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DANTE NELLA SELVA

di Guglielmo Gorni (1945-2010)

Il rettore, il nuovo, gli venne incontro, con cortesia d'altri tempi e con sorridente letizia. Molti rettori si erano avvicendati nel cortile delle cento colonne, talché Macario si sentiva come slegato dalla storia dell'istituto. Scomparsi alquanti rettori illustri: l'ebraista eccellente, il teologo spregiudicato, il letterato sottile e generoso (e di questo piace fare il nome, Cesare Angelini). E dei vivi ed emeriti, chi vescovo in partibus, chi cardinale in pectore, chi archimandrita degli albanesi d'Italia o abate nullius di Rivisondoli, Civitaluparella necnon Capracotta nella diocesi peligna. Per tacere dei suoi vecchi compagni di corso, Cleto, Calimero, Filippo e gli altri, dispersi chissà dove nelle accademie e nell'universo mondo. Voci e volti ignoti, in una scena ben familiare, gli si paravano innanzi.

– C'è un giovane dottorante, dantista alle prime armi, che gradirebbe incontrarLa e discorrere brevemente con Lei, se crede, di una sua ricerca. È un giovane di merito, un nostro bravo alunno, che mi permetto di raccomandare alla Sua attenzione. Non Le farà perdere troppo tempo, e oso dire che val la pena di farne la conoscenza. Ah, si chiama Basilio – fece il rettore.

Lasciava forse alla smemorata scienza dell'altro la cura di collegare quei due nomi, venerandi padri della Chiesa distanti l'uno dall'altro giusto una generazione. Lievemente infastidito da quella trafila implicita e insinuante, Macario si disse disposto al dialogo, o almeno all'ascolto. L'amore pedagogico era ancor vigile in lui, nonostante o forse proprio in ragione dell'età. Ogni incontro con un giovane studioso o, come sempre più spesso accadeva, con una gentile studiosa, gli dava un incremento di curiosità, di gioia e insomma di vita. Un travaso insperato di passione nel lago inaridito del cuore».

  • G. Gorni, Dante nella selva. Il primo canto della "Commedia", Pratiche, Parma 1995, pp. 19-20.

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