STRADE DI GHIACCIO

di Maria Antonietta Nardone (1963)

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Mi è venuta in mente l'estate del '93 e la tensione per l'uscita del mio primo libro. E la settimana trascorsa a Castelpetroso, da Pino. E la visita ai resti della città di Sepino, con Elvira e Pino, e dove abbiamo anche scattato delle foto. Mi ricordo che lì stavano restaurando dei mosaici di una bellezza sfolgorante. Quel pomeriggio venne una pioggia improvvisa e, mentre ci riparammo sotto l'arco di una porta d'entrata dell'antica città, assistemmo al passaggio di due mucche guidate da un contadino e ci parve un tuffo in una vita d'altri tempi dove su queste strade di pietra si alternavano gli zoccoli di mucche, cavalli o altri quadrupedi. Al ritorno da questa visita, ci colse una preoccupazione più casereccia, comprare da un caseificio di passaggio, di cui Pino conosceva il proprietario, un paio di mozzarelle di bufala per la cena. E, quando venne anche Gabriele, la visita al teatro di Pietrabbondante, un teatro costruito su una montagna a mille metri di altezza, o, un altro pomeriggio, l'ascesa a Capracotta.

Quando siamo ritornati a Roma, io e Gabriele siamo andati per una settimana a Santa Severa. E mi ricordo che uscivo presto al mattino: andavo in spiaggia quando non c'era quasi nessuno, facevo una nuotata, stavo un po' al sole, e quando rientravo, verso le nove, facevo una doccia veloce e poi uscivamo insieme. Ci piaceva andare in giro in macchina, così, decidendo giorno per giorno e momento per momento dove andare. Ed era permesso cambiare idea anche all'ultimo minuto. E così siamo andati un giorno al lago di Bracciano, un altro al lago di Vico, un altro a Tarquinia, a Marina Velca e a tantissimi altri posti nel nord del Lazio. Se, invece, avevamo voglia di poltrire, si poltriva per tutto il pomeriggio, e poi facevamo una lunga passeggiata sulla spiaggia, quando ormai non c'era più nessun bagnante.

• M. A. Nardone, Strade di ghiaccio, Oppure, Roma 2001, pp. 132-133.

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