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NONNI E NIPOTI DELLA REPUBBLICA

di Giulio Andreotti (1919-2013)

Pur con le inevitabili piccole gelosie concorrenziali, il rapporto dell'ingegnere repubblicano storico Ludovico Camangi era molto cordiale. Il suo impegno concreto per i problemi della Regione gli assicurò la permanenza alla Camera per quattro legislature dopo la partecipazione attenta e non ostentata alla Costituente. Già all'inizio della I Legislatura ebbe incarichi di governo: come sottosegretario ai Lavori pubblici, che conservò per cinque anni. I ministri erano Umberto Tupini e poi Salvatore Aldisio, politici che delegavano i problemi tecnici al loro collaboratore affidandogli anche i buoni rapporti - non facili - con il Parlamento. E qui emerse una caratteristica dell'uomo. A differenza di molti ministri e viceministri non si affidava pedissequamente agli appunti degli uffici, spesso freddi e noiosi. Gli interlocutori, anche quando si sentivano contraddetti e non erano soddisfatti apprezzavano l'attenzione personale riservata ai loro problemi. E tanta cortesia faceva moltiplicare le iniziative. Il deputato molisano Colitto, per esempio, settimanalmente interpellava il Ministero dei Lavori pubblici su tutte le questioni relative alla sua zona. Camangi era lì pronto a rispondere sull'approvigionamento idrico del Comune di San Felice, sull'acquedotto di Busso, sulla strada Sepino-Altilia, sull'edificio scolastico di Vinchiaturo, sui mutui per Guardialfiera e per Colletorto, sui lavori alle chiese parrocchiali di Agnone, di Petrella Tifernina e di Capracotta, e così via. Anche dopo il servizio ministeriale Camangi si fece notare per una serie di iniziative rilevanti, come l'istituzione dell'Albo dei Costruttori. Nel '62 tornò al governo, questa volta all'Agricoltura, con ministro Mariano Rumor. Si dedicò con efficacia al riordino del Corpo forestale e a problemi urgenti tra cui la crisi lattiero-casearia della Sardegna. Rumor, tallonato dal presidente Segni, gli fu particolarmente grato per quest'ultimo lavoro. All'Agricoltura rimase anche in tre governi Moro, stimolando concrete iniziative per la repressione delle frodi. Ci occupammo di un'opera pubblica importante per lo sviluppo industriale e turistico del basso Lazio. La via Pontina fu allora criticata come superflua. Oggi ci si lamenta per non averla concepita a corsie più larghe.

  • G. Andreotti, Nonni e nipoti della Repubblica, Rizzoli, Milano 2004, pp. 62-63.

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