
L'INATTESA PIEGA DEGLI EVENTI
di Enrico Brizzi (1974)
Nella ripresa, grazie al risultato ormai al sicuro e ai brindisi dell'intervallo, l'atmosfera in tribuna si era fatta sonnacchiosa.
Quaglia sudava in maniera inesauribile, e più d'ogni altra minaccia temevo un suo eventuale abbraccio di esultanza se la squadra avesse segnato per la quarta volta.
– Voi non sapete che uomo è il nostro allenatore –, disse a un certo punto. Lo guardai: aveva una mano aperta sul petto. – Questa ve la devo proprio raccontare.
Il Cavaliere era come paralizzato dal troppo alcol, ma faceva impercettibilmente su e giù con la testa, e Quaglia dovette scambiarlo per un segno d'incoraggiamento.
– Febbraio del '36 –, attaccò. – Il nostro plotone era caduto in un'imboscata nel Goggiam, ed eravamo riusciti a scappare solo in tre: io, il Sergente e un molisano di appena diciott'anni che chiamavamo Capracotta. Gli amici al paese gli avevano fatto firmare per scherzo la richiesta di partire volontario. Credeva di fare richiesta per la riserva, e invece gli è toccato partire insieme a noi.
– Bello scherzo –, commentai. – Dovevano volergli bene, i suoi amici.
– Ragazzate –, minimizzò. – Eravamo solo noi tre, senza nessun collegamento con la nostra unità, e ci eravamo rifugiati in un tucul abbandonanto in cima a una collina.
Raccontava con voce stentorea, per farsi sentire dalle signore e dai marinai delle file sottostanti.
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E. Brizzi, L'inattesa piega degli eventi, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2008, p. 77.