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Capracotta e non solo


Panorama della Mainarde da Capracotta.

Ci sono numerosi studi sull'origine della denominazione del paese di Capracotta. Potrebbe derivare dalla combinazione di due termini: Cap, luogo elevato, e Kott, luogo roccioso. Due elementi che caratterizzano il territorio capracottese.

Secondo altri, Capracotta deriverebbe, invece, dal latino Castra cocta, e attesterebbe l'esistenza di un accampamento militare romano protetto da un ager coctus, cioè un muro di cinta in mattoni.

Un'altra ipotesi sarebbe quella longobarda, che alluderebbe alla tradizione religiosa pagana dei primi conquistatori di sacrificare una capra, in onore del dio Thor, prima di insediarsi in un luogo appena conquistato e mangiarne le carni, come rito apotropaico per scongiurare il rischio di un esaurimento delle fonti di sostentamento del gruppo tribale che, diventando stanziale, si costituiva come comunità.

Le più antiche tracce della presenza umana, nel territorio di Capracotta, risalgono al periodo Musteriano, circa 80.000 anni a.C.; nella località di Morrone sono stati infatti trovati vari strumenti per la caccia dell'uomo del Neanderthal.

Il primo insediamento stabile risale, invece, nel IX secolo a.C. Si tratta di un centro abitato, ritrovato nel corso di più campagne di scavo promosse dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise, nei pressi della Fonte del Romito.

Gli scavi archeologici hanno rivelato, quindi, l'esistenza di un sito con una vita che era in essere da circa mille anni; ossia più capanne di forma circolare, dal IX secolo a.C., fino a costruzioni in pietra nel I secolo d.C., collocate in un contesto urbano ben coordinato.

Altri ritrovamenti, inoltre, del periodo sannitico, sono la Tavola Osca, ed alcuni sepolcreti di epoca arcaica. L'abitato di Fonte del Romito risultava pertanto collegato, attraverso la transumanza, alle grandi arterie del tempo. Nel giro di pochi secoli, quel piccolo agglomerato di capanne ebbe, infatti, a trasformarsi in un insediamento esteso, e socialmente complesso.

La Tavola Osca, o Tavola degli Dei, o Tavola di Agnone, è una tavoletta di bronzo, della dimensione di cm. 28 per 16,5, munita di una maniglia che attualmente si trova nel British Museum di Londra, con altri antichi reperti.

La tavola fu scoperta nel 1848 in località Fonte del Romito, presso il podere di Giangregorio Falconi. Il contadino Pietro Tisone avrebbe scoperto casualmente il reperto e, non essendo un esperto, l'avrebbe sottoposto all'esame dei fratelli Cremonese di Agnone. Naturalmente la notizia del ritrovamento arrivò alle orecchie di Theodor Mommsen, che, da eminente studioso, tradusse l'importante reperto, come prova tangibile della antica lingua italica del Sannio.

La Tavola, successivaqmente, entrò nella collezione di Alessandro Castellani che, poi, nel 1873, la vendette al British Museum di Londra, dove oggi è conservata nell'antiquarium.

Questa tavola misura 28 x 16,5 centimetri, munita di maniglia e fori e vi è tracciata l'iscrizione, in modo netto e profondo, sulla superficie bronzea. Questa è presente su ambedue le facce, 25 righe sulla principale, e 23 sulla posteriore.

La prima parte del testo descrive un recinto sacro dedicato a Cerere, dea della fertilità, per la quale nel corso dell'anno avvenivano, a scadenza ritmica, delle festività speciali. Inoltre, nel testo, è segnato che ogni due anni una cerimonia particolare aveva luogo presso l'altare del fuoco che, in occasione della Floralia (festività primaverile), nei pressi dello stesso santuario, avveniva anche in onore di altre quattro divinità. Sul retro era precisato che nel recinto sacro c'erano anche altri altari dedicati a divinità venerate nel suo interno. Vi si affermava, inoltre, che solo quanti pagavano le decime erano ammessi al santuario, e, quindi, elencava, a guisa di inventario, le pertinenze del santuario, le persone che sole potevano frequentarlo, e quelle che lo amministravano.

Il santuario principale dei riti di tutto il popolo sannita, per la cronaca, era stato, come noto, già realizzato nel tempio italico di Pietrabbondante.

La Tavola è tra le più importanti iscrizioni in lingua osca, dopo il Cippo Abellano e la Tavola Bantina. Risale, storicamente, circa al terzo secolo a.C. e le iscrizioni della Tavola sono ben leggibili ed incise profondamente, iniziando da sinistra.

La Tavola o il giardino sannita vengono chiamati Hurz, come è riportato in fondo alla Tavola degli Dei.

Aggiungiamo che Capracotta, lembo di terra a ridosso dell'Appennino abruzzese, fra il medio corso del fiume Sangro e l'alta valle del Trigno, a 1.421 metri di altitudine, nell'antichità era abitata dai Pentri carecini, probabilmente, ed inizialmente, nel sito chiamato Terravecchia.

Inoltre ha un paesaggio mozzafiato, con immense distese di verde. Dalla sommità di Monte Capraro (m. 1.736) e Monte Campo (m. 1.746) è possibile ammirare, nella quasi totalità, boschi di faggio, le abetine, gli aceri, che formano l'ossatura delle rigogliose foreste altomolisane. Sullo sfondo s'erge il massiccio della Meta e la Maiella. Sull'altro versante, la vista del mare Adriatico, fino alle isole Tremiti.

Capracotta si presenta poi da più punti di vista disposta sull'orlo di una ampia voragine calcarea che sovrasta la valle del fiume Sangro. Poco più avanti, nella sua inattesa bellezza, si allarga il pianoro di Prato Gentile e, più giù le acque della sorgente del fiume Verrino, che sgorgando l'acqua con notevoli salti, forma delle cascate molto suggestive. Nei primi quattro chilometri del suo fluire, il torrente, infatti, impegnato in vorticosi dislivelli, dà vita ad una serie notevole di salti d'acqua. Fra i più belli quelli in località Pisciarello, le cui acque, vaporizzandosi nella conca, creano straordinari giochi di colore.

Che dire della aria sopraffina e dalla tanta neve che in genere copre il paese. Famoso per le nevicate di un tempo che venivano misurate e che facevano uscire dalle finestre e costringevano ad avere due ingressi, uno esterno ed uno interno, nelle abitazioni. In alcune zone esposte al vento, oltre 4 metri, per cui, solo con lunghe canne era possibile ritrovare le auto, nonostante il poderoso spartineve inviato dai concittadini dagli Stati Uniti d'America. A solo titolo di cronaca, Capracotta, per una sua esposizione, ha il record mondiale della neve caduta nell'anno 2015, in diciotto ore: metri 2,56, superando la nevicata a Silver Lake in Colorado del 1921. Inoltre, ha una delle prime scuole di fondo d'Italia nel 1914. La pista "Mario di Nucci" ha ospitato il campionato italiano di sci di fondo 1997.

Fra le case, in genere, si parlava dalle finestre, ma non ci si capiva bene. Le parole si gelavano e non si sentivano. In compenso, però in primavera, c'erano mormorii per le strade proprio di quelle stesse parole che si scioglievano (me l'hanno raccontata).

Dulcis in fundo, la Pezzata di Capracotta è tra gli eventi più caratteristici dell'estate molisana. Ogni anno, durante la prima domenica di agosto, esattamente quest'anno il giorno sette, Capracotta accoglie gli appassionati per gustare quella ricetta tradizionale legata alla pratica della transumanza delle greggi. Nella splendida cornice di Prato Gentile, famosa anche per le piste di sci di fondo, e le passeggiate con le ciaspole, si ripropone quel vivido legame con la tradizione pastorale che fa rivivere nella Pezzata la sagra dell'agnello alla brace, o della pecora bollita con erbe aromatiche sul fuoco, su grosse caldare di rame, e servito poi su piatti di creta, che ci riporta nell'immensa civiltà del Molise che iniziò da quei pastori che vissero in un tempo lontano e sono i nostri progenitori.

Che dire poi dei prodotti di Capracotta, i latticini, i formaggi, la stracciata: un latticino fresco a pasta filata dalla forma appiattita prodotta con latte vaccino, le minuscole lenticchie, in vendita in tutta la regione come articoli di eccellenza e l'amore dei suoi abitanti che, ogni tre anni, ritornano in massa a festeggiare la Madonna di Loreto nella chiesetta che è all'inizio del paese.

Per i danni subiti dalla presenza dei Tedeschi, durante l'ultima guerra mondiale, ha ricevuto, come riconoscimento, il premio al valore della Repubblica.


Vincenzo Ferro

 

Fonte: https://www.vincenzoferro.it/, 26 luglio 2022.

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