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Una gallina per sposarsi a Capracotta



In un documento del 9 settembre del 1737, è riportata la richiesta del delegato della Regal Giurisditione al preside e alla Regia Udienza di Lucera in riferimento al pagamento del diritto di matrimonio a Capracotta. Non c'è nel "Libro delle memorie" il documento che certamente l'Università di Capracotta inviò al delegato suddetto ma dal corpo della lettera si comprende chiaramente che fu segnalato che la curia vescovile aveva di sua iniziativa modificato il pagamento del diritto di matrimonio.

«Per inveterato solito non abbia altro pagato per diritti di matrimonio, il contraente, se non essendo povero, all'Arciprete di detta Terra di Capracotta una gallina, ò il prezzo di quella, ed essendo benestante carlini 5 per la messa, la quale dal povero si contribuiva anche ciocché le sue forze lo permetteva»: vale a dire che per consuetudine il povero non pagava nulla, chi non era povero dava una gallina e quello che poteva secondo le sue finanze, mentre il benestante dava 5 carlini. «Ma ciò non ostante da alcuni anni a questa parte, contro la forma di inveterato solito e del dovere, habbia la Curia Vescovile di Trivento gravato gli suoi cittadini con esiggere per diritto di ciascun matrimonio carlini 27 cioè tredici e grana cinque la detta Curia ed il rimanente l'Arciprete di detta Terra».

Non sappiamo quanto valesse all'epoca una gallina, probabilmente meno della metà dei 5 carlini che versava complessivamente il benestante; di conseguenza il malumore dei cittadini, in massima parte poveri, dovette indurre l'Università a segnalare la nuova tassa come un sopruso che probabilmente limitava anche i matrimoni.

Facendo istanza per gli rimedij opportuni: Ho stimato bene di incaricare alle Signorie Vostre con questa d'informarsi estragiudizialmente dell'esposto, e ritrovando che veramente al solito sia stato, come mi si rappresenta, facciano le SS. VV. sentire in nome della Regal Giurisditione così alla curia Vescovile di Trivento come al detto Reverendo Arciprete, che si astenghino dall'esattione dell'espressato indebito diritto e non insinuino niente contro la forma del solito suddetto per non dar merito nel caso contrario ad imparazzi Giurisditionali.

La lettera conclude invitando il preside e la Regia Udienza di Lucera a indagare e, in caso di rispondenza al vero della consistenza della consuetudine, di intimare sia alla curia che all'arciprete di esigere tal indebito balzello per non incorrere in imbarazzi giurisdizionali.

Come andò a finire la questione?

Il 25 aprile del 1739, il funzionario regio Oratio Rocca intimò, in nome del sovrano, alla curia di Trivento di astenersi da qualsiasi aumento della tassa matrimoniale. Il vescovo si giustificò asserendo che aveva applicato la tassa innocenziana, che però non era stata permessa nel Regno di Napoli. E così fu costretto a rinunciare ai 20 carlini per la curia vescovile e gli sposi continuarono a pagare 5 carlini e... una gallina!

Nel consiglio pubblico del 28 febbraio 1745, infine, tutti i cittadini capracottesi presenti e gli amministratori locali, stanchi di anni per le continue liti con il vescovo di Trivento, decisero all'unanimità di accettare «il concordato fra questa Università e Monsignor Vescovo di Trivento à doversi togliere le liti su li punti de diritti de matrimoniali [...] et annullare tutte le Procure, et altri fatti per tali controversie».

Per i diritti matrimoniali fu accettato che si pagassero 13 carlini e mezzo risparmiando la vita così a molte galline!


Domenico Di Nucci

 

Fonte: https://www.altosannio.it/, 22 ottobre 2019.

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