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Servitù, fondo dominante-serviente e competenza


Giurisprudenza civile

Ricorso prodotto dal sig. di Tella avverso sentenza del Tribunale civile e correzionale d'Isernia, nella causa contro il sig. de Francesco: Annibale Giordano avvocato del ricorrente; non essendo intervenuto alcuno pel resistente.

 

È competente il Pretore a conoscere dell'indole e delle conseguenze di una servitù se il valore complessivo del fondo dominante e del serviente non sorpassa quello assegnato alla sua competenza.

 

La Corte di Cassazione osserva in fatto, che in giugno 1867 Luigi di Tella denunziava al Pretore di Capracotta che il di lui vicino Giovanni di Francesco, era per innalzare un muro della sua casa, che induceva a danno del denunziante una servitù di luce e di prospetto. Accorso il Pretore sopra luogo, compose amichevolmente le parti, che si fecero delle scambievoli concessioni, e di Francesco si obbligò di non alzare il muro al di là di mezzo palmo, e di munire una finestra di cancelli di ferro, graticola ed invetriata fissa.

Questo accordo si confermò da un proununziato Pretorio.

Il di Francesco, lungi dall'adempire alle obbligazioni assunte, si permise una maggiore estensione nell'altezza del muro, di modo che di Tella venne costretto ad adire lo stesso Pretore per demolirse le fabbriche costruite al di là del patto, e chiudersi o munirsi di cancelli la finestra.

Il convenuto tra le altre eccezioni dedusse la incompetenza, che il Pretore respinse ordinando una perizia; ma il Tribunale l'accolse sul fondamento che l'azione era petitoriale e di valore indeterminato.

Di Tella denunziando siffatta sentenza di censura di questo supremo Collegio, sostiene che il presente giudizio sia un'appendice, un'accessorio del precedente, e quindi invoca la disposizione dell'art. 99 cod. di pr. civile. Pel detto finora il precedente giudizio era già spento sì per l’amichevole accordo, che pel giudicato: quindi il secondo giudizio non può dirsi accessione del primo. L’art. seguente spiega che la causa viva ancora, davanti a cui pende la causa principale. La ragione è semplicissima; siaccede alla lite vivente, non già a quella che più non esiste: quindi questo motivo del ricorso non merita ascolto.

Più ragionevole è l'altra proposizione del ricorrente, cioè che nel più sta il meno: e se il pretore può conoscere complessivamente del predio dominante e serviente purché non sorpassino il valore di lire 1.500, molto più può conoscere di una servitù nei rapporti dei due fondi. Dal certificato dell'agente delle tasse si vede apertamente, che il valor complessivo dei due fondi è in lire 1.285, cioè infra le 1.500 lire disegnate a termine della giurisdizione pretoria. Conosciuto il valore dei due immobili dominante e serviente, la giurisdizione era abbastanza determinata; imperciocché la servitù non è che la modalità della cosa, o per dir meglio, la sottrazione di un valore del fondo serviente a pro del fondo dominante. Né giova il dire che siasi innanzi al tribunale esibito il solo certifico del fondo dell'attore, imperciocché ben poteasi ordinare l'esibizione del certificato del fondo del convenuto; ciò che si è praticato dal ricorrente presso questo collegio. Merita quindi annullamento la impugnata sentenza.

Poiché annullandosi la sentenza debbe restituirsi il deposito, e riunirsi le spese a quelle sul merito.


Luigi Capuani e Vincenzo Napolitani

 

Fonte: L. Capuani e V. Napolitani, Giurisprudenza civile della Corte di Cassazione di Napoli, vol. VII, Marchese, Napoli 1871.

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