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Primitiva bellezza


Prato Gentile d'inverno (foto: A. Mendozzi).

C'è un luogo nel cuore dell'Italia che è rimasto originario come il silenzio che vi regna. Una terra di insospettabile bellezza che per molti rimane ancora ignota. Popoli antichi hanno lasciato in Molise tracce del loro passaggio e la natura, a volte selvaggia, riserva sorprese e occasioni per venire a contatto con colori, profumi e sapori genuini.

Si può partire dal capoluogo, Campobasso, sparpagliato sotto il Castello Monforte. Chi vuole una vista insolita della città e dei colli che la circondano si affaccia dal sagrato della chiesa romanica di San Giorgio e nel silenzio scende i vicoli che si attorcigliano intorno al centro. È frequente udire il crepitìo dei ceselli di Aldo Perrella che ricamano l'acciaio traforato di forbici e fermacarte, una tradizione arcaica che si conserva nella sua bottega. Verso sud luccicano le pietre color avorio di Ferrazzano. Il mormorìo del vento si accompagna al calpestìo sul basolato che va dal piccolo teatro del Loto, considerato tra i più belli d'Italia, al Castello Carafa, un belvedere sulle Mainarde e sul Matese.

Ferrazzano profuma di Tintilia, il vitigno autoctono molisano a bacca nera. Per conoscerlo si può fare sosta nella masseria La Cantina di Remo, un'azienda agricola condotta dalla famiglia De Stefano. Roberto e la moglie Magda proseguono nella missione voluta dal fondatore Remo coltivando questo vitigno potente e strutturato, dall'aroma che ricorda la liquirizia e il sottobosco. Fa il paio con il profumo di tartufo che si respira a Vinchiaturo, borgo che dista pochi chilometri. Non v'è da stupirsi, dato che in Molise si cava oltre il 40% del tartufo nazionale. Così è il naso a guidare verso la più ambita delle fragranze: al laboratorio Sapori di Bosco Molisani dove il tartufo viene lavorato e messo in vasetti macinato, a fette, intero o preparato con altri ingredienti come funghi e ortaggi per farne salse e creme.

La strada che incrocia il fiume Tammaro è poco trafficata e corre tra i boschi, ideale per chi vuole sgranchirsi le gambe in bicicletta per raggiungere Altilia, città romana fondata dopo la vittoria sui Sanniti che Guido Piovene in Viaggio in Italia definiva "uno dei luoghi più belli e meno conosciuti". Non è cambiato nulla in sessant'anni ed è facile venire conquistati dalla visione del cardo e del decumano intatti, dal profumo della nepitella che s'insinua tra le mura delle botteghe, dal silenzio rotto dal vento che si sfilaccia sotto Porta Bojano. A 15 chilometri c'è il paese che ne riporta il nome, al centro della piana sotto il massiccio del Matese. Una bella veduta si gode da Civita Superiore, il borgo medievale che si raggiunge grazie a una passeggiata nei boschi. Per rifocillarsi c'è la Risorta Locanda del Castello, dove le materie prime scelte giornalmente da Renato Testa fanno la differenza. Da provare i tagliolini al tartufo e salsa di acciughe o lo stracotto di vitello alla Tintilia. Ma Bojano è ben nota anche per le sue mozzarelle. Chi vuole provarle passa al Caseificio La Molisanella.

Via da Bojano si sfiora la surreale visione del santuario dell’Addolorata di Pastena prima di entrare a Isernia. La città è un perfetto viaggio nel tempo, cominciato 730mila anni fa con l'homo aeserniensis e i suoi utensili per la caccia che si ammirano nel Museo nazionale del paleolitico.

Chi è invece a caccia di sapori locali va dritto alla Cooperativa Sociale Lavoro Anch'Io che ha ripreso la coltivazione della cipolla d'Isernia, dalla forma schiacciata, dolce e dalle dimensioni giganti. Nel tardo pomeriggio sembra di sentire ancora le donne sedute fuori dalle case che danno sui vicoletti intorno a Corso Marcelli, affaccendate nel creare i merletti a tombolo. Gli appassionati del genere trovano nel Museo dei Costumi una collezione di centinaia di modelli. La Fontana Fraterna, simbolo della città, si visita prima di sedersi ai tavoli di Carlo Pagano e Marx Di Nello. Nel loro Existo regnano agnello, caciocavallo e ottime etichette.

L'indomani chi desidera approfondire la storia enoica del Molise trascorre del tempo alla cantina di Antonio Valerio, Campi Valerio, a Monteroduni. Su terreni che il fiume Volturno ha reso da secoli particolarmente vocati alla viticoltura, viene riservato il posto d'onore alla Tintilia assieme a Montepulciano e Falanghina. Si può provare un'altra rarità come il Pentro Doc, prodotto in limitate quantità con le migliori uve di Montepulciano, Sangiovese e Tintilia.

Con le papille che richiamano alla memoria note balsamiche e di cuoio, in meno di 30 minuti vale la pena raggiungere il Bosco delle Mortine, oasi WWF di Colli a Volturno all'interno del Parco fluviale del Volturno. Ad attendere il visitatore una natura incontaminata tra boschi di salici, pioppi e ontani per avvistare cormorani, svassi e fiorrancini. I capanni di avvistamento sono indispensabili per seguire da vicino il tamburellare del picchio rosso e i chiassi della ghiandaia.

Scapoli merita una visita più lunga: dopo il Cammino di Ronda intorno al borgo che si affaccia sui Monti della Meta, si fa tappa al Museo Internazionale della Zampogna con strumenti musicali pastorali da tutto il mondo. Ai tavoli dell'Osteria Terra Nostra va in onda la schietta cucina locale. Immancabili i ravioli. Lungo le rive del vicino lago di Castel San Vincenzo si danno appuntamento gli appassionati di turismo equestre e mountain bike. L'autunno, quando il foliage muta il paesaggio e il colore dei colli, è il periodo migliore per venirci. Chi s'interessa d'arte antica fa invece rotta verso i resti dell'abbazia di San Vincenzo al Volturno, ricchi di affreschi e mistiche suggestioni.

Se il viaggio avviene tra ottobre e novembre, si può decidere di fare una deviazione verso Acquaviva d'Isernia, dove i fagioli detti "confetto" per il loro colore candido e la forma tondeggiante sono considerati indispensabili per i piatti locali: cotiche e fagioli, e cazzaniegl' e fagiuol', gnocchetti di pasta con fagioli. La data di Ognissanti è da segnare in agenda se si vuole assistere alla Fiera del tartufo bianco di San Pietro Avellana, riconosciuta capitale molisana del tartufo. Per arrivarci ci s'impiega mezz'ora di automobile percorrendo prima la Strada Statale 17 e poi la 652.

Il Comune è in prima linea per il riconoscimento dell'attività di "cavatore di tartufi" come Patrimonio immateriale dell'umanità la cui candidatura è in fase finale di valutazione nella sede centrale dell'Unesco. La cima affusolata del Monte Miglio si scorge dal Bosco di Sant'Amico, ricco di carpini, cerri e noccioli, dove non è difficile incontrare cercatori delle diverse varietà di tartufo durante l'intero anno.

In inverno sono invece gli sciatori a puntare sulle piste da fondo intorno a Capracotta: con i suoi 1.416 metri di altitudine è una delle località più nevose dell'Appennino. Per gli esperti ci sono due anelli da fondo agonistici di Prato Gentile, mentre i principianti si divertono con tracciati più semplici. I più spericolati affrontano i fuoripista di Monte Capraro, immersi nel silenzio. Bandiera gastronomica di Capracotta sono i caciocavalli, che si vanno a cercare nei fondaci di Oreste Trotta, stagionatore da generazioni. Ma i gourmand conoscono Capracotta anche per le lenticchie, piccole e saporite, e le patate, gustose e dalla lunga conservabilità. La strada che porta ad Agnone è tortuosa e panoramica, tra foreste e sparsi casolari. Alla fine vi si arriva per un ardito viadotto. Le strade hanno il profumo dolce di mandorle confettate ricce, una specialità che prende vita da un procedimento lento, unicamente con macchinari dell'Ottocento e scegliendo le migliori mandorle di Avola, e delle ostie con ripieno di miele e frutta secca. Ma Agnone è noto al mondo soprattutto per la presenza della Pontificia Fonderia Marinelli. A un tratto in Molise il silenzio si rompe, ma al suono soave delle campane.

Riccardo Lagorio

 

Fonte: https://ugolini.co.th/, 11 ottobre 2021.

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