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«Ancora sto imparando»: Michelangelo Buonarroti all'età di 87 anni



Sono tre parole uscite dal labbro dell'anziano Michelangelo, ricche di saggezza, di dinamismo interiore, di valorizzazione del tempo. Personalità grande e irrequieta, uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Pittore, scultore, architetto, poeta, credente a suo modo, ha raggiunto il vertice in tutti i campi della ricerca, dell'arte, della bellezza. Vero e inarrivabile genio per l'umanità intera. Con il desiderio sempre di apprendere, di imparare. Si scorge una coscienza vigile, attenta, pronta a cogliere le sfumature e ad affinare le analisi. Ampiezza di orizzonti, originalità e coraggio di indicare percorsi, linee e filoni da intraprendere nella vita. «A partire da me, ma non per me», affermava Martin Buber, riassumendo il cammino della vita di ogni persona, rinnegando la concupiscenza di essere un Narciso allo specchio, per essere il filo di un meraviglioso arazzo. Chi guarda solo a se stesso non si illumina mai. Chi "ancora vuole imparare" cerca la luce sempre.

Un proverbio cinese avverte: alla caduta della terza foglia si torna alle radici. La terza foglia che cade cede il posto alla vecchiaia. Non è un problema di oggi la vecchiaia anagrafica, si affronta con la serenità di Michelangelo. L'orologio del tempo scorre inesorabilmente e detta leggi a cui è impossibile sottrarsi. Portare il bagaglio delle esperienze passate verso il presente per trasfigurare e modificare le occasioni che si presentano, con l'intento di "imparare ancora", è sempre possibile. Luci ed ombre si alternano nella storia di ciascuno, di vita vissuta, per evidenziare in positivo la presenza di perle preziose che negli anziani risplendono con chiarezza. L'uso della prima persona singolare, «Ancora sto imparando», trova giustificazione nella prospettiva autobiografica che si rintraccia facilmente in tutti. C'è un legame logico e cronologico nella ricostruzione fedele della propria storia. Ma... c'è sempre da imparare ancora. Rinverdire i ricordi, alimentare la cultura, non perdere il patrimonio di esperienze vissute, conservare la fede ragionata e matura focalizzando l'essenziale, incrementare le relazioni interpersonali... sono alcune linee guida dell'"imparare ancora". Mettersi nei panni dell'altro, entrare nella interiorità di chi ci ascolta, assumere le motivazioni, rientrare in sé stessi per meglio valutare senza sospetti e rigurgito di pregiudizi, sono piccoli segni che denotano una valenza sociale di enorme potenzialità.

Miguel Cervantes, nel "Don Chisciotte", afferma che la penna è la lingua dell'anima. Quando l'anima comunica è sempre bene mettersi in ascolto, potrebbe rivelarci sentieri sconosciuti per un migliore dialogo fra gli uomini. Il tempo proietta la vita di ciascuno con il carico della propria personalità e della propria coscienza. Viene evidenziata una virtù, oggi molto rara, quella dell'equilibrio, «la scelta del giusto mezzo al tempo opportuno». «Sto imparando ancora»: tre parole che scandiscono i modi di porsi gradualmente di fronte al futuro. Prevedere, prevenire, aspettare, cavalcare (attività pragmatica della volontà), non mollare (attività costante della volontà). È da notare l'arguta divisione di azione di chi "sta imparando ancora" e chi ha imparato per sempre e per tutti.

Vito Mancuso, professore di Teologia moderna e contemporanea presso l'Università S. Raffaele di Milano, nel libro "L'anima e il suo destino", espone le principali verità della fede con spiccato rigore ermeneutico e con documentata critica. Intorno al destino dell'anima ruotano teologia, filosofia, antropologia, biofisica e altre discipline. Le parole con cui l'autore conclude il suo volume sono utili e significative: «amare la vita. Alla fine sta tutto qui. Occorre mantenere in vita lo spirito dell'infanzia, la forza primigenia con cui la natura ci ha generato». Le vertigini vengono solo a chi guarda in basso, ha chiosato Gilbert Cesbron in "Cani senza collare". Il messaggio di questo libro è che la vita non tradisce, e a chi, a sua volta non la tradisce, essa dà in premio se stessa, dice la sapienza di Israele: «Chi pratica la giustizia si procura la vita» (Prov. 11,19). Basta solo essere giusti. Tutto qui, qualcosa di molto semplice, che ogni uomo vede da sé: «simplex est sigillum veri» (= la semplicità è sigillo e segno della verità).

Il filosofo Norberto Bobbio, affinando gli strumenti dell'analisi e della sintesi sulla fede, nel libro "De senectute", sosteneva che «la vera differenza non è tra crede e chi non crede, ma tra chi pensa tra e chi non pensa». Se si perdono gli stimoli a pensare, ci si chiude alla fede, che rimane sempre un dono di Dio e una conquista faticosa, gioiosa e personale. L'equilibrio interiore è sempre frutto di una fede conquistata dopo un lungo cammino, approda ad una squisita e invidiabile libertà interiore e ad una capacità di servizio che sfida chiunque. Ha uno sviluppo e una evoluzione, come una pianta che cresce, che si pota, che ha le sue diverse stagioni. È un approdo conclusivo, è come forza unitiva della vita. Non siamo esseri armonici, la vita è discorde e conflittuale. Una via di uscita è la fede, facendo esperienza della bellezza, declinata nella dimensione della natura, dell'arte e della liturgia. La vita è dominata da opposti che non sono annullabili, che non si distinguono l'uno con l'altro: tra di loro non c'è contraddizione, né identità, essi sono in tensione polare, che non può essere annullata, «in opposizione polare», come afferma Romano Guardini, filosofo e teologo. È soprattutto testimonianza, che nella fede riceve coraggio e apertura.

«Vivere con gioia le cose che accadono ogni giorno», affermava don Lorenzo Milani, con semplicità e serenità. Sapere che chi guida e disegna la storia degli uomini e dell'umanità è sempre Dio. «Capire il suo disegno man mano che Egli lo svolge, è l'unica cosa cui ambisco di capire, senza pretendere di levargli il lapis di mano e pretendere di diventare un autore della storia».

Splendida pagina, degna di un padre della Chiesa! Rivela una grande anima in cui la fede diventa impegno di lotta per il bene, senza perdere la serenità e la gioia, virtù caratteristiche di chi crede. Nessuno ama la vita come l'uomo che sta invecchiando, ha affermato Sofocle, con confidente sicumera. Perché traspone il passato nel presente, e vede nel presente due elementi che trasudano di ottimismo: speranza e nostalgia. La vecchiaia ha un'autorità così ampia che vale più di tutte le gioie della giovinezza. La vita è stata vissuta con il senso della misura e del possibile, con la luce dell'intelligenza e il calore della passione. La passione contiene tutti gli elementi per dare all'azione quell'impeto necessario a compiere una missione e affrontare il futuro.

La nostra avventura umana ha tre dimensioni: la lunghezza della vita, la larghezza dell'amore del prossimo, l'altezza dell'amore di Dio. Entro queste tre dimensioni c'è sempre da apprendere, correggere, modificare, gioire. Le parole che scandiscono i modi di porsi gradualmente di ogni persona dinanzi al futuro sono, l'ottimismo di chi vede «il bicchiere sempre mezzo pieno», libertà, indipendenza, sportività, piacere di stare al mondo, che rivestono un carattere di sacralità assoluta. Ama, onora, difende il suo e l'altrui diritto alla libertà di ricerca e di pensiero, fondamento di una società altra, che della cultura fa ragione di vita e pratica quotidiana. Dio scrive la sua storia secondo una linea che va avanti, con molte curve su e giù, recita un proverbio portoghese. Ciascuno prende la propria forma, non soltanto la personalità psicologica, ma l'identità costitutiva di persona. L'intelligenza è la capacità di trovare connessioni tra cose e persone diverse, di fare sintesi tra fede e storia, con la competenza, la testimonianza, la responsabilità e l’umiltà di chi è abituato "sempre ad imparare".

«Avanti sempre nell'amore e nella gioia»: è stato il programma di vita di anime eccellenti nel campo della cultura, delle scienze, delle arti e... della santità. Entro questa ottica si coniugano alcuni nodi che coinvolgono totalmente ogni persona: la passione, la memoria, la profezia. Passione nello sforzo di dare a problemi posti dalla storia un orientamento positivo, reale, cristiano, con il compito di stimolo, di discernimento e di armonizzazione. Educare allo "stare insieme", evitando l'individualismo, le separazioni e le rivalità, perché la fraternità si realizza attraverso una non facile conquista quotidiana. «Uno dei limiti delle società attuali è di avere poca memoria, di liquidare come un fardello inutile e pesante ciò che ci ha preceduto», ha affermato papa Francesco recentemente. È una malattia, l'alzheimer spirituale, che può colpire tutti. La memoria assicura lo slancio necessario per affrontare le sfide sempre nuove, che esigono risposte altrettanto nuove, rimanendo aperti alle sorprese dello Spirito che soffia dove vuole. La profezia è la forza della parola, che ripara la stanchezza del giorno, dà un senso alla vita, rinsalda i legami, a differenza dei divertimenti che accontentano e isolano. La parola profezia contiene forza in sé, forza originaria che agisce e mette in comunicazione con i significati del mondo e degli altri, entrando in ascolto e in intimità con le varie voci. La parola invita a pensare e riflettere. È una "ragionevole scommessa" per attraversare il mare dell'esistenza. Essere servitore della parola e della cultura per comunicare agli uomini del proprio tempo il mistero della vita e... di Dio. Il modo in cui una verità si rende permeabile alla vita umana, anche se può non piacere, è un "modo profetico". Tutta la Bibbia è un cantico della Parola, creatrice, liberatrice, incarnata, redentrice. «Comincia a fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile», diceva san Francesco d'Assisi.

Il tempo è disponibilità ad incontri veri, è spazio per vedere e sentire, per avere compassione, per fare un pezzo di strada insieme. La vita è piena di dettagli che si rivelano a chi è sensibile al tempo. «L'amore è l'unica strada, l'unico motore, la scintilla divina che custodisce il cuore», cantava Simone Cristicchi a Sanremo con "Abbi cura di me": acuta riflessione di un cantautore contemporaneo.

Comunicare in modo chiaro e trasparente e parlare in modo autentico al cuore della gente... per "imparare ancora" è stato lo stile di Michelangelo, esperimentato «con dolcezza, rispetto e retta coscienza» (I Pet, 3,18). Coscienza pura, limpida, moralmente connotata nella ricerca del bene. È il modo lapidario e incisivo di comunicare delle persone perbene, serie. Si riscopre il grande valore della vicinanza, dell'amicizia, della gioia semplice nella vita di tutti i giorni, il valore della condivisione, del parlare e del comunicare. Il primo piacere della vita è essere felici insieme, perché una gioia condivisa si raddoppia.

Una poesia di Gianni Rodari, "La voce della coscenza", con stile ironico, precisa coscienza con la "i", non senza:


Conosco un signore di Monza o di Cosenza che si vanta di dar retta alla voce della coscenza. Il guaio, con questo signore di Busto o di Forlì, è che alla sua "coscenza" manca una piccola "i". Se lui ruba, lei lo loda. Se lui fa il prepotente lei gli manda un telegramma: – Mi congratulo vivamente. Lui infila più bugie che aghi su un pino? Lui subito applaude: – Bravo, prendi un bacino. E dovreste sentire quel tale cosa dice: – Sono in pace con la coscenza, perciò sono felice! Ho provato ad avvertirlo, insomma a fargli capire che una "coscenza" simile è inutile starla a sentire. Lui però mi ha risposto: – Andiamo! Per una "i"!- quel bravo signore di Bari o di Mondovì.


Costruire un mondo umanamente abitabile richiede intelligenza, moralità e spirito di generosità. Un tale spirito ha molti nomi: il greco sophrosyne (= capacità di autocontrollo e di riflessione), il latino humanitas, l'africano ubuntu, il biblico agape. È paziente e tollerante disposizione a vedere e cercare il bene, anziché insistere ossessivamente sul male. Il perdono blocca il male e gli impedisce di proliferare, di non trascinarci dietro all’infinito i nostri errori e i nostri dolori.

«Il perdono ci strappa dai circoli viziosi, spezza la coazione a ripetere su altri il male subito, rompe la catena della colpa e della vendetta, spezza le simmetrie dell'odio», scriveva Hannah Arendt. Scandalo per la giustizia, follia per l'intelligenza, consolazione del cuore, il perdono ha gli stessi occhi di Dio, vede che ogni vita è grembo pronto ad una nuova gestazione, ad un di più, un colpo d'ali che libera il futuro: perdonare l'altro perché perdonati da Dio. Tenere alta la speranza, anche se non si scorge all'orizzonte una via di uscita. Con la disponibilità ad imparare... ancora e sempre.


Osman Antonio Di Lorenzo

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