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Castroleone



Un'altra causa fu chiamata; vedemmo avanzare nell'aula del tribunale un uomo nel pieno degli anni, vestito con abiti urbani; di fronte a lui c'erano un altro uomo e una donna, anch'essi vestiti da cittadini, ma di aspetto più povero, e avevano con sé una bambina di circa dieci anni. Rivenne fu colpito dalla somiglianza tra l'uomo e colui che stava perorando la causa dei suoi genitori.

Quando furono fatti i loro nomi, il giudice reale si alzò e pronunciò poche parole alla Baronessa, che d'improvviso si raddrizzò. Nei suoi grandi occhi scuri lo sguardo brillava; come un lampo, avvolgeva quei quattro sconosciuti che venivano a cercar giustizia. Rivenne sentì la sua attenzione brillare dell'interesse più intenso, istintivamente capì che stava per accadere qualcosa di profondamente drammatico.

La voce della Baronessa si elevò nel gran silenzio.

– Polidoro Duni, – esordì – parlate, cosa domandate?

– Eccellenza, – disse lui, e la sua voce tremava con emozione profonda – siete buona e giusta, e mi appello a voi con piena fiducia! Queste persone – e indicò i suoi rivali – vogliono prendere la mia bambina, la mia amata figlia; voi me la renderete, Eccellenza, non lascerete che si consumi questo crimine infame!

La Baronessa impallidì, sembrava colta da un'agitazione convulsiva...

– E voi – disse lei – vorreste separare questa creatura da sua madre! È una cosa terribile! Quali sono i vostri diritti per una tale richiesta? Parlate, vi ascolto...

– Eccellenza, – riprese il denunciante – i miei diritti sono i più sacri del mondo. Io sono il padre di questa bimba, l'amo più della mia vita, ma preferirei saperla morta che lasciarla nelle mani di quei due miserabili!

– Basta! – l'interruppe la Baronessa in tono aspro. – Oddio, che parole inutili! Una volta per tutte, quale crimine ha commesso questa madre per strapparle sua figlia? Cos'è successo? Spiegatemelo e siate breve, altrimenti... – e l'avvolse col suo sguardo ardente, con amara impazienza, come se volesse sapere tutto senza dargli il tempo di parlare.

– Ecco cosa è accaduto, Eccellenza, e potrete giudicare se un padre si sia mai trovato in una situazione così tremenda! Io sono di Capracotta, da dove me ne andai a quindici anni in cerca di fortuna. A Napoli ho trovato lavoro, la Vergine Santa ha benedetto i miei sforzi, e dopo vent'anni di dure fatiche mi son ritirato nella mia città natale per godermi il meritato riposo. Durante il mio soggiorno napoletano ho conosciuto una donna – e col dito indicò la sua nemica – che poi ho sposato. Lavorava in un albergo e nessuno era migliore di lei ma, cosa volete?, quando si è giovani non si pensa alle conseguenze! Mi ha dato una bimba, la mia Clelia, figlia adorata; guardate come mi rassomiglia! Abbiamo vissuto quindici anni insieme, prima a Napoli e poi a Capracotta, quando mi sono ritirato. Credevo che mi amasse questa donna, o perlomeno che non avrebbe spezzato il cuore al padre di sua figlia! Ebbene... ecco ciò che ha combinato. Otto mesi fa ho dovuto compiere un viaggio d'affari: andare a Napoli e poi a Barcellona. Quando son tornato, felice di rivedere mia moglie e la mia bambina, ho trovato la casa vuota! L'infame era fuggita assieme a quel disgraziato, complice suo! Dopo quindici anni di matrimonio, durante i quali l'ho amata e trattata come una vera donna, è stata dura! Soprattutto, preferire a me quel buffone che ha fatto i peggiori lavori a Foggia, Benevento, Napoli! E tutto il mondo lo sa, è innegabile: avrei centinaia di testimoni! Ma non m'importa: avrei perdonato lui e mai più avrei pensato a lei. È stata perfida e perfida rimane: è così e tanto peggio per lei! Ma il crimine, l'infamia, di aver preso la mia bambina, privarmi di vederla e impedirle di amarmi. La mia Clelia, lei sa che sono suo padre, e io l'amo troppo, e non la si può divider dal padre come se fossi un furfante, lasciandomi senza affetti, senza famiglia. Un cane. Insomma, una bestia! E non è tutto. Questo è nulla in confronto a ciò che m'insidia. Potrei pure sopportare di vivere senza mia figlia se la sapessi felice e se la sua felicità dipendesse dal mio sacrificio! Ma è esattamente il contrario. Lei sta nelle mani di questi infami che l'hanno portata a Isernia, dove vivono nella miseria, nel disordine e nell’ignominia perché non hanno nulla né l'uno né l'altra, e non sanno, o non vogliono, lavorare onestamente!


Camille Jacob Ferrier

(trad. di Francesco Mendozzi)

 

Fonte: F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. II, Youcanprint, Tricase 2017.

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