La nascita di Solange significò per noi un'allegria immensa. Col suo arrivo abbiamo imparato cosa significa diventare nonni, sempre condiscendenti e disponibili a soddisfare, nel possibile, tutti i desideri della bimba.
In principio, pensavo che Diana fosse così attaccata alla bambina perché sentiva dentro di lei la mancanza di quella figlia che avevamo perso, ma con il tempo e l'arrivo di nuovi nipoti, mi accorsi che la sua disponibilità e attenzione, non erano altro che l'immenso amore di nonna che ha sempre sentito dentro se.
Intanto il tempo continuava a passare inesorabilmente.
Diana continuava a lavorare nel panificio, ed io a viaggiare tutte le settimane a Campobasso. Purtroppo, dopo quel che era successo per il riconoscimento del tempo lavorato nella ditta del mio principale, sentivo che ora tutto era diverso. Non avevo la stessa volontà con cui avevo lavorato fino ad alcuni mesi prima, e questo perché qualcosa si era spezzato tra me ed il mio capo. Non è che lui mi riprendesse per quello che era accaduto, ma sentivo che niente era come prima.
Fu così che un giorno, Antonio Clementino, in quegli anni sindaco d'Altino, mi fece una proposta che fu molto difficile non accettare.
– Io penso che non vi pentirete a fare questo passo.
– L'unico dubbio che ho nell'immediato è che dovremo ricominciare di nuovo in un'altra città, senza avere un lavoro sicuro.
– Non è vero. Tua moglie inizierà subito a lavorare in casa di mia cognata, e vostro figlio non dovrà più prendere l'autobus per andare a scuola; Vasto è una città molto più grande del nostro paese, e potrà studiare lì senza problemi.
– Ma, come potrò trovare un nuovo lavoro in quella città dove non conosciamo nessuno?
– Non è vero che non conoscerete nessuno. Il dottore ha molti contatti in città. Vedrai che in poco tempo ti troverà qualcosa da fare.
– Spero sia così.
– Mia moglie ha detto che, mentre cerchi un lavoro, potresti fare il giardiniere nella villa del dottore.
– E noi dovremmo vivere lì?
– Certamente. Da molto tempo loro sono in cerca di una coppia che possa essere loro di compagnia, e che si occupi della casa, quando loro non ci sono. Che decidete?
– Parlerò con mia moglie. Vedremo se è disposta ad abbandonare la sicurezza che ora ha, per avventurarsi in una nuova vita.
– Hai detto bene. Si tratta di una nuova vita che dovrete affrontare seriamente. Questa è un'opportunità che non dovete lasciarvi sfuggire perché, forse, potrebbe non presentarsi un'altra volta.
Io e mia moglie parlammo molto quella notte, analizzando i pro e i contro della situazione che ci si era presentata. Sapevamo che si trattava di qualcosa di molto importante per il nostro futuro e, convinti di questo, decidemmo di avventurarci e provare, sperando che tutto risultasse come desideravamo che fosse.
Il giorno dopo ci licenziammo dai nostri rispettivi lavori e, siccome era l'inizio dell'anno scolastico, non ci furono problemi per cambiare l'iscrizione a scuola di nostro figlio.
Fu così che, dopo aver messo negli scatoloni tutte le nostre cose, con l'aiuto di Nicola che aveva chiesto in prestito un furgone ad un suo zio, partimmo per la città del Vasto, lasciando dietro di noi Selva di Altino, con la nostalgia, la malinconia ed il ricordo di tutta quella gente che avevamo conosciuto, e che si erano comportati così bene con noi.
La villa del dottor Deliberato era molto bella e grande. Aveva un'enorme quantità d'alberi da frutto in mezzo ai quali c'era un bel laghetto, dove oche, anatre e cigni nuotavano tutto il giorno. Pavoni, fagiani reali e quaglie si vedevano sempre attorno al verde degli ulivi.
Era incantevole quella villa. Ricordo che ci dispiacque tanto quando, molti anni dopo, abbiamo visto arrivare lì delle pale meccaniche che hanno buttato tutto a terra, per iniziare a costruire in quel posto edifici residenziali.
Fummo ricevuti con molto calore da parte del dottore e di sua moglie Wanna, ci sistemarono nella parte bassa del palazzo, dove c'era una stanza da letto, un bagno e un'enorme sala, che noi dividevamo in cucina e stanza di pranzo e che, di notte, allungando un letto, diventava la camera dove Eduardo dormiva.
Diana iniziò immediatamente a lavorare. Era incredibile come riusciva a distribuire il suo tempo nel portare avanti il lavoro in tutte e due le case. Non solo quello, perché doveva preoccuparsi anche del piccolo Andrea, figlio della coppia, che aveva bisogno d'essere aiutato.
Era passata da poco una settimana, quando fui chiamato da Wanna, la moglie del dottore.
– Jorge, abbiamo trovato un lavoro anche per lei.
– Grazie al cielo! Cominciavo a preoccuparmi.
– Perché?
– Perché temevo di passare troppo tempo senza lavorare.
– Come vede, non è stato così. Solo che per il momento è l'unico che siamo riusciti ad ottenere.
– Di cosa si tratta?
– Un nostro vicino, Edmondo, fa il ragioniere al deposito di pasta, che si trova a una decina di chilometri da qui. Noi gli abbiamo chiesto se c'era la possibilità di trovarle un lavoro lì.
– Grazie, Wanna. La verità è che stavo già sentendomi una persona inutile. Il lavoro è qualcosa di molto importante per l'uomo!
– È vero. Ad ogni modo, Edmondo ha parlato col proprietario che ha accettato di assumerla.
– Benissimo. Quando potrò cominciare?
– Penso da domani stesso. Il ragioniere si è offerto gentilmente di accompagnarla tutti i giorni al lavoro con la sua macchina, giacché il deposito è un po' distante. Questa sera, quando lui torna, glielo farò conoscere, così già domani potrà iniziare a lavorare.
– Non so come ringraziarla per quello che sta facendo per noi.
– Non mi deve ringraziare. Anche mio marito si è interessato personalmente per sistemarvi al meglio.
Il giorno dopo il signor Edmondo passò a prendermi. Arrivati al deposito parlai col mio nuovo principale, e iniziai a lavorare subito.
Due o tre volte la settimana arrivava un camion carico con pacchi di pasta. Io ed un altro ragazzo dovevamo sistemarli per bene e preparare le consegne che dovevano partire il giorno dopo in diversi furgoni.
Dopo un paio di mesi su questo reparto, m'incaricarono alle consegne nei diversi paesi dei dintorni.
Villa Santa Maria, Quadri, Roccascalegna, Gamberale, Bomba, Pizzoferrato, Castel del Giudice, Capracotta, tutti paesini degli Appennini Abruzzesi, che diventarono posti dove dovevo arrivare, per consegnare ai commercianti la pasta che avevano ordinato quotidianamente.
Era un buon lavoro che però, ad un certo punto, iniziò a non piacermi per un motivo in particolare.
Ed, infatti, un giorno, parlando con Edmondo, gli feci notare questo mio disagio.
– Io sono contento del lavoro che faccio, e devo sempre ringraziarti per quello che hai fatto permettendomi di farlo, solo che c'è un qualcosa che non mi piace tanto.
– Cosa c'è che non va, Jorge?
– Quando stavo nel magazzino della pasta iniziavo alle otto del mattino e finivo alle cinque. Ora invece, non è così!
– Perché?
– Perché alle cinque del pomeriggio mi trovo ancora in mezzo alla montagna, con la metà del carico nel furgone.
– Vuol dire che devi accelerare i tempi di consegna.
– Non posso fare miracoli. Solo per andare a Castel di Sangro, ad esempio, ci impiego quasi due ore. Non è possibile farmi tornare a lavorare di nuovo nel magazzino?
– No, perché adesso c'è un'altra persona che fa quel lavoro.
– Ma io sto tornando a casa tutte le sere alle dieci. Ti sembra giusto?
– Credo che ci sarebbe una soluzione; solo che il lavoro che faresti non sarebbe tanto pulito quanto questo che stai facendo ora.
– Di cosa si tratta?
– Potresti fare il benzinaio qua stesso. È un lavoro un po' sporco e duro, adesso che si avvicina l'inverno e deve essere fatto all'aria aperta.
– Non fa niente. Basta che mi serva a guadagnarmi il pane.
– Così avresti la sicurezza di lavorare soltanto otto ore al giorno.
– Fino ad ora, sono stato sempre lontano di casa e dalla mia famiglia. Non chiedo altro che restare più vicino a loro.
– Va bene. Parlerò domani col proprietario e vedremo cosa si può fare.
Due giorni dopo, lavoravo alle pompe e mettevo benzina alle macchine, e gasolio alle enormi quantità d'autotreni che si fermavano lì di continuo.
Tutto mi faceva pensare che adesso avevo trovato una sistemazione definitiva con questo lavoro, e che non avrei dovuto spostarmi più da nessuna parte, lasciando la mia famiglia abbandonata alla sorte.
Jorge Yañez Candia
Fonte: J. Yañez C., Dalle Ande agli Appennini, Ires, Pescara 2013.
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