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VITE DI STRADA

di Fabrizio Nurra

Ho colto nel segno. Mi guarda meravigliato:

– Sì, sono molisano... ma come diavolo hai fatto? Lo sei anche tu?

– No. Ho indovinato perché lei ha un accento dell'alto Molise che mi è familiare.

– Sono di Carovilli. La conosci?

Decido di stupirlo con le mie reminiscenze molisane. So tutto di quella zona: il tempio sannitico di Pietrabbondante, la fabbrica delle campane di Agnone, il castello angioino di Civitacampomarano, i coltelli di Frosolone, la neve alta tre metri a Capracotta. Quando cito l'eremo di San Luca, un posto davvero inaccessibile e poco frequentato dai turisti, a pochi passi dal suo paese, l'ho definitivamente conquistato. Mi fa cenno di sedere vicino a lui. Scansa la cena. Ora vuole parlare.

– Vuoi proprio sapere perché quello scemo mi chiama l'americano? Sono stato più di trent'anni negli States. Ho lavorato sodo. Sai! Lì, se facevi bene, ti lasciavano in pace, ma se ti comportavi male eri finito. È pieno di police. Io mi comportavo bene e la police mi lasciava in pace. Avevo una casa presa in affitto con altri compaesani vicino a Brooklyn. Eravamo tutti boys e ci divertivamo un mondo. Lì era tutto diverso. Le ragazze americane non dovevano chiedere il permesso ai genitori per uscire con noi. E le americane...

  • F. Nurra, Vite di strada. Persone e storie alla Stazione Trastevere, Infinito, Formigine 2020.

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