Capracotta al punto giusto
- Letteratura Capracottese
- 16 lug
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«La culla dello sci è qui, a Capracotta, il più alto comune degli Appennini ed il terzo comune più alto d'Italia. Solo che, mentre gli altri sono cresciuti, noi siamo rimasti in... fasce. È dall'inizio del secolo che aspettiamo di crescere. Abbiamo molte possibilità potenziali, dalla natura (estiva ed invernale) al materiale umano, ma abbiamo bisogno di aiuti. Lo Stato ci ha ignorati. Ora c'è la Regione che, tra i suoi obiettivi, ha anche la crescita del turismo molisano, la nostra crescita!».
Chi parla è il professor Vittorio Giuliano, presidente dello Sci Club Capracotta, uno dei più antichi Sci Club d'Italia. La sua data di nascita risale al 19 febbraio 1914. Le cronache dell'epoca riportarono così la notizia: «La sera del 19 febbraio, gli skiatori capracottesi, ospitati signorilmente nella casa del dottor Tommaso Conti, inaugurarono con un sontuosissimo banchetto lo Ski Club Capracotta. Allo champagne lo skiatore anziano signor Giovanni Paglione, Console del Touring, tratteggiò in una breve conferenza l'elogio dello sport salutare dello ski in generale e di quello capracottese in particolare. Seguirono brindisi ispirati ad elevati concetti, dell'avvocato Nestore Conti, del giudice avvocato Giorgio Borrella e del padrone di casa dottor Eutimio Conti. Approvato lo statuto dai diciotto soci fondatori (signora Ida Conti Donnarumma, signorina Chiarina Conti, signorina Ines Paglione, insegnante Giovanni Paglione, Console del Touring Club, avvocato Giorgio Borrella, avvocato Nestore Conti, avvocato Gregorio Conti, dottor Michele Campanelli, chimico dottor Filiberto Castiglione, insegnante Ottorino Conti, signor Giuseppe Falconi, dottor Emilio Conti, ragionier Alfonso Gargiullo, avvocato Sebastiano Falconi, avvocato Alfredo Sozio, dottor Roberto Conti, ragionier Alessandro Damato, fu eletto presidente il signor Paglione Giovanni, vicepresidente il signor Conti Ottorino e segretario-cassiere il signor Falconi Giuseppe. La festa, indimenticabile, si chiuse al canto del bellissimo inno degli skiatori di Capracotta, poesia dell'avvocato Giorgio Borrella, musicato dal maestro signor Alfonso Falconi».
Nel 1914, dunque, a Capracotta, esistevano gli "skiatori anziani", esisteva già la febbre per lo sci.
Era approdata in questo sperduto e stupendo lembo di terra, molti anni prima, con l'arrivo - dal nord - del professor Gino Galeotti che - scriveva il presidente Paglione - «ci fece innamorare dei nordici e velocissimi pattini di frassino».

Certo, non dovette essere impresa difficile, per il Galeotti, contagiare i capracottesi con la pasione per «pattini di frassino». La natura di Capracotta favorì il proselitismo. All'epoca aveva una popolazione di 4.700 abitanti. Sorge a 1.510 metri sul livello del mare. L'abitato si trova su una cresta rocciosa che si riannoda a nord-est col Monte Campo ed a sud-ovest col Monte Capraro. Maestosi sono i suoi parchi naturali di faggi, immensi i suoi prati, scroscianti e deliziose le sue cascate. D'estate il clima è mite, rigoroso d'inverno. È nota ovunque l'abbondanza delle nevicate che ricoprono la zona. Fino a qualche anno fa il paese restava a lungo bloccato nel periodo invernale per l'altissimo manto nevoso che raggiungeva e raggiunge ancora i cinque, sei ed i sette metri d'altezza. Al punto da costringere gli abitanti ad uscire dalle finestre ed a scavare gallerie di comunicazione tra caseggiato e caseggiato. In un ambiente simile, l'arrivo dei «velocissimi pattini di frassino» equivalse alla conquista della libertà.
Giovanni Paglione ancora hnel 1914 scriveva: «In principio eravamo visti come il fumo negli occhi. Poi in tanti hanno seguito le calunniate orme di noialtri ritenuti ad ogni costo deplorati bohémiennes! Perciò nella loro marcia trionfale, i nostri ski corrono sui dolci declivi delle amene nostre colline, s'insinuano intrepidi fra le pittoresche radure dei nostri faggeti; nella maestosa e splendida abetina di Pescopennataro; ora scivolando silenziosi con fruscio di seta sulla recente neve gelidamente polverosa; ora fragorosamente scorrendo, alquanto incerti, sulla neve ghiacciata, rompendo il placido silenzio della natura addormentata; ora indiscreti turbando l'intima pace della lepre e talvolta sorprendendo il lupo errabondo ed affamato. Tra tutti gli sport nessuno ve n'ha più pieno di fantasiosa suggestione e di poetiche visioni come quello del correre sulla candida neve».
In un'altra testimonianza del 1914 di Giovanni Paglione, si legge: «Con aria spavalda di conquistatori irresistibili quest'anno i nostri pattini alati hanno fatto strage di anime e di cuori. Prima eravamo pochi e solitari anacoreti; in seguito facemmo proseliti che ora sono divenuti coorte e che domani saranno legione. Col tempo gli ski capracottesi son venuti crescendo di reputazione, e dal rango volgare di semplici "sbarrelle" sono stati ammessi alla stima ed al rispetto deferente. Lo sport invernale ha completamente rivoluzionato i nostri desideri di un tempo per un inverno mite e poco nevoso, mentre ora non aneliamo che copiose nevicate foriere di deliziosissime volate».
Nella relazione che lo stesso Giovanni Paglione fece all'atto della costituzione dello Ski Club Capracotta si legge: «Tutti i giorni, nel pomeriggio, si sono tenute esercitazioni per le nuove reclute dello ski nei pressi della Madonnina, ed a cui hanno preso parte anche gentili signore e signorine che con molto entusiasmo ed abnegazione hanno affrontato improbe ed inusitate fatiche per la conquista dell'equilibrio sugli instabili pattini. Ed esse hanno addolcito il rude ambiente degli... orsi polari, colla loro nota armoniosa di grazia e di gentilezza, dimostrando che effettivamente lo sport degli ski è lo sport degli angeli che volano... coi pattini!».
Esistono altre innumerevoli testimonianze nella storia di Capracotta sulla volontà di crescita che animava e tuttora anima l'ambiente. Eppure, come afferma l'attuale presidente dello Sci Club, Vittorio Giuliano, Capracotta è rimasta in fasce, aspetta ancora di crescere. Di chi è la colpa?
Pasqualino Venditti, uno dei più vecchi soci dello Sci Club Capracotta (tessera della Federazione Italiana Sci n. 4205 del 13 gennaio 1933 sottoscritta dall'allora presidente della Federazione Renato Ricci, sottosegretario all'educazione nazionale e capo dell'Opera Nazionale Balilla) dice che la colpa principale è dello Stato «che ha sempre ignorato il Molise» ma che è anche colpa dell'indolenza di alcuni capracottesi. «Per fortuna ora sono arrivate le Regioni. È nata la Regione Molise che, dopo un decennio di assestamento, sembra finalmente pronta perché la tanto sospirata valorizzazione del turismo molisano - e quindi di Capracotta - diventi realtà. Il presidente della Giunta Regionale, Florindo D'Aimmo, l'assessore competente Enrico Santori, tutti gli assessori regionali vogliono quella crescita in cui i capracottesi hanno sempre creduto, fin dai primi del secolo, quando, sulla scia di Gino Galeotti e di Giovanni Paglione e i "marmocchi" capracottesi saccheggiavano i domestici cantieri demolendo botti e utilizzando le doghe per... volare sulla neve».
A Capracotta sono nati anche dei campioni: Mario Di Nucci è stato azzurro del fondo ma ha raggiunto questo traguardo tra le fila delle Fiamme Gialle; una donna, Maria Di Pietro, è arrivata alla nazionale femminile (vive ora a Nichelino, Torino); Pasquale Sozio di Vinchiaturo, è arrivato, a Capracotta, alla soglia della nazionale vincenzo i campionati nazionali del dopolavoro; Marco Potena... ma su questo personaggio c'è un servizio a parte!

Pasqualino Venditti ricorda con nostalgia i tempi eroici dei pionieri dello sci a Capracotta: «Allora la Fis, oggi la Fisi, non ci ha mai presi in seria considerazione. Quando oltre a fare i turisti, incominciammo a partecipare alle prime gare, andammo incontro ad avventure allucinanti ed esaltanti allo stesso tempo. Per arrivare, per esempio, a Pietracamel (L'Aquila) una volta dovettero venirci incontro con i muli; quando andavamo a Roccaraso, gran parte del viaggio lo facevamo sugli sci. Arrivavamo sciando fino a San Pietro Avellana (tredici chilometri da Capracotta). Qui prendevamo il treno. A Roccaraso c'era un solo albergo, il Cipriani. Noi non potevamo permettercelo. Ci ospitavano i contadini. Qualche volta fummo costretti a dormire in sei atleti in un solo letto, tre a capo e tre a piedi, mentre il nostro accompagnatore, l'allora presidente Ottorino Conti, vegliava su di noi mantenendo acceso il fuoco del caminetto per tutta la notte». Dove sono - domando - le testimonianze di tutta questa vostra attività?
«Sono state fuse per la Patria. Quando il regime chiese le fedi d'oro degli italiani, a noi, in nome della Patria, chiesero medaglie e coppe. Dovemmo così consegnare una novantina di medaglie (oro, argento e bronzo) e una trentina di trofei e coppe». All'epoca, a Capracotta, si disputavano numerorissime gare sullo scenario di Prato Gentile. Tra le più faticose c'erano quelle valevoli per i Campionati Nazionali della Milizia. Erano gare di marcia, tiro ed ostacoli, la brutta copia del moderno (ed ingentilito) biathlon. Chiedo a Venditti di fare un confronto tra Capracotta anni Trenta ed anni Ottanta: «È ancora la Capracotta di una volta. C'era allora un albergo e continua ad essere l'unico, l'albergo Vittoria. È migliorata la strada d'accesso!».
Che cosa si deve fare per valorizzare Capracotta?
«Intensificare l'edilizia alberghiera; costruire degli impianti di risalita per lo sci alpino; creare un vero centro agonistico nazionale per il fondo. La Regione, come ho detto, ha recepito a livello di volontà queste nostre istanze e pare decisa ad avviare in concreto tutte le iniziative necessarie. Deve far presto. Aspettiamo da troppi anni».
Ci sono dei campioni potenziali?
«Ce ne sono eccome. I nostri ragazzi nascono sugli sci da fondo esanno ancora sacrificarsi. Se la Fisi, con l'aiuto della Regione, organizzasse un centro di preparazione ad alto livello a Capracotta, siatene certi, in Nazionale ci sarebbero parecchi nostri ragazzi. E potremmo ricostruire anche la squadra nazionale femminile del fondo!».
Lucio Zampino
Fonte: L. Zampino, Capracotta al punto giusto, in «Sciare», XVII:225-226, 1° marzo 1981.