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LA FIGLIA PIÙ BELLA

di Hans Tuzzi (1952)

– Egidio – mormorò Fiorenza.

E, anche in quel caso, la sventurata aveva risposto.

– Der Teufel steckt im Detail.

– Der Teufel? Il diavolo? Ma non è Dio, che sta nei particolari?

– E dov'è, qui, Dio? No, credimi, è il diavolo che sta nei dettagli, lo sanno i tedeschi, lo sanno gli arabi.

– Due popoli di mistici, già.

E quella poveretta, a sognare i fotoromanzi! Che c'erano ancora, incredibile, nel 1986. Milano, la metropoli. Da bere. Con quel suo aperitivo, arancione come un sole al tramonto. Però, vero, in quella pubblicità faceva il suo effetto. Per una cresuda alla Cassinazza, poi, o a Capracotta... Egidio... Gill Parkett... Acciambellato nella cuccia, Kim ringhiò nel sonno: ormai passati i dieci anni (anche se per lui, trovatello, l'età restava presunta), il lungo percorso a piedi dalla Scinzenzeler, la casa editrice diretta da Fiorenza, ormai lo consegnava a un sonno profondo, interrotto soltanto dall'ultima uscita per quella che Melis chiamava «la pipì di mezzanotte». Del resto, da via Hajech a via Pinamonte da Vimercate, ben quattro chilometri, se li faceva tutti, povero cane.

– Non sono troppi, ormai?

– E io, allora? – replicò Fiorenza, fiera delle proprie abilità calcistiche.

– Comunque, se proprio vuoi saperlo, è da aprile che, passati i giardini di corso Venezia, lo metto nel portaspesa e quel che resta se lo fa in bici.

Detto ciò, scomparve in cucina, e lui si immerse nella lettura di una rivista di settore di quelle che non si trovano nelle edicole.

  • H. Tuzzi, La figlia più bella, Bollati Boringhieri, Torino 2015, pp. 58-59.

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