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MISS ROSSELLI

di Renzo Paris (1944)

Il baretto di piazza Argentina, che ci vedeva spesso seduti a bere un succo di frutta o una tazza di tè, ora non è più quello. Ero passato lì davanti da poco. Quel bar aveva una saletta interna e un giovane cameriere veniva a prendere le ordinazioni con aria allarmata. Era come se sapesse che Amelia non sarebbe riuscita a tenere in mano la tazza di tè che aveva appena chiesto, che prima o poi all'improvviso sarebbe caduta, frantumandosi sul pavimento lucido. Amelia sembrava contenta che l’accompagnassi, era serena, non sospettava di nulla. Parlavamo di poesia e di magia, del suo Lorenzo Calogero, del suo Rocco Scotellaro, che sembravano vivi accanto a noi. Se accennavo a René Crevel, il mio amato surrealista suicida, le si allargavano gli occhi. La politica faceva capolino raramente nei nostri discorsi. Era primavera inoltrata e lei avrebbe voluto andare al mare a prendere il sole. Facevamo programmi, gite in Abruzzo, voleva vedere il mio paese d'origine: Celano. Aveva sentito parlare del Castello Piccolomini, aveva visto l'affresco di Giotto della "Morte del cavaliere di Celano", dove era raffigurato san Francesco con la morte in diretta del cavaliere. Conosceva naturalmente il "Dies Irae", attribuito a Tommaso da Celano. «Al dunque sei lunatico perché sei nato nell'antica Celene, il paese della luna!» esclamò ridendo nel suo modo brutale. Mi parlò di Capracotta, dove era andata a villeggiare tutta sola, tra vecchie che la spiavano dietro le finestre. All'improvviso cadde il silenzio, un silenzio pieno di voci. Mi misi a guardare il pavimento, iniziando a bere la mia acqua tonica. Poi tornai sui surrealisti minori. Mi disse che in un viaggio a Parigi aveva conosciuto André Breton. Le sue poesie non la attraevano, ma il romanzo "Nadja" le sembrava un capolavoro. Guardava la sua tazza di tè, senza bere, come se la temesse.

  • R. Paris, Miss Rosselli, Neri Pozza, Vicenza 2020.

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