Don Sebastiano Ferrelli
- Letteratura Capracottese
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 19 ore fa

Non era malato, era sazio di giorni e desideroso di andare incontro al Padre, in questo anno a Lui dedicato. Si lamentava spesso dicendo che il Signore si era dimenticato di chiamarlo: il 4 luglio, domenica, giorno del Signore, il Padre lo chiama per accoglierlo tra le sue braccia misericordiose, proprio alle soglie del terzo millennio e alla vigilia del "grande anno giubilare".
Lucido fino all'ultimo momento, voleva essere informato di tutte le attività che si programmavano in comunità per seguirle con la preghiera e il sacrificio. Si era allettato da circa quindici giorni e questa situazione lo faceva soffrire, perché voleva essere autonomo per leggere e fare piccoli lavoretti nella sua camera. La notte del 4 luglio ha difficoltà a respirare: il suo respiro sembra un rantolo. Viene chiamato subito il medico di turno che diagnostica una bronchite e gli pratica una iniezione. Verso l'ora di pranzo sta un po' meglio, mangia anche un gelato con gusto. Verso le ore diciotto la situazione precipita improvvisamente. L'intervento del medico si rivela inutile e nel giro di pochi minuti, tranquillamente e serenamente si consegna nelle mani del Padre. Era pronto per questo incontro: riceveva regolarmente i sacramenti dell'eucarestia e della riconciliazione. Già da qualche anno aveva ricevuto, dietro sua precisa richiesta, l'unzione degli infermi.
Don Sebastiano nacque il 30 ottobre 1905 da Filippo Ferrelli e Vincenza Carnevale, una parente di quattro fratelli sacerdoti salesiani, fra cui don Giovanni che fa parte della nostra comunità. I1 paese di nascita è Capracotta, un centro dell'Alto Molise in provincia di Isernia, a 1.421 m sul livello del mare. Visse un'infanzia serena, anche se negli ultimi anni di frequenza della scuola elementare, respirò il clima della prima guerra mondiale con gli uomini validi tutti al fronte sulle Alpi e con la mamma rimasta sola in paese a fronteggiare la difficile situazione prima della guerra e poi del dopoguerra. Nel dopoguerra, si diffuse in Italia l'epidemia della cosiddetta spagnola che colpì gravemente la famiglia Ferrelli, perché privò Sebastiano, appena adolescente, della presenza e del sostegno della mamma Vincenza.
La mamma aveva un fratello professore a Torino, docente nella real Casa dei Savoia. Il prof. Pasquale Carnevale aveva conosciuto a Torino i salesiani di Don Bosco già dai primi anni del secolo, quando la figura di Don Bosco era scomparsa in Torino da appena 12 anni, ma ancora impregnava dello slancio e della spiritualità delle origini i suoi figli. Amico del beato Filippo Rinaldi, secondo successore di san Giovanni Bosco, era stato lui a far conoscere ai primi del '900 il nome di Don Bosco nel paese di origine, Capracotta, e fu lui ad interessarsi affinché il nipote, rimasto senza la mamma, proseguisse gli studi, frequentando il Ginnasio Salesiano di Genzano presso Roma. Nell'ambiente salesiano si sviluppò e maturò la vocazione salesiana di Sebastiano, che entrato nella scuola di Genzano il 16/11/1919 vi rimase tre anni, completandovi i 5 anni di ginnasio, che allora comprendevano gli attuali tre anni di scuola media e il biennio di scuola superiore.
Al termine del Ginnasio, Sebastiano, l'11 settembre 1922, iniziò l'anno di noviziato per divenire salesiano. Fece l'anno di noviziato nella stessa Genzano, presso Roma.
Il 21 novembre 1922, all'età di 17 anni, indossava l'abito talare, consegnatogli da uno tra i più eminenti salesiani del tempo, il cardinal Cagliero, che era stato tra i primi giovani a subire l'influsso formativo di san Giovanni Bosco.
Trascorso l'anno di noviziato, emise la prima professione religiosa, e frequentò il corso di Filosofia, cioè due anni di studi superiori, sempre a Genzano. Terminatili nel 1925, fu inviato in Umbria nella casa di Trevi (un ginnasio salesiano) in qualità di assistente dei giovani e vi rimase per tre anni, fino all'anno scolastico 1927-28. A Trevi nel 1926 aveva emesso la II professione religiosa, cioè per altri tre anni. Nei successivi quattro anni, dal 1928 al 1932, attese agli studi teologici, a Frascati, il centro più importante dei Castelli Romani. Nel 1929 vi emise la professione perpetua e fu ordinato sacerdote a Genzano il 13 marzo 1932.
Per i successivi tre anni, dal 1932 al 1935, lo troviamo in Sardegna in qualità di prefetto e insegnante. Egli ricordava quegli anni con profonda nostalgia. Per lanno scolastico 1935-36 fu all'Aquila come insegnante e consigliere, carica che ricoprì con profondo senso di responsabilità e contrassegnò l'ulteriore sviluppo della sua attività formativa, con gli stessi incarichi, a Tolentino (1936-37). Per i due anni successi vi risiedette in Ancona come insegnante di Religione presso le scuole pubbliche e ancora altri due anni a Terni, cioè per gli anni scolastici 1939-40 e 1940-41, come consigliere scolastico del locale pensionato studentesco.
Alla fine del I anno della II guerra mondiale approdò nella casa di Macerata, da dove non si sarebbe più mosso, e vi sviluppò ulteriormente la sua attività di consigliere scolastico e di insegnante di matematica. A Macerata visse gli ultimi anni di guerra e quando la scuola dovette essere trasferita a Loro Piceno, perché Macerata era ormai divenuta obiettivo dei bombardieri alleati, sfollò anche lui, senza rinunciare, sebbene in situazione di emergenza, alla sua attività di docente.
A partire al 1941 a tutt'oggi, e cioè per ben 58 anni, la vita di don Sebastiano coincide con la vita stessa dell'Opera Salesiana di Macerata, che, fondata da Don Rua dopo trattative iniziate dallo stesso Don Bosco, nel secondo dopoguerra visse profonde trasformazioni nella struttura edilizia e nelle attività educative in essa sviluppate. Ai tempi di Don Rua, la casa era stata fondata per la formazione di artigiani e anche per questo dedicata a san Giuseppe. Quando 68 anni or sono vi giunse don Ferrelli, la scuola per artigiani era scomparsa, trasformata in internato per studenti di ginnasio: vi affluivano giovani di tutto il litorale adriatico centro-meridionale, dalle Marche all'Abruzzo alla Puglia.
Don Ferrelli, dopo la parentesi della Seconda guerra mondiale e il relativo sfollamento della comunità da Macerata, vide le ulteriori trasformazioni dell'Opera: al ginnasio si aggiunse il liceo classico, poi il liceo scientifico e quindi, cessato l'internato, il liceo linguistico. Don Ferrelli, pur ormai estromesso dall'insegnamento attivo e relegato in camera per ragioni di salute, continuò ad interessarsi con passione delle trasformazioni dell'Opera. Purtroppo, già dal 1962, aveva dovuto cessare l'insegnamento perché colpito da totale sordità, non a causa di una patologia dell'organo dell'udito, ma perché una cura di streptomicina gli lese irreparabilmente i centri nervosi dell'udito. La streptomicina era stata appena inventata e non se ne conoscevano ancora i pericolosi effetti collaterali, se non si stava più che attenti al dosaggio.
Soffrì molto per aver dovuto abbandonare la scuola, ma continuò ad essere modello in comunità per la regolare partecipazione ai momenti di vita religiosa comunitaria. Negli ultimi anni di vita fu anche colpito da una grave forma di progressiva artrosi deformante, che un po' per volta lo relegò in camera, senza poter più partecipare alla vita di comunità. Gli unici spostamenti che ancora poteva effettuare erano quelli tra il letto e la scrivania. Mi aveva espresso più volte il desiderio di tornare alla casa del Padre per contemplare il suo volto. E se ne è andato in punto di piedi, cosciente e sereno, munito dal conforto di quei misteri di cui era stato solerte dispensatore.
Era molto legato agli affetti familiari e ultimamente in particolare alla sorella Maria, alla sig.ra Angelina Carnevale, consorte del gen. Carnevale, cugino di don Sebastiano, come pure alla nipote Benedetta, presenti a Macerata il giorno delle esequie.
Gli ex-allievi ricordano con particolare simpatia don Sebastiano. Affermano che era un insegnante esigente, talvolta anche troppo severo. Nonostante tutto si trattava di una severità che era in vista del bene degli alunni. Così per es. lo ricorda l'on. Adriano Ciaffi, che è stato suo allievo: «Se ne è andato in silenzio come era vissuto: eppure era ricco di tanta umanità e sapienza cristiana. Lo porto nel mio cuore tra i migliori ricordi.
Concludo con la trascrizione del pensiero da lui posto a chiusura di un breve testamento spirituale: «Chiedo scusa se qualche volta sono stato causa di poca edificazione ai confratelli con la mia condotta. I mali da cui sono stato afflitto da vari anni hanno influito non poco ad isolarmi dagli altri, a rendermi talvolta impaziente e specialmente a pormi in una situazione di forzata impotenza al lavoro. Solo chi è colpito dalla sordità, può conoscere la problematica di questa menomazione. "La società normale non capisce e difficilmente capirà la problematica insita con la sordità" (da una rivista medica). Arrivederci in Paradiso».
Mario Bicego
Fonte: Ispettoria Salesiana Adriatica, Don Sebastiano Ferrelli, Macerata 1999.


