Mentre leggevo le solite tristi notizie sull'epidemia da Corona, un breve articolo del quotidiano "Dolomiten" dedicato al fatto che il Molise non presenta quasi nessun caso di positività al Corona, mi ha riportato alla mente la vacanza spensierata che ho fatto in questa regione pochi mesi fa.
Questa notizia è chiara da capire, perché in Molise non c'è molto altro se non una natura incontaminata su larga scala. Desidero quindi condividere con i lettori il giro in bicicletta fatto nell'avventuroso "Molise", sulla base dei miei appunti raccolti durante la vacanza.
Il Molise, con capoluogo Campobasso, è la seconda regione più piccola d'Italia e ha circa 300.000 abitanti.
Il viaggio: la costa adriatica già si intravede quando si transita vicino a Cervia. A Fossacesia siamo scesi dal treno con l'obiettivo di risalire in bicicletta la valle del Sangro, lungo il confine tra Abruzzo e la parte più elevata del Molise, e passando per l'altopiano del Matese, di raggiungere il capoluogo di regione, Campobasso.
Dopo due giorni di pedalate fino a Pennadomo e sotto gli auspici di un eccellente meteo per noi ciclisti, ci siamo trovati circondati da strade invase da primule, aglio orsino, violette alpine e giacinti stellati. Il nostro percorso: dalla val di Sangro fino a Giuliopoli e poi su verso Rossello, Pescopennataro e il comprensorio sciistico di Prato Gentile a 1.500 metri di quota. La flora è sempre variegata, con piccole primule, fiori dell'erba trinità e crochi che spiccano tra resti di neve a bordo strada.
La vista, man mano che salivamo di quota, diventava sempre più vasta e interessante avendo come punti di riferimento le vette innevate verso nord-ovest o alcune creste solcate da pale eoliche, che sono molto numerose in Molise per via del vento. Ne abbiamo avuto conferma da alcuni abitanti, che ci han detto che la regione è famosa per la sua ventosità.
Arrivati al punto più alto del nostro giro, abbiamo deciso di prenderci una pausa: Capracotta, il nostro obiettivo del giorno, giace circa 100 metri sotto i nostri piedi. Ci godiamo una vista straordinaria in direzione ovest verso la grandiosa Majella e verso meridione con un'infilata di creste e valli, e numerosi paesini arroccati sulle colline o direttamente appoggiati a costoni rocciosi.
Nel pomeriggio, dopo la vana ricerca di un posto letto a Capracotta, che secondo alcuni locali avrebbe dovuto essere semplice, la situazione si è fatta precaria. L'unico albergo aveva giorno di riposo, ma per fortuna la sua proprietaria ci ha consigliato un B&B nelle vicinanze, quasi alla fine del paese, dove abbiamo passato una notte ristoratrice. Anche la cena come la camera d'albergo sembrava appesa a un filo, perché tutti i ristoranti o erano chiusi o erano in giorno di riposo. Poi, proprio alla fine del paese, mentre mi aspettavo ormai di mangiare solo un vecchio panino, residuo delle scorte di casa, e la poca frutta rimasta, è apparso come un faro un ristorante, dove siamo stati finalmente ben rifocillati.
Il giorno successivo, dopo tante pedalate in salita, dovevamo solo scendere per chilometri lungo una strada magnifica e praticamente senza traffico, con viste ampie sul circondario. Si percepisce dappertutto l'abbandono di un territorio paesaggisticamente intatto e i segni dello spopolamento, così come un intenso isolamento.
Sull'altopiano del Matese
La seconda parte del viaggio ci ha portati dalla val di Sangro al massiccio del Matese, attraverso la valle del Volturno e passando per Isernia. L'altopiano del Matese non ha deluso le nostre attese, anche se si è presentato diverso da come ce l'eravamo raffigurato, perché somiglia parecchio alla piana di Castelluccio nelle Marche. Il Matese non possiede un altopiano vero e proprio, ma consiste più che altro in una valle di alta montagna, cinta su entrambi i fianchi dalle vette più alte della zona (circa 2.000 metri di quota).
Tre grandi laghi caratterizzano la vallata, che è orientata in direzione est-ovest, con un panorama agreste ricco d'acqua, di verde e di fiori, dove pascolano pecore, mucche e cani da guardiania. L'estate potrebbe essere più animata da un punto di vista turistico, ma da dove potrebbero venire gli ospiti, se non c'è nessuna grossa città nelle vicinanze? Sono rimasta comunque contenta di questa situazione e dopo numerose chiacchierate con le persone del posto, ho capito che non gli manca niente, che sono soddisfatti e che hanno parecchio tempo a disposizione.
Su internet avevo letto qualcosa sulla principale località, Gallo Matese, e mi ero immagazzinata informazioni su una piccola e fresca località di villeggiatura estiva, ma davanti ai nostri occhi si è materializzato un paesino mezzo dirupato, con dominanti toni grigi e adagiato su una catena di verdi collinette. Tutti si conoscono e così una persona ci chiamò direttamente la signora - mentre stava facendo la spesa - da cui avevamo preso in affitto il nostro "appartamento di lusso". Una bucolica casetta, restaurata perfettamente con fondi europei, con una grande cucina al pianterreno e le camere al piano di sopra. A fianco c'era una pizzeria, il centro del paese a dieci minuti di strada più in alto, vicino l'alimentari dove abbiamo acquistato tutto quello che ci potesse servire; tutto questo alle 10 di sera e con una gentilezza e con un sorriso raramente rintracciabili altrove.
Nel Matese risuonavano quelle immagini, che spesso mi ero immaginata mentre ero persa nella contemplazione delle carte geografiche. Poiché ci sentivamo super coccolati - infatti era acceso persino il riscaldamento - decidemmo di dedicare una giornata extra per una gita in montagna.
L'escursione non ci ha portato in vetta, perché la ricerca del sentiero, le nuvole scure che si muovevano sui crinali, i cavalli selvatici ci hanno distolto dalla vetta e resa soddisfacente la passeggiata, anche se solo verso un piccolo passo di montagna.
Sguardo sulle vette più alte del Matese
Il giorno successivo, ennesima giornata perfetta e cristallina, abbiamo contemplato le vette più alte, siamo saliti a Letino e poi su e giù lungo l'ampio fondovalle, con alla nostra sinistra le vette più alte del gruppo, nell'ordine il monte Morzone, il Miletto, la Gallinola, purtroppo senza tracce di segnavie o di sentieri. Nelle vallette c'erano ancora fiori, con orchidee di numerose varietà, viole gialle e blu, fino ad arrivare al grande lago del Matese, situato all'estremità orientale dell'altopiano.
Al Passo di Miralago abbiamo seguito l'indicazione per la Sella Perone, da cui avevamo previsto di lasciare Campitello Matese per scendere a valle verso Bojano e poi ancora oltre in direzione di Campobasso. Ma la strada era chiusa, gli operai forestali ci hanno detto che c'era ancora molta neve, e che se avessimo voluto, avremmo potuto portare le bici a spalla... Non abbiamo corso il rischio e a Guardiaregia, l'ultimo paese di montagna, abbiamo avuto una buona dritta da un ragazzo, su come arrivare a Bojano passando vicino alla statale, ma evitando il traffico delle auto.
Tornati in fondovalle, abbiamo incontrato una vegetazione fitta e rigogliosa e durante un'ultima passeggiata a Bojano non abbiamo trovato nulla di interessante, a parte cartoline e un buon gelato. Ma la cosa migliore della cittadina era che aveva una stazione ferroviaria. Alle 9 del giorno seguente abbiamo preso il treno per Campobasso e, dopo un breve sosta, abbiamo proseguito per Termoli. Nella zona pedonale della cittadina abbiamo avuto l'opportunità di fare un ottimo pasto con cui concludere le nostre vacanze molisane. Alle 13 abbiamo preso il treno verso casa.
Toni Niedrist
(trad. di Luca Ciprari)
Fonte: T. Niedrist, Blumenübersätes Bauernland, in «Dolomiten», CXXXIX:5, Bolzano, 7 gennaio 2021.