VIRGILIO JUAN
CASTIGLIONE
GARE DI SCI A CAPRACOTTA
Istituto Nazionae Luce (1929)
"Gare di sci a Capracotta"
GARE DI SCI A CAPRACOTTA
Istituto Nazionae Luce (1929)
"Gare di sci a Capracotta"
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
IL RATTO DI BECKENBAUER
Flop TV (2009)
"La villa di lato"
di Maccio Capatonda (1978)
VIRGILIO JUAN
CASTIGLIONE
Le arie popolari musicate da artisti capracottesi
NUNZIO
BACCARI
(1666-1738)
ALFONSO
FALCONI
ALFONSO
FALCONI
ALFONSO
FALCONI
NUNZIO
BACCARI
(1666-1738)
MOSCHE
di Raffaele Castelli (1951)
– Non è niente – sentenziò la stessa, quando ebbe terminata la visita, che quello dovette calarsi i pantaloni per la cosa. E fu visto tutto. Nelle parti intime, con un pizzico di vergogna. Per i due uomini presenti.
– Ma il sangue? – lui a terra ancora. Prima inginocchiato poi sdraiato sul retro.
– È solo un graffio, quattro a ben vedere, ma superficiale e meno male.
– L'antirabbica?! – se ne intendeva di soluzioni chimiche.
– A Capracotta...
Fu allora che quello dal basso gridò. E ripetette circa nove volte che era pronta. Ma che cosa?
– La pecora... è cotta... venite... offro io! – e ci mancherebbe altro che avessero anche dovuto pagare, pensò Ernesto. La risposta che non disse.
– Ma sarà buona? – Crispin che aveva una fame da lupetto e stava anche assaporando quell'odore di cucina da un bel pezzo, anche da prima che lo zio ricevesse il timbro per onn disperdersi nell'amviente e far parte del gregge.
– L'antirabbica... – il danneggiato.
– Dopo, dopo... – e tutti corsero lasciando il soggetto al suo destino. Che non era niente ed è inutile che si fanno tante mosse, del tipo di chi vuole per forza affetto e attenzione.
Ecco, che non si fece in tempo a dire o a riflettere che cadde, scivolò, su una cacca di mucca, la Caterina, e chi sennò. E si bagnò, sarebbe stato meglio dire si oscurò il proprio, di sedere. Giacché si era accovacciata con il medesimo sulla pizza e ne aveva prelevato una buona parte prima di scendere dal pecoraio.
– Oh... non è niente! – le fece quello. Ma lei non poté ribattere e mandarlo al diavolo, giacché era lo stesso pane che aveva offerto allo zio, due minuti prima. O no?
– Sì... – perciò rispose e si strusciò abbondantemente sull'erba folta, tanto che ci furono belati di disapprovazione e quindi continuò con gli stessi fazzoletti che aveva dato al naufrago.
– In montagna è tutta roba genuina – aggiunse il guardiano del gregge e aveva ragione.
Non puzzava nulla, quasi che avessi potuto mangiare ogni cosa. Ma sempre con una certa attenzione. Persino quella pecora cotta lessa, in acqua e dentro un pentolone che sarebbe bastato per cento di questi giorni, come osservò ancora lui, di Capracotta da generazioni. E sorrise, con i cani calmi a mangiare ossi e nervi.
–Solo un assaggio – fu il commento di Ernesto che amava l'avventura, ma quando era troppo, era troppo. Come osservò con gli occhi, alzando le sopracciglia alla volta dello zio, giunto nei pressi lento e non convinto della questione della pecora cotta.
-
R. Castelli, Mosche. Uno, Nessuno, e oltre diciassette milioni di euro, Lampi di Stampa, Milano 2010, pp. 244-245.