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Vita del P. Fr. Antonio da Capracotta Predicatore



Dopo una lodevole vita, colla quale illustrò la sua Provincia di Sant'Angelo, ottenne di terminare in quest'anno i suoi giorni con una felicissima morte il Padre Frate Antonio da Capracotta Predicatore. Aveva egli sortita un'indole assai inclinata alla pietà; onde coll'ottimo indirizzo de' Genitori insin dalle stesse culle incominciò a temere, ed amar Dio; e crescendo col crescere degli anni questi primi semi di Cristiana pietà, ancor essendo trasportato a Napoli per attendere di grado in grado alle belle lettere, poi alla Filosofia, indi alle Giureprudenza, sempre si mantenne costante nello stesso esemplare tenor di vivere. In fine, sentendosi chiamato internamente all'abbandono del secolo, elesse di servire a Dio tra i Cappuccini della Provincia di Sant'Angelo, e nel giorno consecrato alle glorie di sant'Antonio da Padova col nome del Santo vestì ancora il Serafico Abito. Terminato l'anno della probazione, ed ammesso alla professione de' voti, parvegli, che non fosse sufficiente bersaglio alle mosse del suo fervido desiderio il trattenerli nell'esercizio delle sole comuni asprezze dell'Ordine nostro; ed aspirando a maggiori accrescimenti, intimò colle guide della santa ubbidienza una tal aspra guerra alla propria carne; che parve insino, che la volesse con tutti li suoi sensi, non solo assoggettata, ma quasi annientata sotto il dominio dello spirito. Stendeva i digiuni di solo pane, ed acqua, quasi al giro di tutto l'anno; e se in qualche particolare giorno di Festa doveva per ordine de' Superiori alquanto rallentare il rigore, ed usar qualche indulgenza al suo corpo, credeva di concedergli molto coll'ammettere una sola insipida minestra. Portò sempre in tutte le stagioni dell'anno un solo rappezzato, asprissimo, e logoro Abito, con al di dentro l'intreccio di molte nodose funicelle, per essere in questa guisa insiememente coverto, e del continuo tormentato. Ricusò sempre l'uso de' sandali, ed insinché visse, camminò a piedi affatto ignudi, ancora trattandosi di andar per le nevi, per i ghiacci, per i sassi, e per le spine, e lasciandovi spessissimamente impresse le vestigia del sangue sparso. Frequentissime dippiù, ed insino al sangue erano le sue flagellazioni, non mai dandosi pago d'infierire con nuove fogge di asprissimi patimenti contro del proprio corpo, da lui sempre considerato, e trattato, come suo giuratissimo nemico.

Dal perpetuo silenzio, del qual era Osservator tenacissimo, sarebbesi quasi creduto un Uomo senza lingua; perché, sebbene spinto dalla carità, facilissimamente, e spontaneamente si affaccendasse a tutta sua possa nel servigio d'ogni Religioso; ad ogni modo non mai per questo rompeva il suo inviolabile silenzio, ma, impiegato nell'eterne faccende, portava sempre internamente rappresentato Dio alla sua mente, avendo in pronto un qualche celeste mistero, o della passione di Gesucristo, per oggetto continuo delle sue meditazioni. Eseguito quello, che far doveva per le indigenze de' Religiosi, e non essendo in altre cose occupato da i Superiori, ritiravasi a far Orazione nel Coro, ed ivi a molte ore perseverava con estremo contento del suo spirito inebbriato delle celesti dolcezze. Per godere più abbondantemente di queste divine delizie nell'orare, non concedeva alle stanche sue membra, se non un riposo brevissimo; e scendendo nella Chiesa pria del suonare del Mattutino, ed ivi durandola fino al tempo delle prime ore diurne del seguente giorno, se ne stava del tutto immobile, e come affatto privo di senso, non ascoltando quello, che gli si diceva, o faceva d'intorno, ancora con molto strepito. Abitava una volta nel Convento del Vasto; e dopo l'aver celebrata la Messa, facendo il solito suo rendimento di grazie con un lungo esercizio di Orazione mentale, fu rapito in una dolcissima estasi; il che avvertito da un Religioso, che abbisognava dell'opera del Padre Antonio, gli si accostò, lo chiamò ad alta voce, lo scosse ancora con violenza, ma senza che mai l'Estatico ritornasse in se medesimo, né di certo sarebbe stato prestamente restituito all'uso de i sensi, se non fosse sopravvenuto il suo Confessore, alla voce del quale subitamente ubbidì. Questi rapimenti succedevano di frequente al Servo di Cristo tralle sue continue meditazioni, e presso la sua Provincia era in un gran credito di santità; e però il Padre Guardiano dello stesso Convento del Vasto, intendendo un giorno dal Cercatore, che non vi era pane sufficiente per due soli Religiosi, non avendolo potuto trovare dopo le più diligenti sollecitudini nel farne l'accatto, ordinò al Padre Antonio di chiederlo, ed ottenerlo da Dio colle sue Orazioni. Fu eseguito subito il comando dall'ubbidientissimo Padre; ed appena terminata una breve Orazione, ricercata nuovamente quell'arca, nella quale conservavasi il pane, ed era poco dinanzi stata veduta del tutto vuota, fu ritrovata ripiena fino alla sommità di fresco, e bianco piane, provveduto da Dio con evidente miracolo, ed in questo modo fu rimediato, non solo bastevolmente, ma con tutta l'abbondanza alle indigenze de' Frati.

Stava infermo a morte il Signor Ippolito Veiferri, Canonico della stessa Città, e per asserzione de' Medici non trattavasi, che di pochissime ore al fine del di lui transito. Vi fu tra i Domestici chi gli disse di chiedere 1'ajuto delle Orazioni del Padre Antonio, avuto in comune credito di Canto Religioso: ma, perché il Canonico era poco affezionato a i Cappuccini, ne faceva un manifesto rifiuto. Sapendolo nondimanco l'Uomo di Dio, mosso da interno impulso di carità, si portò a visitare il moribondo Prete, e gli dise, che per ogni modo voleva pregar Dio per lui. Orando adunque il Padre Antonio nella Chiesa del nostro Convento, mentr'era il Canonico ridotto quasi alle ultime agonie in sua casa, ecco che ad un tratto all'Infermo preso da un leggerissimo sonno apparvero nell'Abito de' Cappuccini il Serafico Patriarca San Francesco, e Sant'Antonio da Padova, il primo de' quali rivolto al Canonico, gli parlò con questo espresso rimprovero:

– Perché tu non sei amante de i miei Figliuoli meriterai supplizio, e non grazia; ma, perché per te prega il mio Antonio, il Clementissimo Dio ti ridona la sanità.

Disparve la visione, e dettato il Canonico, si trovò con tanta perfezion risanato; che, fatto giorno, poté uscire di casa, ed andare al Convento de' Cappuccini, dove, trovato il Padre Antonio, lo ringraziò della salute ottenutagli colle sue preci; indi a lui, ed a tutti li Religiosi raccontò quel, ch'eragli accaduto, dimostrandosi sempre nell'avvenire parzialmente amorevole de' Cappuccini.

Nella santa, e continua Orazione, era parimente invertito da quell'ardore di spirito, col quale predicava la divina parola; perchè, egli nulla punto curando la vana pompa dell'eloquenza, che si attiene alle regole sole dell'arte, pieno di sommo zelo, predicava unicamente Gesucristo Crocifisso, non avendo alcun timore ancora dei più potenti del secolo, quando trattavasi d'inveire liberamente contro del vizio. Colla forza delle divine Scritture, coll'autorità de' Santi Padri, e col suo Appostolico fervore, si spingeva cotanto apertamente contro dell'empietà; che, dovunqu'egli predicava, più non si vedevano, ed udivano omicidj, bestemmie, crapule, vendette, ubbriachezze, e qualunque altra pubblica corruttela può difformare i popoli: laonde a testimonianza de' Parrochi, tutte le loro gregge col terminar delle prediche del Padre Antonio rinate veramente si conoscevano ad una nuova vita di spirito. Tanto poi numeroso era il concorso de' popoli alla predicazione di quest'Uomo di Dio, che spessissimamente astretto veniva a predicare alla foltissima adunatasi moltitudine sulle piazze, o nella vasta pianura di qualche aperta campagna: e sebbene parlasse con sorprendenti, e convincenti massime, che facilissimamente ritiravano gli Ascoltatori dal seguito del peccato, e loro infilavano l'amore alla virtù; l'esempio però, e l'asprezza della vita, e la nota santità del Predicatore, servivano d'un più forte stimolo all'udienza per arrenderli alle persuasive d'un'Uomo cotanto accreditato.

Più volte fu eletto Superiore, Maestro de' Novizj, e Diffinitore di tutta la sua Provincia, ed in quelli gradi sempre fece vedere un'amministrazione diretta con tutte le regole della carità, della prudenza, del zelo, e principalissimamente dell'esemplarità della vita; né l'esser egli, come accennammo, austero, e quasi crudele con se medesimo, faceva poi, che un'egual rigidezza praticasse co' Sudditi; che anzi facilissimo era alle piacevolezze, ed alle indulgenze, ove però non v' intravenisse alcuna minima lesione della regolar osservanza: onde poi ne avveniva, che tutti li Religiosi gli fossero affezionatissìmi, e più insistessero nell'esatta custodia delle nostre leggi. Quando poi per alcun commesso difetto doveva correggere, ed ancora castigar qualche Suddit, lo faceva con solo, e tenero amor di Madre, ed in quella stessa penitenza, che far doveva il difettuoso Fratello, egli pure voleva esser Compagno, eseguendola unitamente nel pubblico Refettorio. Tra le cose, che più zelava, era una cieca, e pronta ubbidienza, ed in questo accadde, mentre governava il Convento del Vasto, un evidente prodigio, ch'ebbe ad esigere tutte le maraviglie de' Frati. Già da gran tempo negava il Cielo la pioggia a quel distretto; e però tutte le campagne all'intorno quasi erano interamente seccate, ed isterilite, ed alla comune disavventura soggiacevano gli erbaggi del nostro Convento. In un giorno però, nel quale il Cielo era totalmente sereno, ordinò il Padre Antonio, che si trapiantassero i cavoli per uso de' Religiosi; e quantunque a tutti sembrasse un affaticar senza frutto, pure fu eseguito immediatamente il comando. Mentre i Frati stavano attualmente impiegati in questo lavorio giudicato affatto inutile:

– Non dubitate – disse loro; – nella seguente notte avremo l'acqua in quell'abbondanza, che si desidera; – e così fu, perché venne una pioggia sì copiosa, che i cavoli fissarono le radici, e prestissimamente crebbero per il pascolo de' Frati, i quali ad una voce dicevano, che il loro Superiore, o con profetico spirito aveva predetta la pioggia, o l'aveva ottenuta colle sue Orazioni.

Il Signor Piero Zampino, Cittadino d'Isernia, e pio, e sollecito Medico de' nostri Religiosi, dando per intraprendere un viaggio, si portò a visitare il Padre Antonio, e lo supplicò ad assisterlo presso Dio colle sue preci, acciocché in quel viaggio gli succedessero le cpse prosperamente:

– Tutto riuscirà bene, o Amico, – gli rispose il Servo di Cristo, – perché Voi colla vostra carità vi siete meritato il patrocinio del Padre San Francesco, e Voi lo palperete coll'evidenza; perché in questo cammino sarete assaltato da i vostri nemici, ma coll'assistenza del Serafico Patriarca uscirete illeso dalle loro insidie.

Così appunto avvenne. Dopo tre giorni ebbe il tristo incontro di alcuni, che gl'insidiarono la vita, e fu investito con tre colpi di archibuso; ma coll'invocar San Francesco in suo ajuto, e con manifesto miracolo, scampò sano, e salvo da quel pericolo.

Adorno in fine di molti divini doni, ed a Dio carissimo, s'infermò gravemente nel Convento di San Giovanni Rotondo; e bastevolmente provato con una lunghissima, ed ammirabile pazienza, e già sentendo internamente l'invito del suo Dio, che lo chiamava all'eterna mercede, ricevuti tutti gli ultimi Sacramenti, placidamente esalò l'anima tra gli amplessi, ed i baci del Crocifisso. Morto il buon Servo di Dio, il Padre Bonifacio da San Germano, Sacerdote di sperimentata virtù, il qual aveva una perfetta notizia della santità del Padre Antonio, sebbene lo credesse già introdotto nell'eterna beatitudine, ad ogni modo desiderava un particolare segno della di lui gloria, e fu subitamente esaudito; perché, mentre orava, gli fi presentò l'Uomo di Dio in un gioviale sembiante, e tutto all'intorno circondato di splendentissimi raggi; e nell'averlo chiaramente veduto, si sentì ristorato l'animo con ammirabile dolcezza di spirito.


Silvestro da Milano

(trad. di Giuseppe da Cannobio)

 

Fonte: S. da Milano, Annali dell'Ordine de' frati minori cappuccini, vol. III, libro II, trad. it. di G. da Cannobio, Frigerio, Milano 1744.

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