella del sole (o, meglio del sole di giustizia, visto che ha un volto) il quale, essendo un simbolo della risurrezione di Gesù, rappresenta la speranza nella fede.

È possibile datare l'ostensorio della Fede di Capracotta al primo XVIII secolo in quanto la teca a raggiera si è diffusa a partire da XVI secolo, dopo il Concilio di Trento (1545) ma è solo dal '700 in poi che l'apparato decorativo degli ostensori comincerà ad arricchirsi di putti, angeli od altre figure simboliche.


Francesco Mendozzi



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