Febbraio 1956: l'episodio di gelo e neve più importante dal dopoguerra
- Letteratura Capracottese
- 28 mag
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Dopo quella del 1929, l'altra memorabile ondata di gelo e neve del Novecento a scala nazionale si verifica nel febbraio 1956. La sua durata è più breve, poco più di tre settimane anziché due mesi, in ogni caso rimane tuttora l'episodio freddo più significativo dal secondo dopoguerra. Tutto comincia a fine gennaio con la formazione di una grande massa di aria gelida nella regione tra Russia, Finlandia e Paesi Baltici, che poi tra il 1 o e il 2 febbraio raggiunge l'Italia richiamata da una depressione sul Tirreno. La bora rinforza, nevica sotto forma di tormenta sulle pianure del Nord-Est, dell'Emilia-Romagna, sulle coste adriatiche, ma si imbiancano lievemente anche la Riviera ligure di Ponente e il centro di Roma. Tornato il sereno, le temperature minime scendono intorno a -15 °C nelle zone padane più fredde. Ma l'apice dell'evento viene raggiunto verso metà febbraio a seguito di ulteriori irruzioni di venti nord-orientali. Il versante adriatico è abbondantemente innevato fino alle coste con spessori di 20-40 centimetri a Pescara, un metro e più sulle Murge, e (con il concorso di accumuli creati dal vento) anche oltre 2-3 metri in località appenniniche di Abruzzo e Molise, come Capracotta in provincia di Isernia (1.421 m), note per la loro estrema nevosità dovuta all'esposizione ai venti freddi balcanici. L'interruzione delle comunicazioni stradali e ferroviarie isola per molti giorni decine di paesi negli entroterra, non solo della Penisola, ma anche della Sardegna, lasciando gli abitanti a corto di viveri e combustibile. Il 7-8 febbraio alcuni centimetri di neve imbiancano località in cui il fenomeno è assai raro, come Cagliari, Palermo, Catania, Agrigento e perfino l'isola di Linosa, a metà distanza tra la Sicilia continentale e la Tunisia. Il giorno 9 l'osservatorio del Collegio Romano registra 10 centimetri di neve al suolo (Mangianti e Beltrano 1991), poi tra il 10 e l'11 ne cadono 35 a Torino e 46 a Modena, con temperature ampiamente sotto 0 °C anche nelle ore diurne (a Piacenza il termometro non sale mai sopra lo zero per ben 12 giorni consecutivi, dall'8 al 19 febbraio). I rasserenamenti nelle notti tra il 13 e il 16, fanno registrare in numerose località del Nord temperature che tutt'oggi sono in assoluto le più rigide del periodo successivo almeno al gelo del gennaio 1947, se non a quello del febbraio 1929, con minime di -26,2 °C a Anzola dell'Emilia, tra Bologna e Modena (tuttora il valore più basso ufficialmente noto nella pianura dell'Emilia-Romagna), -26 °C a Lombriasco, nel Torinese, -23,4 °C all'Istituto di Risicoltura di Vercelli, -21,8 °C a Torino-Caselle, -17,3 °C al Collegio Alberoni di Piacenza, -15,6 °C a Milano-Linate, -14,6 °C a Trieste. Al Centro, costituiscono dei primati per il solo mese di febbraio i -12,6 °C di Pescara aeroporto (stazione con dati dal 1947) e i -11,4 °C di Firenze-Peretola (dati dal 1931), mentre i -6,0 °C del Collegio Romano eguagliano il record ultrasecolare del 23 gennaio 1869. Al Sud e sulle isole già nella prima decade si erano stabiliti dei primati di freddo tuttora insuperati per febbraio (-3,2 °C a Cagliari-Elmas, la cui serie inizia nel 1932) o per qualunque mese dell'anno (0,0 °C a Pantelleria, stazione attiva dal 1951). Congelano tratti del Po, del Tanaro, dell'Arno, sebbene in modo meno esteso e duraturo rispetto al 1929. Se nelle campagne e in montagna le condizioni sono assai severe per la popolazione, in città non va molto meglio: "La Stampa" del 17 febbraio segnala che a Torino «migliaia di famiglie sono senz'acqua, senza gas e senza riscaldamento».
Dopo la metà del mese le temperature si fanno meno glaciali ma, con l'apporto di umidità marittima, si verificano nevicate. A Roma altri 8 centimetri di neve cadono tra il 17 e il 18 febbraio. Il freddo e la frequenza degli episodi nevosi di quel mese nella capitale rimarranno impressi nella memoria collettiva, tanto che, a distanza di oltre un trentennio, li ritroviamo immortalati anche nel brano La nevicata del '56 scritto dalla sceneggiatrice romana Carla Vistarini per Mia Martini, nel 1990. A Imperia copiose fioccate si susseguono quotidianamente dal 19 al 23 portando il totale mensile di neve fresca a 44 centimetri, valore che rende febbraio 1956 il mese più nevoso della serie di dati dal 1876 a oggi. Date le temperature rigide la pianura Padana rimane estesamente innevata per un mese intero (all'Istituto agrario Zanelli di Reggio Emilia, dal 31 gennaio al 29 febbraio), fino a che, a inizio marzo, la grande massa di aria fredda in Europa viene sostituita da correnti piú tiepide che riportano le temperature diurne sopra i 10-15 °C in tutte le pianure e coste. Tuttavia un sussulto freddo notevole per la stagione si verifica ancora intorno al 10 marzo, sempre sotto venti da nord-est: nuove bufere di neve investono gli Appennini, tra l'11 e il 12 anche il centro di Roma torna a imbiancarsi (2 centimetri al Collegio Romano) e il derby Roma-Lazio allo stadio Olimpico viene rinviato. Per la capitale è una delle nevicate più tardive dell'ultimo secolo, superata solo dalla spruzzata avvenuta una settimana più avanti nel calendario il 18 marzo 1985, tra tuoni e lampi. Quello del 1956 risulta il febbraio piú rigido del periodo successivo al 1900 a Torino (con temperatura media mensile di -3,0 °C), a Milano (-2,2 °C), Modena (-3,5 °C) e Roma (3,3 °C), mentre nelle serie storiche di Piacenza e Venezia primeggia il febbraio 1929. In ogni caso l'episodio di fine anni Venti lo supera ovunque per la sua maggiore durata che coinvolse anche gennaio.
Luca Mercalli
Fonte: L. Mercalli, Breve storia del clima in Italia. Dall'ultima glaciazione al riscaldamento globale, Einaudi, Torino 2025.