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Battute e motti spiritosi dei capracottesi (III)


Gregorio Conti
L'aneddoto della domestica di Gregorio Conti.

Sò accucchieàte piéde e amme, ŝtieàtte buóne tata e mamma.

Si sono sposati e non pensano più ai genitori!

 

Gnà dice la sacra checòccia, Pasca nen vè né auoànne né l'uoànne che bè.

Come dice la Sacra cococcia, Pasqua non viene né quest'anno né l'anno venturo. Proverbio preso in prestito da altri paesi. Si tratta di questo: il Parroco metteva 49 fave nella cococcia (specie di anguria) il giorno successivo alle Ceneri e, prelevandone una al giorno, si arrivava all'ultima col giorno della Pasqua. Ma successe un bel pasticcio; il nipotino del prete ne mangiò parecchie, che vennero sostituite in molte dalla sua mamma, al che lo zio si accorse che non finivano più, e disse quanto sopra ai suoi fedeli.

 

L'acca de sande Marieàne nen 'mbónne.

Così diceva la nonna di Angeluccio di Cecca (ru Ciùppe) quando piovigginava la mattina che si partiva in pellegrinaggio per San Mariano.

 

Nen fa niénde ca te muóre, baŝta che tié la salute.

Così diceva Vingiénze ru Ciùppe. Era un buon uomo.

 

Mó scié viaggiàte in seconda, ma mó jéra viaggià in quinda.

Così disse Giovanni Carfagna alla Stazione di S. Pietro Avellana, dove sostava da vari giorni per la neve non potendo raggiungere Capracotta, al figlio che era sceso dal treno dalla 2ª classe, che aveva preso a Roccaraso per fare il bello alla fidanzata in quella località.

 

N'arviénghe chiù in Italia.

Non torno più in Italia. Così disse Rosetta di Mingo Latino quando andò a Milano a fare la domestica.

 

Ì nen me vuléva maritieà ma nisciùne c'à mannata.

Io non volevo maritare ma nessuno mi ha fatto richiesta. Così dice Giustino Comegna.

 

Maria Teresa, mitte nu bicchiére a Di Rienzo.

Così avrebbe ordinato il Re Burlone alla moglie Regina per offrire un bicchiere di vino al suo addetto ai cavalli, il Di Rienzo, che era di Capracotta, bisnonno paterno ad Angeluccio ru Ciùppe.

 

Che Vingiénze tié misse e mó te 'mbieàre l'arte.

Così disse Primiano D'Andrea a Michelino Del Castello, nipote di Cardìglie, allievo di suo figlio, il quale non volle aiutarlo in qualche lavoro extra.

 

Vai birgiarella birgiariella dopo il quandinone.

Così indicava Rosa Rabbacchino Campana ad un signore turista che voleva sapere dove era la Fonte del Brecciaio nei pressi di Capracotta.

 

Dove vai, buona donna, con quella cesta sulla testa?

Vado a portare a mangiare a ru sgualàno.

E che porti da mangiare?

Pasta e rivéglie, vini e la schimbòsta.

Dialogo fra Pina di Cesare Di Rienzo e una turista. Ru sgualano è il bifolco; le rivéglie sono i piselli; la schimbòsta è il sottaceto.

 

È nuvolo e puzza di cacio.

Così riferì la domestica a don Gregorio Conti che le aveva chiesto di vedere di notte come stava il tempo, e la domestica, anziché aprire la finestra, aprì la porta della credenza, dove c'era del formaggio e, s'intende, era tutto scuro.

 

Cummara, cummara, sciòcca e maltiémbe fa: 'n casa d'ieàldre è male da ŝta.

Cummara, sieà pecché te ne cure? Ca la pizza te coce re cure!

La prima commare, sentendo arrivare l'ospite, tolse in fretta la focaccia dal fuoco e la mise sopra la sedia, sedendovi sopra. La commare ospite, nel vedere il focolare in disordine, si accorse che qualche cosa era stato tolto e di qui la risposta.

 

Dun Alfré, damme du sòlde de quìre che fa fù fù déndr'a re becchiére.

Era Teresa Magnapatàne che chiedeva al farmacista due soldi di citrato.

 

Consiglia, dàire nu becchiére buóne a Còla.

Così disse zio Primiano D'Andrea alla moglie che si accingeva a togliere dalla cantina del vino per il figlio, ma che non doveva poi metterci qualche poco d'acqua, passando per il rubinetto. Era una forma di economia e niente altro, comune a tutte le buone mamme di famiglia.

 

Cumbà, quanda éma sparte ru puórche?

Ze re magnàmme tutte chéla sera che r'accedèmme.

Compare, quando dobbiamo depezzare il maiale per fare poi salsicce ed altro? Ce lo mangiammo la sera stessa che fu ammazzato. Dialogo fra Cappellone (macellaio) e Mariano Sammarone, proprietario del maiale. Certo il maiale non pesava dieci chili!


Gregorio Giuliano



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