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I VENTURIERI

di Carla Maria Russo (1950)

– Perché non facciamo un patto, Muzio Attendolo? Tu ci permetti di trascorrere qui la notte, dietro impegno, sul mio onore, che non arrecheremo danno alcuno al terreno e che prima dell'alba ce ne andremo. Come compenso di questo favore, io, domani mattina, quando verrai a supplicarmi di arruolarti come soldato di ventura nella mia compagnia, accoglierò la tua richiesta. Inizierai dalla gavetta, sia ben chiaro, sarai il saccomanno di qualche lancia, che significa l'ultimo gradino della scala gerarchica, però ti sto comunque offrendo un'incredibile opportunità. Fa' conto che, questa sera, la fortuna, nella sua cecità, abbia deciso di favorire proprio te, liberandoti dal tuo giogo di servo della gleba e spalancandoti un futuro di successo, ricchezze e donne a volontà. E un giorno, chi può dire, magari persino di signore di una potente città. Muzio Attendolo, signore di...

– Capracotta... – concluse Berto, che non aveva preso affatto bene tutte le smancerie del suo capitano nei confronti di quello zotico, suscitando le risate della truppa. – Dieci capre e quattro pecorai sul cocuzzolo di una montagna perennemente innevata.

– Non badare a Berto. Rispondi a me, invece: riesci a immaginarti nei panni di un famoso capitano di ventura e magari signore di una città, ragazzo?

Muzio non capiva perché stesse lì ad ascoltare le stupidaggini di quel capitano, come se fosse vittima di un incantesimo, di un maleficio che lo teneva inchiodato al suolo contro la sua volontà.

Scosse il capo.

  • C. M. Russo, I venturieri, Piemme, Casale Monferrato 2021, pp. 16-17.

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