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Umberto Gastaldi: un prof che ha lasciato il segno nella mente e nel cuore degli alunni


Il prof. Umberto Gastaldi coi sui allievi.

Anziano professore di Filosofia, ricoverato a Vicenza, solo, viene cercato, ritrovato e curato dagli studenti. Il ministro della Istruzione Valditara offre il suo aiuto, ma lui replica: «Bastano i miei ragazzi. Ho imparato a mettermi da parte per il bene dei miei ragazzi. L'insegnamento è un rapporto d'amore e la mia classe mi ha trovato dopo quaranta anni».

È arrivata all'apice delle istituzioni la vicenda del professore, rintracciato dai suoi ex alunni della Vª D del liceo scientifico "Gobetti" di Torino, preoccupati per le sue precarie condizioni. Nicoletta Bertorelli, oggi docente romana di Filosofia, ha allertato i vecchi compagni e ricostruito la rete dei social scovandoli a Torino, Roma, in Inghilterra e perfino negli Stati Uniti. Incancellabile il ricordo di quell'insegnante dai modi austeri ma dalle riflessioni profonde, capace di coinvolgere nell'amore per la filosofia. La prima esigenza espressa dal professore agli ex allievi è stata "donare" loro i libri della sua biblioteca personale e di ricuperare le lettere scritte in tanti anni di carriera scolastica. «Sapeva aprirsi ad una socievolezza tenera, – ricorda la ex alunna con grande affetto, – dai gesti inconfondibili». Il loro comportamento è semplicemente l'espressione di una scuola di vita e partecipazione dialogica delle attività.

La vicenda dell'anziano professore è manifestazione di quella creatività che nasce sui banchi di scuola, ben strutturata e motivata, vissuta con tanta passione e tanto amore. Dopo 40 anni si ritrovano, si sentono vicini e decidono di incontrare il professore. La preoccupazione corre sul web e si diffonde in Italia, da nord a sud e si estende anche in Europa. Persino un ex allievo della Nasa chiede di onorare il professore e porgere i suoi saluti. «Adesso che lo abbiamo trovato non lo lasceremo più», chiosa una ex alunna. Una storia triste, ma con un lieto fine, in un panorama desolante in cui i docenti sembrano entrare in trincea, più che entrare in classe. La figura del professor Gastaldi e dei suoi ex allievi emanano una bella luce "luminosa", che squarcia le tenebre dell'egoismo e della chiusura e apre orizzonti di solidarietà, di rispetto e di riconoscenza. Anche il giornalista di Rai 3, Massimo Gramellini, nella trasmissione "Le Parole" ha dedicato uno spazio ampio al prof. Gastaldi.

L'educazione è l'arte più appassionante dell'esistenza, l'esperienza più ricca e coinvolgente della vita, apre alla crescenza, alla conoscenza, al sapere e all'amore. Spinge alla fiducia e alla speranza che il seme gettato nei solchi della mente e del cuore presto o tardi germoglierà. «Nessuno educa nessuno, nemmeno se stesso, ci educhiamo insieme, nella comunione, attraverso la mediazione del mondo». È l'affermazione centrale della pedagogia di Paulo Freire, un noto educatore dei nostri tempi. L'educazione come "pratica di libertà" (titolo di un suo libro) comporta la negazione dell'uomo astratto, isolato, senza legami con gli altri e col mondo. Pensare se stessi e il mondo simultaneamente, senza separare il pensiero dall'azione. L'educazione diventa così uno sforzo permanente attraverso cui le persone percepiscono criticamente come sono in divenire nel mondo, con cui e in cui si trovano. Insegnare, dall'etimologia della parola, significa lasciare un segno, il segno decisivo che lascia è l'amore per l'alunno e il sapere. Educare-insegnare significa, secondo l'espressione di Romano Guardini, «iniziare la persona alla realtà tutta intera». La vita si accende solo con la luce, come la luce si accende solo con la luce. Chi educa suscita cammini di luce e di vita, ciascuno gioca la propria avventura al servizio della luce che gli ha illuminato il cuore. L'educazione raggiunge il suo scopo quando chi l'ha ricevuta è capace di irradiare il dono che lo ha raggiunto e cambiato. Educare non è clonare, ma accendere la vita con il dono della vita, suscitando cammini di libertà, di una esistenza significativa e piena, spesa al servizio della verità, che solo "rende veramente liberi".

Le radici cristiane, per ogni educatore, non sono considerate come elemento decorativo o confessionale, ma come risultato di scelte libere, di studi e ricerche che connotano l'identità di una vera educazione, centrata sulla persona. Il radicalismo evangelico è qualitativo, ha una radice che lo genera, una direzione che indica e la qualità che lo sviluppa: Dio. Rende capaci di proclamare verità inossidabili, incoercibili, «murate all'interno della nostra natura»: il rispetto e la valorizzazione dell'altro, il rispetto della verità e della giustizia, il rispetto e l'amore del prossimo. «Dove abita Dio?» è stata ed è la domanda che tutti ci poniamo. «Dio abita dove lo si lascia entrare», fu la risposta di Martin Buber, pensatore esperto di relazioni umane.

Il "modo" in cui questi ex alunni hanno cercato l'incontro è identificabile con il mezzo/media che è stato adottato. All'interno della cultura digitale, spicca in particolare la presenza delle più svariate dating apps, che ogni giorno appaiono sul mercato digitale e attirano quanti cercano il modo più efficace e rapido di incontrare altre persone e mettersi in rapporto con loro. Le dating apps sono tutt'altro che effimere e costituiscono un fenomeno sociale inarrestabile. Queste applicazioni sono diventate un nuovo modo per incontrare persone e interagire con loro.

Oggi, afferma papa Francesco, la cultura digitale mette in evidenza l'importanza della relazione e della comunicazione sociale fatta con il cuore, per sintonizzarsi veramente con l’altro.

Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato. Questo porta chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, al punto da arrivare a sentire sul proprio cuore anche il palpito dell'altro. Allora avviene il miracolo dell'incontro. [Messaggio per la 57ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali]

Per usare la terminologia proposta dallo psicologo Eric Berne, occorrono stimoli, gesti fisici per una comunicazione veramente umana, che il mondo digitale ritiene ancora valida, soprattutto nell'ambito delle dating apps.

La logica promossa dalle dating apps può essere integrata da un classico della letteratura, "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry. Il ricco dialogo tra il principe e la volpe contiene alcuni indizi in contrasto con i giochi sentimentali offerti dalla logica degli incontri che avvengono attraverso le dating apps. Ricordiamo un passo:

– In principio tu siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Ogni giorno potrai sederti più vicino. Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenta la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità. Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono dei riti.
– Che cosa è un rito? – disse il piccolo principe.
– È quello che fa un giorno diverso dagli altri, un'ora dalle altre ore.

Il racconto tematizza i riti affettivi evocati che preferiscono la gradualità all'immediatezza. La volpe rivendica il rito come condizione per un'autentica conoscenza reciproca e una relazione duratura, che continua a maturare attraverso il rispetto dei ritmi dettati dalla pazienza, in ossequio ai limiti del tempo e dello spazio. Possono aiutare a superare il meccanismo proposto dalle dating apps e ad alimentare relazioni vere e sane, evitando ogni segno di profanazione e promuovendo la costruzione dell'intimità.

"Il Piccolo Principe" è una fiaba illuminante. Può aiutare a prendere coscienza delle relazioni fragili e allontana dalla logica mercantilistica degli affetti, per lasciarsi alle spalle l'epoca dei riti tristi e delle relazioni deboli. Si muovono secondo i parametri del desiderio, non dell'amore. L'amore si pone all'interno dell'antropologia cristiana e si sviluppa nell'esperienza che diventa scoperta dell'altro, cura dell'altro e per l'altro. Non cerca più se stesso, l'immersione nell'ebbrezza della felicità. Cerca il bene dell'altro, diventa rinuncia e prontezza al sacrificio per l'altro, come donazione totale. Non è attimo fugace e non lo si può concepire in un contesto di incontri effimeri e limitati al piacere biologico.

È una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianeità del nostro esistere. Non è rifiuto dell'eros, non è il suo avvenelamento, ma la sua guarigione in vista della sua vera grandezza. [Benedetto XVI, "Deus caritas est"]

Nella odierna società globalizzata e plurale le caratteristiche descritte diventano stabili e durature, solo se le dating apps diventano di fatto mezzi ideali per non comportarsi come nomadi affettivi e consumatori assuefatti ai giochi offerti che ricalca la logica consumistica. Possono essere permeati da un grande respiro umano e far vibrare l'animo assai sensibile di chi trasmette sentimenti vivi e profondi e fortemente umani. Fa emergere un naturale ottimismo tipico di chi ha lavorato tra i giovani e in mezzo ai loro problemi, ai loro sogni, alle loro speranze. L'impegno di amore e di cultura per la loro formazione viene ricambiato con la riconoscenza e la stima. I sentimenti di un vecchio "saggio professore", le sue profonde meditazioni e le sue efficaci pennellate piene di vita e di grande amore non svaniscono e sfumano nel tempo. L'educazione è sempre un processo di didattica attenta e di comunione. Non può essere offerta da altri come un semplice regalo, né può essere realizzata da solitari come i gas nobili dell'aria. Questo processo di reciprocità e di comunione diventa impegno quotidiano e fatica da vivere e realizzare nel logorante ma gioioso compito educativo. Accoglienza e condivisione di un percorso e la reciprocità del rapporto insegnante-alunno sono aspetti essenziali. Non si può educare se non si entra in un rapporto diretto, in una relazione personale, profonda, corretta, duratura. Chi insegna impara e chi impara insegna: l'allievo lascia sempre qualcosa di sé all'insegnante. La relazione non è mai a senso unico, ha sempre un alone di reciprocità, nella viva percezione dell’importanza della libertà, nel sommo rispetto di chi è educato, nella rinunzia ad ogni tipo di manipolazione.

In un passo del Vangelo di Giovanni (Gv. 6,60) si riporta la cronaca di un insuccesso di Gesù, proprio nella sua terra, tra i suoi discepoli. «Molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui». Motivano l'abbandono: «questa parola (= insegnamento) è dura». Dura non perché indichi una parete vertiginosa da scalare, ma perché invita a pensare in grande, a volare alto, a scendere in profondo, a capovolgere l'immagine di un Dio facile. La svolta del racconto avviene attorno alla domanda: forse volete andarvene anche voi? Gesù non suggerisce risposte, non impartisce ordini o lezioni, ma porta a guardarsi dentro, a cercare la verità del cuore. «Cosa vuoi veramente? Quale è il desiderio che ti muove?» Sono le domande del cuore, le sole che penetrano e guariscono davvero. Appello alla libertà ultima di ogni discepolo: siete liberi, andate o restate, è il momento di decidersi. Meravigliosa la risposta di Pietro che contiene l'essenza gioiosa della fede: «Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna».

Attorno a te ricomincia la vita, tu tocchi il cuore e lo fai ripartire, con la delicatezza potente della tua parola, con la forza trascinante della tua presenza. È povera cosa, un soffio, una vibrazione nell'aria, una goccia d'inchiostro, che puoi ascoltare o rifiutare, fare tua o relegare nel repertorio delle follie. Tu hai parole, qualcosa che non schiaccia e non impone, ma si propone e lascia libero. Se l’accogli spalanca sepolcri, accende il cuore, insegna respiri, apre strade, offre carezze, incendia le menti, mette in moto la vita. [E. Ronchi]

Le "parole" di un insegnante saggio e serio danno vita al cuore, allargano, dilatano, purificano e ne sciolgono la durezza. Danno vita alla mente, perché la vita vive di verità altrimenti si ammala, vive di libertà altrimenti patisce. Danno vita allo spirito, perché custodiscono il nostro cromosoma divino. Danno vita anche al corpo, agli occhi, alle mani, all’andare e al venire. Al dono a all'abbraccio. Costruiscono relazioni profonde che scavano l'animo e lo rinnovano, nel rispetto, nella riconoscenza, nella cura e nella memoria. La vicenda del professore di Filosofia Umberto Gastaldi può far riconoscere nei momenti e nei rari intervalli luminosi della vita che «educare è bello».


Osman Antonio Di Lorenzo

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