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La morte di Filiberto Castiglione


Filiberto Castiglione (1889-1973).

A ricordare Filiberto Castiglione, a serbare memoria della sua esemplare esistenza saranno tanti e tanti molisani, sia quelli che con lui ebbero dimestichezza e confidenza familiare, sia quelli che per ragioni di lavoro avevano frequenti contatti, sia quelli che, pur conoscendolo appena, ne avvertirono ugualmente gli slanci umani del suo cuore, che si esprimeva subito nel tono spontaneo e cordiale del dialogo.

E al tempo delle prime esperienze professionali nella capitale, e negli ospedaletti da campo mentre infuriava la guerra sulle terre del Veneto, e nella sua amatissima Capracotta, e nella ospitalità calda di Baranello ed infine a Campobasso, dove la stima e la simpatia divamparono presto intorno a lui.

In queste tappe del suo cammino terreno Filiberto Castiglione, abituato ai generosi impulsi del carattere franco, leale, affrontò ogni situazione, accettò ogni responsabilità, specialmente quando il popolo gli affidò il compito di rappresentarlo.

E quando fu necessario pagò di persona con la dignità di chi non ha nulla da rimproverarsi, ma è travolto dalla ineluttabilità degli eventi.

Filiberto Castiglione ebbe inoltre il culto della famiglia, dell'amicizia, della solidarietà. In questo campo fu un esempio di sollecitudine e di generosità perché si curvò sulle sofferenze come un umile samaritano.

Aver considerato per tutta la vita questo compito come una missione è titolo che da solo spiega il rimpianto con cui tanti hanno appreso, all'improvviso, che proprio nella Settimana Santa Filiberto Castiglione aveva concluso cristianamente la sua esistenza terrena.

 

Fonte: Cronaca del Molise, in «Il Tempo», Roma, 29 aprile 1973.

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