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TOMBE SANNITICHE CON SUPPELLETTILE FUNEBRE

di Antonio De Nino (1833-1907)

Nel territorio di Capracotta, in questi ultimi giorni, ho preso nota di parecchi luoghi che fanno testimonianza di antichità abbastanza remote. Uno di essi è il Monte di s. Nicola, monte che si dirama dal Matese. Sulla sua vetta, di forma quasi conica, sono ancora visibili alcune tracce di mura poligoniche, che s'interrompono e si rannodano a scogliere naturali schistose. Una di queste scogliere prende nome di Segone. I massi delle mura scomposte rotolarono a valle.

Sullo spianato della vetta, ma più nelle fiancate, sono sparsi qua e là frammenti di tegoloni e di grossi e piccoli vasi di terracotta. La denominazione del santo barese è poi certa prova che una qualche chiesuola sorgesse in quel culmine e di cui resta fra le macerie un'acquasantiera spezzata.

Perpendicolarmente, a valle, si distende la contrada Macchia, proprietà del signor Tommaso Conti. Intorno alla masseria di questo signore i laterizî frammentati sono innumerevoli. Si ricorda da molti che la iscrizione osca, in lastra enea, nota col nome di Bronzo d'Agnone, fu rinvenuta appunto in questa contrada da un Pietro Tirone, bifolco del sig. Giangregorio Falcone, capracottese, e venduta poi a un orefice d'Agnone. Dunque non Bronzo di Agnone dovrebbe chiamarsi, ma capracottese.

Nelle bassure di detta contrada della Macchia, durante i lavori campestri, di tempo in tempo si rinvennero e si rinvengono tombe a inumazione con suppellettile funebre. Da oggi innanzi, secondo gli ordini dati dal proprietario del podere, sarà scrupolosamente conservato ogni oggetto che vi si potrà rinvenire.

Ancor più oltre di questa contrada, sempre in discesa, continuano a vedersi i frammenti di laterizî antichi, fino alle scaturigini della Fonte detta dell'Eremita. Volgendo poi a destra, cioè ad est-ovest, e mantenendo sempre quasi la stessa altezza, si giunge alla collina di santa Croce, tra pochi avanzi di muri medievali, forse soprapposti a rovine di pago o vico di nome sconosciuto.

Uno dei tratti di questa collina, si chiama Le Guastre, e dove il sig. Gabriele di Tella possiede una masseria. Le tombe che vi si rinvengono, sono della così detta prima età del ferro; ed hanno la forma rettangolare con muretti laterali di pietre a secco e chiuse con lastroni di pietra grezza.

Poco o nulla si tenne conto dei vasi di creta che vi si rinvennero. Gli oggetti raccolti conservati e generosamente donati a me dal proprietario sig. di Tella, compresa una lancia che ebbe già in dono il cav. Michele Falcone e che ha gentilmente donata a me per completare la collezione della suppellettile rimasta, appartengono a quattro tombe.

Di una tomba, perduti i vasi e qualcos'altro, rimane soltanto una cuspide di lancia, in ferro, alquanto piegata, forse pel peso di qualche masso franato. Di un'altra tomba, ma di bambino, si conservano tre braccialetti di lastrina enea, senza saldatura nel ricongiungimento longitudinale e con quattro sottili scanalature trasversali in ogni estremità; di più, anche in bronzo, due anellini di filo cilindrico, a sei giri l'uno, a cinque giri l'altro.

Appartengono alla collezione dei bronzi due grosse armille, anche di lastra senza saldatura, ma ciascuna con quattordici sbozzature trasversali e con taglio netto e altresì trasversale nelle due estremità, taglio che, per effetto della elasticità del metallo, permetteva l'adesione dopo che l'oggetto era passato sul braccio. Essi appartengono a una terza tomba, secondo che riferiscono gli operai scavatori.

Di una quarta tomba, certamente di guerriero, gli oggetti hanno maggiore importanza, e meritano una particolare descrizione. Sono di ferro e di bronzo.

In ferro abbiamo una cuspide di lancia, a foglia larga e senza costola, lunga 0,51; più una fibula frammentata con ghiande laterali nell'arco; inoltre un gladio o pugnale, lungo 0,32, compresa l'elsa, simile a quelli rinvenuti nella necropoli di Alfedena, ed una breve catenina che faceva parte del pugnale medesimo.

In bronzo poi si hanno pochi frammenti di cinturone, e una armilla, anche di lastra ripiegata e senza saldatura, a tre giri e più: in una estremità sporge una specie di mezza ghianda liscia. Più notevoli sono due dischi o scudini disegnati a traforo e a graffito. Il più grande ha il diametro di m. 0,22. Dalle estremità andando verso il centro vi è una serie circolare di stellette a sei foglie, chiuse da parecchi graffiti circolari e concentrici e alternate da fori triangolari. Ancora in dentro, vengono due altri circoli di forellini; e in ultimo, intorno al foro centrale, vi sono prima sei giri di fori rettangolari e per chiusura un circolo di triangoli. Tra tutti questi giri a traforo si svolge una serie continua di graffiti circolari. Per sostegno del disco, si osservano sei grossi fori in linea curva da una estremità e due dall'estremità opposta. Simile lavorazione si riscontra nel disco minore che ha il diametro di m. 0,13.

Di altri luoghi notevoli per la storia primitiva dei popoli che li abitarono, dirò in successivi rapporti.

  • A. De Nino, Capracotta. Tombe sannitiche con suppellettile funebre, simile a quella della necropoli aufidenate scoperte nel territorio del Comune, in AA.VV., Atti della Reale Accademia dei Lincei, Tip. della R. Accademia dei Lincei, Roma 1904, pp. 397-400.

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