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Amore e gelosia (XLIV)



XLIV

"...E mò faccio scendere prima lei e poi la seguo", così architettò don Salvatore e, tenendosi ben celato alla vista della giovane Elisa, scese finalmente dal treno solo quando la ragazza era già sulla banchina.

Ma il poeta aveva fatto male i suoi conti. Napoli non era mica il piccolo scalo di Nocera: dal treno si precipitarono sulla banchina centinaia di persone, una fiumana, che ben presto si fusero con tante altre correnti di umanità che si intrecciavano, si scioglievano, tornavano a riformarsi lungo i corridoi e gli spazi di quella immensa stazione, sicché dopo neanche due minuti Elisa era completamente fuori vista, assorbita irreparabilmente dalla folla che entrava e usciva, correva, rallentava, si urtava e proseguiva in un convulso caotico andare che tuttavia aveva un suo ordine.

Don Salvatore tentò in tutti i modi di ritrovarla, ma niente da fare, era sparita, nonostante avesse un vestito verde ben visibile e uno di quei vistosi cappellini con cui solevano adornarsi le donne dell'epoca, Elisa sembrava essersi dileguata!

Un piccolo conforto il poeta lo ebbe però. I due uomini che in treno stavano così cordialmente conversando con la sua fidanzata li aveva ritrovati: erano entrati prima in una tabaccheria, poi in un caffè ed erano soli, Elisa non era con loro.

"Dunque erano occasionali compagni di viaggio... Meglio così, se no... 'A verità è che la devo finire di essere geloso, di farmi i film in testa"...

Nel frattempo era giunto fuori dalla stazione. Ora doveva decidere che cosa fare: le carrozze con i cavalli già alla stanga, i taxi di quell'epoca, si allineavano lungo una strada dirimpetto, sotto le mura di un antico palazzo, e i cocchieri erano a cassetta già con la frusta in mano, pronti a partire non appena un viaggiatore si accostava e dava la destinazione. La sera cominciò a calare e con essa le preoccupazioni di don Salvatore per la sua Elisa si triplicarono: sola in mezzo ad una città come Napoli, e di sera per giunta! Ma benedetta ragazza! Come le era venuto! Che cosa aveva voluto fare? E sopratutto "addó cacchie sta mò, come faccio a trovarla?".

Una voce amata e cara, argentina, una voce di donna lo colse da tergo e lo fece letteralmente trasalire di gioia:

– Salvato'... songhe io, sto ccà! Girati!

Il poeta si voltò e se la trovò letteralmente di fronte, quasi a ridosso del suo corpo, già quasi tra le sue braccia, tanto da poterne sentire distintamente il respiro affannoso per l'emozione di quel momento.

– Elisa! Tu qui a Napoli! E che ci fai? Quando sei venuta, come sei venuta? Che piacere che mi stai dando... e perché sei qui? Non l'avrei mai immaginato, che sorpresa che mi hai fatto!

La ragazza tratteneva il riso, poi non ce la fece più e:

– Salvato', Salvato'... cumme ire spassoso con quel tuo cipiglio furioso sul treno, quanne mi spiavi e te nascunnive adderete alla tendina pe vede', pe capi' chi erano i signori con cui stavo parlando! Madonna, cumme me so' divertita! Ma tu veramente ti pensavi che non ti avrei visto? Ma le conosci le donne? Abbiamo più occhi noi che manco cento di voi uomini ciechi dalla gelosia! Ah ah ah... Scusami amore mio, ma è così, eri geloso, lo si vedeva con chiarezza che eri geloso!

Don Salvatore ci rimase male: ma come, lui era convinto di essere il cacciatore e invece era la preda! Era convinto di spiare e invece era spiato!

Stava per accigliarsi di nuovo, ferito nell'amore proprio di maschio e stava per aprire bocca per replicare seccamente quando fu invece tacitato da un lieve, delicato gesto della sua donna, che alzò una piccola mano guantata e lo carezzò in volto.

– Salvato', amore mio caro... Te si pigliate collera? Perdonami, ma quella è la mia natura di donna, nun ce pozze fa' niente se siamo più furbe di voi uomini... Quello che conta è che ce vulimme bene e mò stamme ccà, io sto cu te e tu stai cu mme, ammore mio!

Un sentimento struggente, forte, travolse il poeta: "Dio mio, cumme è bella! Chesta è 'a femmena mia, sta ccà pe me, me vò bene! È 'a cchiù bella 'e Napule!".

La guardava e se la mangiava con gli occhi...


Francesco Caso



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