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Il diario di Laura


Titti Mosca
La comitiva in viaggio per le Cinque Terre.

Tempo atmosferico splendidissimo.

Alle 4:45 mi sveglia il gallo, tutto incazzato perché con sta storia che mi deve svegliare sempre ad ore antelucane, non riesce mai a farsi una bella dormita. In stazione alle sei. Mentre saliamo sul treno il sole sta sorgendo, e sembra una moneta incandescente da due euro.

Usciti dall'abitato di Modena, ci troviamo nella taiga, un paesaggio piatto coperto a perdita d'occhio dalla neve rosata dall'alba, e punteggiato da una scarsa vegetazione. Ci viene in mente il Dottor Zivago, e ci mettiamo a cantare il tema di Lara. Poi ci mettiamo a chiacchierare animatamente di cose effimere. Il cielo è azzurro, è una gran bella giornata. Titti ci dice che nel suo paese natale lo stemma mostra una capra che balza al di sopra di un fuoco. Ma qualcosa deve essere andato storto, perché il paese si chiama Capracotta. Giovanna ci legge poesie di Tonino Guerra, che lei ha copiato nel Giardino dei frutti dimenticati di Pennabilli. Bellissime le descrizioni dei mesi: "Gennaio, coi rumori che lasciano impronte sulla neve; Febbraio, coi colori dei vestiti che ballano; Marzo, coi fiori dei mandorli per le api affamate; Aprile, con tutta la fantasia che ha sonno; Maggio, coi petali di rosa che ridono; Giugno, coi piedi scalzi a toccare l'acqua; Luglio, col solo rovente caduto a terra; Agosto, col mare dentro gli occhi; Settembre, con la musica della pioggia negli orecchi; Ottobre, coi tappeti di foglie secche sotto i piedi; Novembre, con le sciarpe di nebbia attorno al collo; Dicembre, con le parole delle favole sul fuoco". Saranno belle!

A Parma si cambia e al bar della stazione facciamo una colazione sontuosa con paste che grondano crema (perlomeno io), poi prendiamo il treno per Genova. Dopo una lunga galleria, ecco gli Urali, spruzzati un po' di neve. Adesso mancano solo il Volga e l'Ob (fiume caro a noi appassionati della Settimana enigmistica, che ce lo ritroviamo sempre nelle parole crociate). Ah, eccoli lì, che avanzano pigramente nella campagna innevata. E quando Carla parla di lupini mi allarmo un po', in preda alla sindrome della taiga, finchè non mi fanno notare che quelli di cui bisogna aver paura sono i lupacchiotti, non i lupini. Solo quando riconosciamo le Alpi Apuane la nostra convinzione di essere in Russia comincia a vacillare.

Dapprima c'è il sole, poi passiamo un breve tratto di nebbia, che ci avvolgiamo al collo come una sciarpa seguendo il suggerimento di Tonino Guerra. Poi ancora sole, mimose in fiore e alberi luminosi carichi d'arance. Alle 10 siamo a La Spezia. L'albergo non è vicino, ma sopra la stazione. Le camere per fortuna sono insonorizzate, quindi non verremo disturbati dal passaggio dei treni; sono belle, bianche e pulite e costano solo 30 euro a testa colazione compresa, ma Sandro dice che per contratto dobbiamo fare i capostazione con turni di due ore. Chiediamo se c'è il tubo che dal primo piano porta direttamente dentro il treno, come negli aeroporti, ma ci dicono di no. Sistemiamo il bagaglio in camera poi andiamo un po' in giro per la città, che è graziosa e a misura d'uomo.

Il cielo è terso, il sole sfolgorante e l'aria tiepida - siamo sui 15°.

Alle 11:10 prendiamo il treno per Vernazza. Scendiamo e attraversiamo il paese, che è tutto un cantiere per le ristrutturazioni dopo il disastro di due anni fa. Non si vedono turisti, che bello! Ma tutti i negozi sono chiusi, ahimè. Visitiamo la Chiesa di Santa Margherita di Antiochia, che risale al XIII secolo. È romanica, bella e severa. L'interno è spoglio e suggestivo, di color grigio scuro, con un bel fonte battesimale e un organo sorprendentemente semicircolare. Gli amici partono per la passeggiata. Prima di andarsene Sandro dice a me e Gio che se troviamo da far bene, lui poi dice a Patti che ci siamo perse.

Mentre gli altri partono Io e Gio ci prendiamo due panini alla Coop, poi andiamo a mangiarceli sedute su una panchina sul mare. Stiamo lì un bel po' ad allucertolarci e a chiacchierare, poi prendiamo il treno per Monterosso. Arrivate lì scendiamo la scalinata che porta sul lungomare - non ci devono essere molte stazioni al mondo che si trovano al primo piano. Ci sediamo su una panchina davanti a un mare liscio e trasparente e ci rallegriamo moltissimo di essere qui. Intanto...


Laura Nobili

 

Fonte: http://www.camminaemangia.it/, 11 febbraio 2015.

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