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Un personaggio riflessivo, intraprendente e industrioso: Marino D'Andrea


Marino D'Andrea (1913-1966).

Nelle vie di Capracotta si ascolta il camminar della sera, tutti sono affaccendati alle proprie disposizioni che la vita a sequenza offre al passar dell'attimo che prosegue senza sosta, mentre l'"astro continuo", ad un occidente fosco e lontano, abbandona definitivamente la recinzione delle giogaie al tenebroso sguardo del cielo. Si ripetono i gesti delle origini, quelli che hanno dipinto il colore dei secoli: il celere passaggio di una mandria di pecore che sono dirette all'ovile, oppure l'attraversamento della bianca e vigorosa giovenca che non tanto silenziosa dalla contrada dei "prati del monte", calcando il molle zoccolo sull'erboso tappeto, a rilento e da sola, si trascina nei dintorni del proprio tugurio, che richiama il "traguardo garganico" ove zia Mariuccia e la figlia Concetta la stanno aspettando al vecchio abbeveratoio di legno, che a stenti ancora resiste alle intemperie dei secoli e dell'uomo.

Dall'altra parte di un pagliaio dell'orto, possente si sente l'andatura del cavallo "ungarico" che trasporta continui barili d'acqua, forse anche la notte, che al ritmo della guida di un acquaiolo affaticato e stanco non vede l'ora di scendere alle scalette della propria casa, ove c'è chi con tanto amor l'aspetta, forse anche un po' distratto per mezzo di un'attempata finestra, che illuminata dalla fiamma di un camino acceso, ove questo, ripercuote dalla parete opposta al muro del fabbricato un'ombra in dislocamento, come se si trattasse di un rudimentale cinematografo, guardano divertiti anche i bambini, che con qualche nonna ed anziano dell'arteria allegramente commentano l'avvenimento. Sul bordo di un muretto a secco e poco lontano dalla strada mulattiera, s'odono rumorose voci di "campagnole", che in gruppetto, distinte od in spostamento si accingono a sparire oltre il piano della siepe per proseguire verso il borgo della periferia, ove la campana di Santa Maria di Loreto, echeggiando spigoli d'armoniosi suoni sulle chiome dei verdi e secolari fusti, continuamente le sta chiamando per mezzo del veterano, ed energico volontario innamorato sacrestano, che con la continua e appassionata memoria stilizza a pastorale tutto il sacro ed antico percorso del Tempio, mentre dall'altro campanile, opposto e centrale, a turno, i famigliari di Donato, con le corde guadate alla finestra della propria casa, ribattono intonati all'eco di Vallesorda.

Alcune donne, quelle più in avanti, intonano canti religiosi alla loro amata Madonna, altre recitano un antico e locale Rosario, altre ancora invocano la Vergine per una pioggia più consistente, non solo per il raccolto ma, perché gli antichi e profondi pozzi e i primitivi serbatoi sono andati quasi tutti in secca, non bastano più per colmare il rifornimento idrico dell'alto paese, bloccato dalla rottura della pompa sistemata alle scintillanti acque sorgive Verrino, ove l'acquedotto è originato. Ogni ordine si crea e si frantuma all'istante. Ciascuno è un personaggio a se stesso e per gli altri. Sono le epoche che danno sembianze ai secondi, sono gli attimi che conformano le epoche a distanza. Cosi, in quest'habitat, culturale e formativo, che Capracotta cede alla propria storia uno del più romantico e rilevante personaggio: Marino D'Andrea.


Fortunato il Castellino,

C'è il figlio del Marino:

Dove nasce lì il Verrino

Al motore si consacrò!

Una causa misteriosa

Arrestò il gran pompaggio,

Lui ristudia l'ingranaggio

Eppur d'april si passa a maggio.

Ma che uomo pien d'ingegno,

Sulla liscia fa il disegno

Ma la valvola di ritegno

Mal contrasta il ripartir!

Tra le ruote e gli inventari

Là, che pare Leonardo,

Ma la gente del ritardo

Già incomincia a contrastar!


Tutti parlano, ognun dice,

Però il Marino là è felice!

Avvolgibili al conduttore

Ma scintille fa il motore.

Sia di giorno che di notte

Lui si chiude tra le porte.

Tutte vanno ancora storte

Ma il coraggio, stimol dà!

Stacca, connette e ci riprova

Bensì la chiocciola non cova!

Là si esercita al collettore

Ecco il dubbio se ne va!

Si reca la moglie, sì che pensa:

– È leggera la dispensa

Del ritorno, là condensa

Pan, formaggio e vino un po'...


Capracotta, l'acqua piange

Che, ai borghi più non nasce

Ma nel cuore ognuno pasce:

Il ruscello canterà!

C'è chi pure prega storto

Qualche cerchio al verso rima,

Assai gelosi a quella stima,

Mai, Marino si arrenderà!

Tra le pinze colorate

Lui contatta l'elettrone

Nei dintorni un gran bagliore

Il motor si avvia e va!

Egli tentenna e non ci crede

Del Ferraris si sente erede,

C'è Marcon che dentro preme

Ma il Duce più non c'è.


Un sospir, va forte dentro

Là si siede ed ascolta il vento

Vien l'orgoglio dal tormento,

L'allacciatura riapre là!

Capracotta, quasi dorme,

Al tramonto qualche stella,

La cannella che saltella,

Qualche spicciolo chiocciar.

Nessun crede al par che vede,

Si rallegrano indivisi i cuori,

Tutti corrono per fuori

Fino all'alba a festeggiar!

Lui ritorna, eppure è notte,

Nella piazza c'è la banda,

Egli apprezza, ma rimanda,

Vuol il riposo conquistar!


Che esempio! Dà l'Assessore,

Non vuol paga dal comprensorio,

Lui lo ha fatto senza avorio

Per amor della beltà!

Il gran Sindaco Carnevale

Al Capracottese che più vale

Gli vuol dare il vero sale

Ma lui insiste e dice: – No!

Ecco il figlio, lui, Ermanno

Che di scienza, ne ha il gene,

Nel Contado porta il bene,

tanto, tanto è d'ammirar!

Anche lui come il babbo

Dove ancora c'è ritardo...

Nei terren del gattopardo

Schizza acqua in quantità!


Lui lo fa con tanto amore

E ci dedica le ore,

Nel silenzio vibratore

Quiete al cuor senza rumore!

Entro i campi del Caldora

Dove l'alba, tanto indora

Tra il fiume e molta flora

Porta in alto un capannon!

La "D'Andrea Molise" chiama

Pezzi d’elevata precisione

Hanno messo, sì in pensione

Tante ruote a sonnecchiar.

Succursale di Lainate

Trasferisce a 'ste borgate,

Porta pane e tante date,

Vive un mondo che lui dà!


Dai metalli va alle stelle,

Pensa a cose troppe belle,

Sulle "Scale del Paesello"

Vuole il coro salterello!

Sulla "Piazza delle Scale"

Vuol cultura generale,

Vuole cinema e teatro

Che rammenta, là l'aratro!

Vuole canti ed aspira squilli,

Ben ci vede la Ferilli,

Là che scende fra i birilli

Con la rosa e tanti fior!

Viene giù ed osserva il mondo

Composto dal sol presente

Tutto il borgo fa corrente

Intero osserva proprio là!


Sembra immobile il presente,

Pian si approssima la Ferilli,

Dalle fratte, tutti i grilli

Fanno i trilli all'immensità!

Per guardare questa diva

Anche il Sangro eleva il letto

Che vibrando tutto il petto

Inoltre al mare racconterà!

Qui ai piedi del Capraro,

Che dell'aspetto è tanto raro,

Il serio D'Andrea Ermanno

Vorrebbe starci tutto l'anno!

Frammenti ordinati e perfetti

Per corpi faticosi sono gli effetti,

Sul mercato vanno veloci e retti

Oltre i limiti vanno nei distretti.


Stimano anche le stelle, quelle vere,

Tra le orbite e le nuove primavere.

Cambiano i mondi e mutano le ere

A volte bianche e delle altre nere...

Qua il Comune dove nacque lui:

Il Capitano delle ruberie

Che all'Abate chiese poi perdono

E volentieri le riconsegnò in dono.

Tra i tali il Castellin di Licinoso,

Del paesello di chi adesso scrive

Che del confin n'erano due le rive

Da lungo tempo ne riempì le mire.

A Sessano voleva diventar sovrano

Ambiva superare l'Angioino

Che germogliato era assieme a lui.

Ma trattar non volle e lo sfidò!


Ai piedi di Sessano, là in pianura

Si svolse la battaglia tanto dura,

Il D'Angioino mise sì là, la prua

E lo sconfisse senza la paura!

Ammutolito, taciturno e assai pauroso

Ai piedi di Capracotta rincasò ombroso,

Angosciato, afflitto e non più fiducioso,

Il troppo orgoglio lo abbatté pietoso!

Entro i campi addietro tanto malandati

Or molti meleti in fila ed ordinati

Che allo sguardo, sembrano soldati

Modicamente ingenui ed un po' sbandati.

Tra il capannon moderno ed allineato

Il figlio Ermanno tanto ha programmato.

Ferri e frutti, mele e tanto acciaio

Allegano solo il bene e mai un guaio!


Tante canne al vento, come delle vele

A San Matteo, danno belle mele

Chissà un giorno, saranno nelle tele

Se pittori verranno a conquistar!

Indubbiamente qualche altra diva

Alle "Scale Castellane" ad esibir Melise

Organizzate dall'industrial che tanto ha fatto

Diligente ed esemplar ha costituito l'atto.

Collaborator d'Ermanno è Lino Gentile

Che pure lui tant'ama quest'ovile,

Col proprio stile ed anche signorile

Sempre impegnato sì, da maggio ad aprile!

Quando a settembre ci saran le mele

Ed il foro del borgo tutto è completo

Ognuno comparirà giocoso e molto lieto

Per parlar di pomo e di meleto!


Allo sguardo esteso del grande Ermanno

Tutta l'ammirazione per lui che avranno

Col sorriso nel cuor e mai un affanno

Sicuramente questo in tutto l'anno.

È lei Melise, che agguanterà il comando!

Al soave vocalizzo delle tinteggiate elise

Tra i raccolti del picciol e contadin Molise

Al qual sovrasta vigorosa 'sta Melise

Anche un po' capracottese:

In terra castellana che fu frazione

Questa, originaria eredita la nozione

Ed il buon Ermanno esegue l'orazione!

Tutti e due "ri paisi" indubitabilmente

La piccola comunità competente

E mai uno sguardo rimerà: "assente"

Per sempre e con gioia fermerà al presente!


La mela tanto sirena sul pendio affaccia,

Incantevole il vento che scende e la setaccia.

La Venere dell'Appennin che vive intrise,

Merito altresì d'Ermanno che benedise!

Ed al suo cor l'imprenditor condivise:

La stupenda mela che mai più divise,

Al territorio il pomo oltre sorrise

Che osservò la sfera e poi convise!

Meraviglioso frutto delle assise

di Capracotta, intorno e il "Castellise".

Una volta avviato tutto il gran motorio

Vanno d’accordo acciaio e territorio!

Tra materia ferrosa, pomi ed agronomia

Il gran D'Andrea osserva astronomia,

Sarà più forte ed incisa l’'ssatura

Non si farà mai più la potatura!


Come si è visto, l'industriale Marino D'Andrea è stato un grande personaggio di Capracotta, ma l'illustrissimo figlio dottore Ermanno, non è che sia da meno, è precisamente la stessa continuità del padre.

Ermanno, elegante, sincero e giusto, apre i suoi interessanti moti giornalieri con cento e mille riflessioni, perché non tutto è facile, ma il bello della sua intransigente volontà, non è il solo affaccendarsi degli interessi propri com'è logico che sia, ma questo vale anche per la propria famiglia, gli appartenenti lavorativi, ed in particolar modo per l'avvenire, pure della sua cara e limitrofa terra: la valle del Sangro con le sue campagne e le imponenti cime appenniniche, ove la sua Capracotta con robusto orgoglio svetta allo sguardo degli orizzonti vicino e lontani. Se non fosse stato così, anche in eguale partecipazione con altri ed interessanti personaggi del perimetro, sicuramente non avremo molto ammirato tante belle mele del posto: la Melise.

L'incantevole e ripristinato borgo antico di Castel del Giudice, che ha attirato anche l'affettuosa attenzione di tanti notabili della zona e dintorni, ma forse quella più caratteristica degli avvenimenti è l'attaccamento e l'ammirazione di questi ritocchi, da parte di noti vescovi delle nostre Diocesi ed abruzzesi; qualche invitato a stento voleva tornarsene alla propria residenza ed in taluno avvenimento, col cuore e con tanta generosità di tutti è stato ampliamente accontentato. Monsignore ha voluto replicare ed assorbire tutta la silenziosa ed attraente bellezza del "solco sangrino", ove saturatosi della spiritualità interiore e ringraziando Dio per averlo consegnato tra questi stupendi luoghi e persone, tutto appagato, salutando e benedicendo se n’allontanava.

Il dottor D'Andrea è molto orgoglioso della sua Capracotta e prossimità, ma ama anche la sua Lombardia, che tanto ha voluto bene al suo indimenticabile papà. Ermanno è anche un taciturno benefattore!


Teodorico Lilli

 

Fonte: T. Lilli, Un personaggio riflessivo, intraprendente ed industrioso: Marino D'Andrea, in AA.VV., I racconti di Capracotta, vol. V, Proforma, Isernia 2014.

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