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Amarcord: "Sul filo della memoria" di Domenico D'Andrea

  • Immagine del redattore: Letteratura Capracottese
    Letteratura Capracottese
  • 23 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 12 ago


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Domenico (Minguccio) D'Andrea era il fratello anche di Concettina (cugini di mia moglie Antonia), parente di Marino D'Andrea, di cui era pure amico, e cugino di Edoardo Angelaccio.

Domenico, dopo le elementari frequentate a Capracotta, va in Agnone, ospite di Edoardo, e frequenta la scuola media.

A diciotto anni prende il diploma magistrale a Pescara, divenendo, dopo parecchi anni, molti incarichi e supplenze, maestro elementare di ruolo, insegnando, dopo tanti trasferimenti, anche a Capracotta. Più tardi si trasferisce, con la sua famiglia, a Roma, dove termina la sua carriera scolastica.

Il periodo vissuto a Capracotta lascia in Domenico un profondo segno, da cui trarrà, in seguito, profonda ispirazione per i suoi racconti. La stesura dei suoi ricordi comincia - mi pare - proprio a Roma.

Domenico scrive per diletto, i racconti portano varie date, sono scritti in diversi anni e sono relativi a circa duecento tra persone e personaggi capracottesi, arricchiti dagli "schizzi" particolari del suo paese, fatti da lui con inchiostro di china!

Nel 1986 Domenico dedica alcune pagine a Marino D'Andrea, nel ventesimo anniversario della sua morte. Tutto il materiale da lui scritto viene, in seguito, custodito dalle sue figlie.

Nel 2016 Ermanno, figlio di Marino, ottiene dalle figlie di Domenico i suoi scritti e provvede alla pubblicazione del libro, nel cinquantenario della morte di Marino.

Molto di quanto sto dicendo l'ho desunto dalla presentazione al libro, scritta da Vincenzino Di Nardo (Zi' Checco), amico di Ermanno, il quale, tra l'altro, ha realizzato a Capracotta la casa di riposo per anziani "S. Maria di Loreto".

Non potendo parlare di tutti i personaggi presentati nel libro, mi limito ad illustrarne solo due: Marino D'Andrea l'inventore ed Edoardo Angelaccio il novellatore.

La prima storia, che è di uomini, di idee, di lavoro, di macchine, di sacrifici, di sconforti e di slanci, è tessuta con materiale di prima mano. Le lettere scritte da Marino a Peppina, prima da fidanzato e poi da marito, e a suo padre - zio Colitto -, esprimono sentimenti e raccontano fatti da lui vissuti mentre era molto impegnato nella realizzazione di una sua brillante idea, d'ordine meccanico, nel contatto diretto con le macchine ed i metalli.

La storia è stata pubblicata in omaggio alla sua memoria, nel cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, con l'intento di ricercare le vie attraverso le quali egli pervenne ad attuare il suo geniale e ambizioso progetto.

Marino fu l'inventore geniale di un congegno meccanico prodotto in proprio ed esportato in tutto il mondo! I tentativi di copiarlo, nei paesi asiatici, sono falliti! Quel congegno, adeguato e computerizzato, insieme ad altri brevetti della D'Andrea S.p.A. è sul mercato mondiale!

Per quanto riguarda la seconda storia, in attesa dell'arrivo della televisione, a Capracotta, i bambini e non solo, invece di vedere "Carosello", ascoltavano il "novellatore".

Lui era Edoardo Angelaccio, muratore, che, d'inverno, in paese, si riposava forzatamente.

«Quando la tormenta ci tappava in casa – scrive Domenico – noi ragazzini non ci preoccupavamo, avendo la casa i suoi ampi spazi che ci permettevano di giocare a nascondino. Eravamo sette o otto fra cugini e cugine, tutti della prima età. Di rado il portone di casa si apriva e quando succedeva, si sentiva il pestare dei piedi per scrollarsi la neve dalle scarpe. Noi bambini accorrevamo per vedere chi fosse, sperando che si trattasse della persona tanto attesa: il novellatore».

Lui leggeva romanzi storici e cavallereschi da cui traeva materia per i suoi racconti.

Quando "faulava" l'uditorio pendeva dalle sue labbra. Il fatto narrato, spesso, si riduceva a poca cosa, ma Edoardo sapeva abbellirlo e colorarlo. Appena arrivava, tutti eravamo felici, si attizzava il fuoco, si faceva cerchio e l'incanto cominciava.

Quando Edoardo doveva andare via, fermava il racconto e diceva:

– Lasciamolo dormire, domani riprenderemo a mente fresca.

Tra le donne, la migliore novellatrice era Consiglia D'Andrea, cugina di Minguccio.

Chiedo scusa agli autori dei libri esaminati, ai loro parenti e ai lettori, di questo mio "Amarcord" realizzato in forma artigianale, manoscritto da me con grafia condizionata dalle cataratte. Per saperne di più bisognerebbe leggerlo!


Tonino Serafini



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