Mauthausen, 18 febbraio 1918
- Letteratura Capracottese
- 22 ott
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Un soldato che pare uno spettro ambulante, tendendo le ossute mani, mi avvicina e ripete con un fil di voce:
– Sono della sua provincia, di Monteroduni, mi sento morire, mi faccia la carità di prendersi cura di me!...
Lo guardo e, come atterrito, fo un passo indietro, poiché ricevo l'impressione che si ha dello scheletro a cui sia attaccata della pelle cerea.
Prendo le sue generalità: Faralli Loreto del 7° artiglieria fortezza.
Dispongo che sia subito inviato all'ospedale, appena vi sarà posto, ed includo il suo nome nell'elenco degli «invalidi» più gravi, con la speranza di farlo ritornare a riabbracciare i suoi nel bel paesello del mio Molise. Ma farò a tempo?
Con lui vi è una vera squadra, tutti della mia provincia, in maggioranza dei paesi limitrofi alla mia Agnone; Carovilli, Capracotta, Castel Verrino, Pietrabbondante. Tutti mi raccomandano e tutti mi raccontano i loro guai.
Alcuni mi dicono di essere affetti da malattie croniche, altri di avere disturbi e disagi familiari, altri, mostrandomi il piastrino di alluminio attaccato al berretto, su cui è inciso il numero di matricola, accampano, quale miglior motivo di rimpatrio, la loro anzianità in prigionia, vale a dire sofferenze patite in più.
Ho una parola di conforto e di speranza per tutti, cercando di far capire che la mia potenza è molto, molto limitata, affinché non si facciano troppe illusioni.
E dicendo di mettermi a loro completa disposizione per quel che posso e che è in me, mi allontano, quando uno di essi mi raggiunge e mi offre una copia della lettera che una vera madra italiana, la signora D. S. di San Felice Slavo, scrisse al proprio figlio Michele, disertore, in data 8 maggio 1916. È una lettera che, capitata ed aperta per errore, in questo campo ha fatto epoca perché in essa sono scolpiti il cuore e l'amor patrio delle nostre pure donne. La leggo.
Caro figlio, Ti scrissi una lettera fin dal passato mese, rammaricandomi con te dell'atto vigliacco che hai commesso col darti disertore, e dalle tue risposte mi accorgo che non fai cenno a quanto ti scrissi. Torno a ripeterlo, perché il cuore mi sanguina ancora dal dolore per la tua condanna alla fucilazione, ma, se da una parte mi ha cagionato immenso dispiacere perché il mio amore di madre mi trascina, dall'altra vedo che è stato un castigo ben meritato, pagando così meritatamente quanto, da vigliaccio, hai commesso. Caro figlio, non so come sei stato trascinato a commettere un simile atto! Hai dato onta alla nostra famiglia che si vantava di avere parecchi figli a servire la Patria, hai disonorato il tuo Paese che giustamente non ti riconosce più per suo concittadino! Oh! Quale conforto avrei io avuto, e mi sarei rassegnata, se ti avessi saputo morto sul campo di battaglia, anziché sentirti dare volontariamente al nemico! Ti scongiuro, figlio, se caso mai credi che il processo a tuo carico sia stato male eseguito, ti scongiuro di fare una domanda di revisione, o, nella peggiore ipotesi, se tu sai di essere colpevole, di chiedere grazia al nostro Gran Sovrano, il quale, senza dubbio, anche nelle amarezze della guerra, potrò rivolgerti uno sguardo di compassione. Ciò è quanto ho creduto dirti perché il decoro della famiglia me lo imponeva. Ti prego di darmi risposta e di farmi sapere come le cose stanno. Con le lagrime agli occhi, ti abbraccio. Tua madre Marianna.
Che lettera! Oh, se la leggessero non i prigionieri, ma i soldati al fronte! Oh, benedetta, benedetta quella mano che l'ha scritta!
E, senza perder tempo, la mostro ad un ufficiale austriaco, che parla italiano, ed a due fratelli irredenti che fan servizio nel campo, e tutti e tre rimangono sorpresi ed ammirati.
Domando, poi se quel disertore si trovi qui, per potergli parlare, ma mi si risponde che è altrove perché i disertori sono tenuti in un campo a parte: Theresienstadt, ove hanno il più spietato trattamento che si possa immaginare perché si chiedono loro informazioni, notizie e schiarimenti sulle nostre truppe, che essi non sanno dare. Ben meritato.
La lettera capitò qui per isbaglio d'indirizzo e fu messa in circolazione per il nobile patriottismo che l'ispira.
Michele Daniele
Fonte: M. Daniele, Calvario di guerra. Diario di prigionia in Austria, Alpes, Milano 1932.


