Al 1869 risale l'ultima pubblicazione relativa alla Marsica, quella di Antonio Di Pietro che conclude quella triade di Autori fondamentale per la storia di questa sub-regione abruzzese formata con il Febonio e il Corsignani. Il Di Pietro, a pagina 297 del suo lavoro, parla delle montagne di Opi dove vivono «gli orsi che presentano buona, ma diffcile caccia a quei robusti abitanti».
L'Ottocento è stato anche il secolo che ha visto l'Abruzzo visitato dagli ultimi viaggiatori stranieri; oltre a quelli finora citati, è opportuno ricordare anche il Kaden che ci testimonia la presenza dell'orso nelle montagne di Valloscura (oggi Roccapia) il quale, insieme allo Stieler e al Paulus, in un altro successivo lavoro, ricordano ancora la presenza dell'orso nelle montagne di Pettorano, centro vicino il precedente Roccapia.
Contrariamente a quanto affermato dal Delfico, invece, che voleva nel 1756 l'ultimo rappresentante del plantigrado nel massiccio del Gran Sasso, Jules Gourdault, pubblicando nel 1877 il resoconto del suo viaggio in Italia afferma che alle falde del Gran Sasso «si stendono splenditi paesaggi di tipo elvetico; pascoli immensi; foreste di querce e di abeti, dove vivono l'orso e il camoscio».
Le osservazioni del Gourdault, in contraddizione a quelle del Delfico, rimandano alla polemica riportata dal Lopez a proposito della fauna del Gran Sasso. Infatti alcuni autori hanno posto in dubbio la presenza dell'orso su quel gruppo montuoso, ma a noi interessa sottolineare il fatto che tutti in qualche modo, forse in discordanza con le loro stesse conclusioni, riportano notizie sull'esistenza del plantigrado nel Gran Sasso, mentre Achille Costa aveva aperto il suo lavoro sull'orso dicendo che «sebbene oggi esso sia stato completamente distrutto entro i limiti della nostra provincia, mentre ancora vive in quella dell'Aquila, non sono rari i vecchi che ricordano le uccisioni degli ultimi orsi i quali abitarono, quasi senza forse, il Gran Sasso e, certo, le montagne ad esso vicine, così p.es. i monti di Castelli».
L'Autore concludeva il suo contributo affermando che «in ogni tempo l'orso appartenne alla nostra provincia non soli intenti storici, ma così vicini a noi che può dirsi scomparso da ieri».
Sempre nel 1877 abbiamo un'altra conferma che le montagne di Pescasseroli erano particolarmente preferite dal plantigrado in questione. Essa ci viene data da una nota relativa a Carmine Grassi e Carmine D'Addario che come guardie «hanno prestato un più speciale servizio circa la Reale Riserva di Caccia essendo stati dal Municipio distaccate in quelle contrade dove è noto di esser l'ordinaria stazione del maggior numero di orsi».
Concludiamo la trattazione delle notizie sull'orso nel corso dell'Ottocento dando uno sguardo all'Alto Molise. Da una pubblicazione del 1889 apprendiamo che «alle spalle del monastero, vicino Cerro, è situata Rocchetta [...] e Orso dalle cui radici nasce il Volturno [...] La incurvatura delle colline di Castellone nasconde Pizzone [...] di fronte ad una montagna [...] quasi tutta boscosa, nella quale trovasi l'orso di cui si fa annualmente particolare caccia».
Oltre alla citazione della caccia al plantigrado è da sottolineare il significativo nome dato ad una contrada della zona: Orso.
Sempre per questa area, in una monografia di Venafro edita nel 1877, leggiamo che un ipotetico osservatore da questa città vedrebbe le montagne della catena delle Mainarde «ove spesso si dà la caccia all'orso».
Nel corso di questo secolo, comunque, «l'orso di tipo marsicano» è ricordato anche nel territorio di Juvanum e «nelle foreste di Vastogirardi e Capracotta dove si racconta di un prete, don Anselmo Di Ciò, il quale, trovando spesso divelti i lacci da lui posti per prendere le pernici, si appostò e scoprì che il ladro abituale era un grosso orso».
Dalla Statistica del Sipari, infine, si ricava che nel periodo 1828-1898 vennero uccisi novantuno orsi e sei orsacchiotti nelle montagne di Barrea, Villetta Barrea, Civitella Alfedena, Opi, Pescasseroli, Lecce, Gioia, Villavallelonga, Settefrati e Castellafiume e che tra i cacciatori si misero in rilievo Francesco Neri e Francesco Sipari da Pescasseroli, Filippo Tarolla da Barrea, Leonardo Dorotea da Villetta Barrea e Antonio Orazi da Gioia dei Marsi.
Tra questi andrebbero menzionati anche altri validi cacciatori come Vincenzo Graziani e Giacomo Di Ianni da Villetta Barrea, Cirillo Cocuzza da Villavallelonga che non vengono citati nella Statistica del Sipari.
Gianluca Tarquinio
Fonte: G. Tarquinio, Testimonianze storiche della presenza dell'orso bruno marsicano in Abruzzo e nelle aree limitrofe, Grafitalia, Sora 2001.