Ebbe a verificarsi sulla nostra ferrovia Agnone-Pescolanciano la sera del 30 Marzo. L'automotrice n.° 11 del treno n.° 6, che parte da Pescolanciano alle ore 19:30 e giunge in Agnone alle ore 21:38, nei pressi della stazione Capracotta-Vastogirardi (Tre Termini) deragliava e andando a dar di cozzo contro una delle colonne di ferro che reggono le mensole della linea elettrica, l'abbatteva d'un colpo, restandone gravemente danneggiata.
Questa la notizia di cronaca nuda e cruda, che dolorosamente registriamo, ma che merita anche d'essere riferita con qualche particolare di cui siamo più o meno a conoscenza.
Diciamo subito che per buona fortuna il treno non portava altri passeggieri all'infuori del manovratore, del capo treno e del sig. Lorenzo Marcovecchio anch'egli impiegato o assimilato della S.F.A.P. Pare che mentre l'automotrice, venendo da Pietrabbondante, era in marcia sul rettilineo che precede la vasta curva dei Tre Termini, prima del fabbricato della stazione Capracotta-Vastogirardi, il manovratore vedesse o avesse avuta l'impressione di vedere una faina, che trovandosi lungo il binario o ad attraversarlo, abbagliata dalla luce dei riflettori della vettura, era andata a finire fra le ruote di essa. Il manovratore allora o per curiosità o per guadagnare la cacciagione imprevista, si prese la licenza di fermare la vettura, donde scese insieme col capo treno. Senonché mentre ricercavano la faina, l'automotrice - forse per protesta della fermata che non le toccava - da sé sola riprendeva la marcia e acquistando sempre più velocità fino a raggiungerla vertiginosa, deragliava alla curva dei Tre Termini e andava a rovinarsi - come abbiamo detto - contro una colonna di ferro che restò per l'urto svelta ed abbattuta.
Quale fu la sorte del Marcovecchio? V'è chi dice che anch'egli fosse sceso dalla vettura, altri dice di no, e che accortosi del pericolo che correva, non sapendo a che santo votarsi, inesperto di qualunque manovra, per l'uso dei freni, si affidasse ai suoi forti muscoli, afferrandosi fra i sedili e forse soffrendo (per quanto assai coraggioso e più volte provato nei rischi) l'immediata conseguenza della nera visione del pericolo.
Se fu così, egli è davvero in debito con qualche divinità che lo ha miracolosamente scampato, poiché in nessun modo, per l'urto violento subito dalla vettura e confermato dai danni da essa riportati, egli poteva uscirne incolume.
In seguito all'accidente, il manovratore e il capo treno sono stati senz'altro sospesi dal servizio.
E non sappiamo di più; né se vi sia stata o vi sarà una inchiesta che assodi le vere responsabilità. E non sappiamo altro né di preciso, né di certo pel fatto che domina sempre l'abitudine che ogni cosa proceda il più che sia possibile alla muta e che il pubblico, l'agnonese si capisce, pur rappresentando la massa degli azionisti della Società Ferroviaria, debba sempre ignorare. E giacché è così, col solito spirito spassionato e d'imparzialità, ci è lecito di fare qualche considerazione, almeno sul recente accaduto.
A parte la ragione frivola ed estranea a qualunque giustificabile motivo che indusse il manovratore a lasciare la vettura, egli non era matto di scendere mentre essa era in moto. Se quindi la fermò, facendo uso del freno a catena o di quello ad aria compressa, e la pendenza del binario presso i Tre Termini non è molto forte, e non è ammissibile che l'automotrice slittasse, e come suol dirsi prendesse di liscia, senza spinta iniziale, come mai intraprese la corsa spontaneamente? Furono messi male i freni, o non funzionarono bene, sfrenando subito dopo le ruote? E se è così, e materiale e meccanismi son difettosi, che garanzia v'è per la pelle dei viaggiatori? E i danni, che si dicono abbastanza gravi, sofferti dalla vettura chi li paga? E fortuna anche per la Società per la Ferrovia che nel treno non v'erano viaggiatori!
Noi deploriamo l'accaduto, e assolutamente senza alcuna intenzione di aggravare le responsabilità di chicchesia, ne prendiamo occasione soltanto per rilevare che va perduta tutta l'opera buona, attiva, coscienziosa e degna d'ogni lode del Direttore Ing. Mastrostefano, e qualunque economia e studio di maggior lucro su servizi di piccoli trasporti è vana risorsa per le condizioni economiche della S.F.A.P., quando a molti inconvenienti e vari eventi ferroviari, vengano aggiunti anche degli accidenti!
Donatantonio Porfilio
Fonte: D. Porfilio, Un accidente ferroviario, in «Eco del Sannio», XXIV:4, Agnone, 30 aprile 1917.
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