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Oreste Conti e... mutiam dolore!


Napoli piazza Dante
La statua di Dante di fronte al convitto in cui insegnava Oreste Conti.

Nei convitti i grandi costituiscono la vecchia guardia, perché d'uno in altro si è perfezionata in essi la tradizione degli accorgimenti e delle astuzie.

Oreste Conti nacque a Capracotta il 25 marzo 1877 da Giulio e Giovannina d'Alena, figlia del barone Pietro. A dispetto del casato da cui proveniva, costituito perlopiù da uomini d'armi, di Stato e di Dio, Oreste presentò sin da subito una naturale inclinazione verso le lettere e la didattica. Diventato istitutore presso il Convitto nazionale "Ruggiero Bonghi" di Lucera e infine educatore nel Convitto nazionale "Vittorio Emanuele II" di Napoli, in pochissimi anni il Conti diede alle stampe ben 12 opere di storia, folclore, poesia e letteratura, imponendosi come il più completo folclorista della nostra cittadina e come un affermato studioso delle tradizioni popolari presso l'intera comunità letteraria italiana. Ebbero per lui parole d'elogio il filologo Francesco D'Ovidio, l'antropologo Alberto Maria Cirese, l'etnografo Raffaele Corso e il giornalista Mario Gianturco; nel dopoguerra Italo Calvino, nelle sue "Fiabe italiane" (1956), menzionò Oreste Conti nelle note e in bibliografia, così come fece il linguista tedesco Gerhard Rohlfs nella sua "Grammatica storica" (1949).

Ultimamente ho scoperto un ulteriore episodio della vita e dell'opera del Conti. Nel carteggio intercorso fra Gaetano Salvemini (1873-1957) - uno dei nomi più chiari del giornalismo e del mondo accademico italiano - e Giustino Fortunato (1848-1932) - massimo rappresentante della cultura meridionalistica, nonché senatore del Regno d'Italia - i due si scambiarono alcune impressioni sull'educatore capracottese.

Il 12 gennaio 1912, da Gaudiano, Fortunato consigliò infatti a Salvemini alcuni volumi sulle rivolte scoppiate nel 1860-61 in Italia meridionale contro le idee liberali e, a proposito degli Abruzzi, il deputato lucano scrisse: «Il sig. Oreste Conti, ti avrà già mandato un suo opuscolo su la reazione di Capracotta. E mutiam dolore...». Giustino Fortunato aveva quindi già conosciuto il nostro concittadino, il quale, probabilmente, gli aveva chiesto di mediare con Gaetano Salvemini affinché al grande accademico pugliese giungesse una copia de "I moti del 1860 a Capracotta", stampati a Napoli l'anno prima. Dopo quell'informazione, Fortunato volle però mutar dolore, poiché si apprestava a parlare della questione meridionale attuale, ovvero della disattesa pacificazione tra lo Stato centrale e la periferia del Sud.

Tra le attività extra-letterarie di Oreste Conti, voglio ricordare soltanto il monumento a Gabriele Pepe che potete ammirare nell'omonima piazza di Campobasso e che è lì anche per merito del Conti, il quale, sin dal 1898, assieme all'agnonese Baldassare Labanca, fu tra i primi propugnatori dell'opera.

Il 9 giugno 1919, a soli 42 anni, Oreste Conti morirà di tubercolosi. E mutiam dolore...


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • I. Calvino, Fiabe italiane, libro I, Einaudi, Torino 1956;

  • A. M. Cirese, Gli studi di tradizioni popolari nel Molise, in «La Lapa», III:1-2, Rieti, marzo-giugno 1955;

  • O. Conti, I grandi: bozzetto di vita collegiale, Batelli, Napoli, s.d.;

  • O. Conti, I moti del 1860 a Capracotta, Pierro, Napoli 1911;

  • F. D'Ovidio, Rimpianti vecchi e nuovi, vol. II, Casa Ed. Moderna, Caserta 1930;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;

  • A. Mosca, Monografia su Caprasalva (Capracotta), Lampo, Campobasso 1966;

  • L. Patroni, Gabriele Pepe, in «Eco del Sannio», XX:13, Agnone, 31 luglio 1913;

  • G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Einaudi, Torino 1969;

  • G. Salvemini, Carteggio: 1912-1914, a cura di E. Tagliacozzo, Laterza, Roma-Bari 1984.

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