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MARIANGELA ROSA DE RISO

(Napoli, 1760 - Parigi, 9 dicembre 1815)

Duchessa di Capracotta

Esuli andarono del pari la principessa di Belmonte Pignatelli Spinelli e la duchessa di Capracotta Capece Piscicelli, le quali, private dei loro cospicui patrimonj, furono ridotte a vivere in Parigi dei sussidj che dava loro il governo francese per mezzo di un comitato di cui era presidente Cesare Paribelli e segretario Francesco Antonio Ciaja, anch'essi esuli.

  • M. D'Ayala, Napoli nel terrore: 1799-1800, in «Nuova Antologia di Lettere, Scienze ed Arti», XCV:180, Dir. della Nuova Antologia, Roma, settembre-ottobre 1901, p. 81.

Vi è qualche altro, di cui non mi sovvengo, solo per coronare, noterò le due celebri dame, Giulia e Mariantonia Carafa duchessa di Cassano, e Principessa di Piedimonte, che sono andate in giro chiedendo la elemosina per la Repubblica. La duchessa vedova di Bagnulo, moglie del medico Domenico Cirillo, forse alla repubblicana. Mi ricordo il principe di Caramanico, che sciolse il suo matrimonio colla figlia di Angri, per unirsi alla repubblicana colla vedova donna Teresa Lembo. La duchessa di Capracotta, non so qual altro matrimonio fece, e fuggì coi Francesi. Insomma la maggior parte delle famiglie Nobili Napoletane sono intaccate.

  • C. de Nicola, Diario napoletano, vol. I, Pierro, Napoli 1906, pp. 247-248.

La De Riso, sotto i Bonapartisti, tornata a Napoli, si recò più volte a villeggiare in Capracotta; fu la sola feudataria che ci onorò della sua presenza. Non so indicarne gli anni. Arredò di mobili dorati il suo appartamento, convertì in teatrino l'antico fondaco facendo venire dei comici, anche per sollazzo della cittadinanza, e lasciò un duraturo attestato della sua aristocratica generosità domandò alla Chiesa sacri paramenti intessuti di seta e d'oro, fregiati per giunta del suo stemma ricamato riccamente, paramenti ancora nuovi può dirsi, che riappaiono nelle maggiori solennità del culto religioso. Per la tutela dei suoi interessi patrimoniali qui scelse il dottor Diego Di Ciò, il quale in verità la lasciò soddisfatta sì che in ultimo essa gli donò parte del palazzo ed una casa di campagna nella Macchia con alcuni terreni intorno, restati col nome di Masseria del Duca. Si suppone che il Di Ciò si fosse assai cooperato presso la Commissione feudale per la dichiarazione di Macchia qual feudo separato. Sopravvenuta la restaurazione dei Borboni nel 1815 la Duchessa fu costretta a rifugiarsi di nuovo a Parigi, dove morì nel corso del successivo decennio. Alla successione dei beni oberati di ipoteche, concorsero le figlie, il marito, le legatarie, i cui vincoli con lei restano sconosciuti, tanto più che portano nomi francesi: Felicia Hinard - Louise Barilot. Tra i postumi eredi trovasi Antonio Curcio juniore. Era questi un figlio del suo secondo matrimonio; o un figlio d'altra donna del secondo marito?

  • L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Tip. Antoniana, Ferentino, 1931, pp. 141-142.

Dama napoletana era certamente la duchessa di Capracotta; ma le note della polizia informavano non essere già proscritta politica, ma fuggita da Napoli con un ufficiale francese, lasciando a Napoli i suoi figli, e che ora, in Parigi, priva di mezzi, faceva debiti da per tutto. Nel 1806 un Antonio Curcio, napoletano, si annunciava «marito della duchessa di Capracotta», e chiedeva non di tornare a Napoli ma di recarsi in Italia per affari riguardanti la amministrazione patrimoniale della moglie. Era il Curcio un medico chirurgo (dicono sempre le carte della polizia) «onesto, tranquillo, proscritto». È segnato nelle filiazioni: «Antonio Curcio di Napoli, figlio del fu Onofrio, d'anni 27, statura piedi 5, pulgate 4 e linee 2, capelli castagno negro, fronte aperta, ciglio negro, occhio castango, naso profilato, viso tondo ed aperto, con una cicatrice, o sia fosso nel mento, barba folta, e negra». Quella duchessa di Capracotta si chiamava Mariangela Rosa de Riso di Carpinone, vedova di Carlo Capece Piscicelli duca di Capracotta.

  • B. Croce, Varietà di storia letteraria e civile, Laterza, Bari 1935, p. 227.

La stessa Emmanuela raccontava che pochi giorni prima della caduta della repubblica, la madre era stata a visitarla e le aveva detto disperatamente «io sono perduta!». Pochi giorni dopo, forse il 16 luglio, quando furono strappate ai loro palazzi Giulia Carafa, duchessa di Cassano, Mariantonia Carafa, principessa di Piedimento, Giulia Marulli, duchessa di Bagnulo e la duchessa di Capracotta, anche Luisa cadde nelle mani immonde di quella marmaglia inferocita. Ella si era nascosta in «un soppalco della sua casa, al palazzo Mastelloni, al largo della Carità». I lazzari la scovarono e fu trascinata in prigione.

  • C. Albanese, Cronache di una rivoluzione. Napoli 1799, Angeli, Milano 1998, p. 193.

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