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Storia dell'organo (II)

  • Immagine del redattore: Letteratura Capracottese
    Letteratura Capracottese
  • 3 giu
  • Tempo di lettura: 10 min

Siamo tutti in ballo, siamo sul più bello.

In un acquarello che scolorirà...

[Toquinho, "Acquarello", 1983]


Storia dell'organo
Interno e catenacciatura di un grande organo storico nordeuropeo.

Prima di affrontare ulteriormente la storia dell'organo sarà bene presentare alcuni concetti di arte organaria per rendere più comprensibile questa chiacchierata. Ovviamente gran parte dei riferimenti sono addotti agli strumenti storici: l'epoca moderna ha portato ad una certa omogeneizzazione nella realizzazione degli organi per favorire un eclettismo esecutivo.

Ai raffinati cultori e addetti ai lavori che staranno sicuramente storcendo il naso ricordo ancora che queste righe vogliono essere solo una semplice esposizione divulgativa dedicata ai profani e che pertanto in alcuni punti tende a opportune semplificazioni per avvicinare alla conoscenza di un meraviglioso prodigio dell'intelletto umano. Amare la propria passione significa, per chi scrive, cercare di farne dono agli altri. Michel de Notre-Dame, conosciuto come veggente, era in realtà un famoso e bravo medico. Egli convertì il suo cognome in Nostradamus facendo credere che ne fosse la latinizzazione. In realtà intendeva segretamente "Nostra Damus", cioè "diamo ciò che è nostro", offriamo le nostre (mie poche) conoscenze. E cercando di divulgare si è piacevolmente costretti a studiare ulteriormente.

Aggiungo altre piccole informazioni a completamento del precedente capitolo:

  • Pezzi di alcuni hydraulos sono stati rinvenuti anche negli scavi di Pompei ma, causa la devastazione indotta della nube piroclastica che si sprigionò durante l'eruzione, si sono rivelati insufficienti per una ricostruzione o un completo valore descrittivo.

  • Polluce, coevo dell'imperatore Adriano, descrive la presenza contemporanea di sue strumenti a canne uno alimentato ad acqua che definisce «flauto tirrenico» ed uno azionato da mantici.

  • Anche Giuliano l'Apostata (331-363) fa menzione dell'organo a canne.

  • Nel basamento dell'obelisco di Teodosio il Grande (347-395) sono raffigurati due strumenti, di cui uno è sicuramente un hydraulos, mentre l'altro molto probabilmente un portativo a mantice.

  • Nel III secolo compare la prima definizione di organum e a partire dal IV secolo scompare la menzione degli hydraulos nelle cronache.

  • Saranno le invasioni barbariche a far scomparire la cultura dell'organo nelle terre di Occidente e, quando se ne riprese la costruzione, i primi esemplari ricomparsi nel Medioevo, erano più rozzi di quelli dell'epoca imperiale.

  • Anno 826: Baldrico conte del Friuli conduce alla corte di Aquisgrana il prete e organaro Giorgio di Venezia per far costruire un organo «more Græcorum». Ludovico il Pio, imperatore, volle che il costruttore rimanesse a corte per molto tempo e probabilmente dando origine così alla scuola organara nordeuropea.

  • Anno 872: papa Giovanni VIII fa richiesta all'imperatore di Baviera di inviargli un organo ed un bravo organista e costruttore per istruire i chierici romani nella pratica musicale.

  • IX secolo: prime tracce di trattati sullo studio e costruzione delle canne, tuttavia il concetto di ridurre i diametri di un registro (fila di canne) mano a mano che ne diminuisce l'altezza per mantenere un timbro sonoro uniforme sarà definitivamente acquisito solo a partire dal XIV secolo. Compare così anche la definizione della misura della lunghezza delle canne tramite il "piede organaro" pari a 30,48 cm. Così anche la definizione del registro: dire che un registro, cioè una fila di canne, è di 8 piedi si intende che la canna più bassa ha suddetta lunghezza, un registro di 4 piedi avrà questa lunghezza alla prima canna e suonerà una ottava più acuta rispetto al precedente: se la canna di 8 piedi è un Do la canna di 4 piedi sarà un Do ma un ottava più acuta (otto infatti sono le note da Do1 a Do2) e un 2 piedi un Do3 e quindi di due ottave più acuto (15 note di distanza). Inversamente se il registro è di 16 piedi la prima canna suonerà una ottava più bassa di quella da 8. Un registro di 2 e 2/3 emetterà alla prima canna un Sol2 (cioè una "quinta") oppure si definirà come XII : da Do1 al Sol2 ci sono dodici note. Una XVII sarà un Mi3 e quindi un registro "di terza". Ecco che la classificazione dei registri diventa comprensibile anche ai profani. Allora il 4 piedi sarà chiamato anche VIII e il 2 piedi XV, 1 piede XXII e via così... I registri non risuonanti sulla nota reale del tasto (XII – XVII – XIX – XXVI – XXXIII ecc.) vengono chiamati "mutazioni" e, come vedremo, sono di estrema importanza nella geometria sonora.

  • Anno 1450, Chiesa di S. Nicola ad Utrecht: nascita primo strumento con registro autonomo alla pedaliera (Tromba). Si pongono le basi per lo sviluppo della pedaliera come registro autonomo.

  • A partire dal XV secolo le figure dell'organista e dell'organaro, salvo eccezioni, tendono a dividersi pur mantenendo una stretta collaborazione nella progettazione e ricerca fonica.

Gli organi possono essere classificati in:

  • Organi portativi: strumenti di piccole dimensioni da potersi trasportare facilmente, alcuni anche a tracolla, come le odierne fisarmoniche, di poche canne e suonati con una sola mano mentre con l'altra si aziona il mantice. Altri portativi sono un po' più grandi e possono essere appoggiati su stativi o tavoli e suonati con due mani con un addetto ai piccoli mantici.

  • Organi positivi: strumenti a sede fissa, di dimensioni più estese e da usarsi nei grandi ambienti. Posizionati accanto all'altare o al coro. Tuttavia se tali strumenti nelle prime chiese romaniche erano di sufficiente forza sonora le cattedrali gotiche e le grandi basiliche richiesero strumenti di dimensioni maggiori a partire dal XIV secolo e posizionati in apposite cantorie: appunto gli "organi maggiori". La definizione di positivo, negli strumenti nordici, passò successivamente a quel corpo dell'organo maggiore rivolto verso la navata, integrato nella balaustra della cantoria, più vicino all'assemblea. I veri positivi dedicati al canto corale vennero allora collocati generalmente nei transetti e si chiamarono "organi di coro". Tra i positivi e i portativi potremmo inserire gli organi "a baule" con due o tre registri, dedicati all'accompagnamento dell'orchestra in funzione di "continuo" o al canto del coro.

  • Organi processionali: da usarsi per il canto nelle processioni e trasportati spesso su appositi carri trainati da animali da soma, come ci mostrano molte miniature e disegni.

  • Organi maggiori: di cui abbiamo parlato e di dimensioni spesso veramente ragguardevoli.

Installazioni di organi furono e sono praticate anche in appartamenti privati con varie finalità come anche nei teatri (strumenti molto particolari) e negli auditorium.

Anche se l'estetica e a bellezza delle casse vengono celebrate ed ammirate per la finezza delle decorazioni e della struttura architettonica pochi sanno che tale aspetto risponde anche ad una funzione simbolica. Se nella fonica e nella potenza sonora l'organo rappresenta la trasposizione terrena dei cori angelici inneggianti al Creatore come anche, grazie ai rapporti matematici, armonici e fisici del suono la diretta emanazione di Dio, così la struttura architettonica e decorativa conferiscono maestosità e regalità al coro angelico sceso in terra e il posizionamento nelle grandi cantorie è il punto allegoricamente privilegiato per far discendere la lode a Dio verso l'Assemblea e contemporaneamente innalzandola verso il cielo. Pertanto dal recupero delle tradizioni classiche compaiono le casse medievali "a torre" di varia altezza con linee geometriche rette e spesso ornate di merlature. Nel Rinascimento le torri vengono modificate con colonne, trabeazioni e timpani tesi a imitare gli antichi templi greci ma anche, grazie ai campi di canne posti a cuspide, a rappresentare l'archetipo del tempio cristiano con le sue navate. Il barocco amplificherà tale simbologia arricchendola di cimase, angeli musicanti e festanti in un tripudio di elementi floreali e vegetali.

La presenza di grandi portelloni di chiusura, arricchite da pitture pregevoli, aumenta il senso di sacra regalità e mistero specie nel loro lento e maestoso aprirsi prima che il suono riempia le navate. In alcuni strumenti si è voluto ravvedere anche un significato simbolico nel numero delle canne di facciata e nella loro disposizione richiamanti a versetti sacri o numeri a carattere biblico.

Quindi azione sonora e visiva tesa alla elevazione dello spirito e al rallegrare gli animi ma anche spingendo al timor di Dio ed alla meditazione. Solo così possiamo comprendere come gli antichi Blockwerk avessero solo la sonorità del "forte", cioè tutti i registri in azione e di come sia ancora importante il suo diretto discendente: il "ripieno". I cori angelici cantano la Gloria di Dio con forza e a gran voce: «Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia Gloria ad altri né il mio onore agli idoli» (Isaia 42,8), con buona pace dei pii avventori che vorrebbero poter chiacchierare in chiesa senza il fastidio dell'organo.

La stessa collocazione degli strumenti risponde oltre alle esigenze foniche anche a significato allegorico: ai lati dell'altare, nelle cantorie dei transetti, in controfacciata. La disposizione in abside sopra il coro richiedeva e richiede un accurato studio architettonico per evitare equivoci ed effetti visivi spiritualmente sgradevoli: è l'Altare, il Corpo del Cristo, il centro del Tempio, che deve essere glorificato. L'organo ne tesse la lode.

Le canne vengono classificate in:

  • Canne ad Anima. Sono le classiche canne che possiamo osservare nelle facciate. Realizzate in metallo o legno (o in alcuni casi letteralmente con quello che passava il convento come ad esempio il famoso "organo dei bidoni" di cui abbiamo parlato), sono dei veri e propri fischietti. Il vento entrato dal piede viene forzato da una lamina trasversale interna a fluire attraverso una fessura posta in basso sulla bocca della canna tra il bordo della lamina e il labbro inferiore e ad impattare contro il labbro superiore (o dente) creando delle turbolenze che danno origine al suono. La lunghezza della canna determina l'altezza del suono. Questa lamina è detta anima e dà nome alla tipologia delle canne. Va aggiunto che nell'anima della canna maggiore generalmente l'organaro incideva il suo nome e la data di costruzione prima di saldare le parti della canna. Il segreto veniva così conservato nel tempo. Questa consuetudine è presente anche nel nostro amato "Principalone": durante il restauro del 2000 quando dissaldando per il restauro le strutture della canna maggiore di facciata (Do2 del registro di Principale '16) è comparso il nome del costruttore e di cui ne abbiamo documentazione fotografica conservata negli archivi della Chiesa Madre. Una osservazione del M° Prof. Claudio Brizi, docente di Organo al Conservatorio "F. Morlacchi" di Perugia, durante una delle nostre chiacchierate (per me anche inconsce lezioni) mi ha particolarmente colpito: l'organaro dona simbolicamente la sua voce allo strumento e sa che tale voce rimarrà nel tempo anche secoli dopo la sua morte. Scrivendo il suo nome sull'anima della canna maggiore affida al tempo ed alla sua creatura la sua anima, la sua voce, chiuse nel segreto della canna maggiore ma parte fondante della sorgente del suono.

  • Canne ad ancia. In tali canne il suono è prodotto dalla vibrazione di una linguetta metallica, l'ancia, posta su una canalina bloccate in un raccordo alla base della canna (il noce). Una gruccia metallica regola la lunghezza della parte vibrante e di conseguenza la nota. La restante parte: il padiglione (o risuonatore) conferisce il timbro al suono a seconda della forma e del materiale di costruzione. Avremo così tromba, oboe, cromorno, regale, bombarda, clarone, fagotto ecc.. Ovviamente non parliamo di sonorità ad imitazione dell'orchestra ma di nomi utilizzati per evidenziare le varie caratteristiche e "colori" del suono da esse emesso.

La canne ad anima vengono classificate in base al materiale di costruzione:

  • Principale: canne con alta percentuale di stagno. Di suono argentino, chiaro e vivace. È la voce caratteristica dell'organo e con i registri più acuti costituisce la sonorità tipica dell'organo: il ripieno. Una miscela di file di canne disposte in registri in "ottava" e registri di mutazione (generalmente in "quinta") verso l'acuto. Per esempio: Principale '8 – VIII – XV – XIX – XXII – XXVI – XXIX. Altro registro tipico è dato dalla miscela di mutazione in quinta (XII) e terza (XVII) da associare alla base di principale e VIII: la "sesquialtera" voce caratteristica ed amata dagli organisti nordici molto usata nei grandi corali barocchi. Canne di principale possono essere costruite anche in legno e la evoluzione verso il basso dà origine ai "contrabassi". Alcuni autori descrivono il gruppo delle canne di Principale in un organo come "piramide maschile". Canne di principale a diametro più stretto danno un suono frizzante e dolce: vengono definite "violeggianti" (viola, gamba, salicionale ecc.). Anche in questo caso riferirsi alla sonorità dell'orchestra potrebbe rivelarsi un abbaglio.

  • Flauto: aumento della percentuale di piombo. Il suono è dolce, rotondo e vellutato. Anche nei flauti si creano più file acute e anche in mutazione: la miscela di registri in quinta e terza origina il "cornetto", sonorità tipica dell'organo francese: con una piccola forzatura potremmo considerarlo come l'equivalente in flauto della Sesquialtera che viene realizzata invece con delle canne di principale. Il gruppo dei flauti di uno strumento viene definito "piramide femminile". I flauti possono essere realizzati anche in legno e una loro variante viene definita "bordoni".

L'aria che tramite le canne genera il suono viene definita "vento" ed era prodotta dai mantici sostituiti oggi da ventilatori elettrici o da motori elettrici azionanti il sistema dei mantici che talvolta per le grandi dimensioni degli strumenti erano posti in un apposito locale. La produzione del vento deve essere costante e non subire cali che darebbero effetti sonori sgradevoli, quindi fungono anche da riserva e stabilizzatori della costanza del vento. Molti autori riportano che J. S. Bach, severo collaudatore, «smontava tutti i tasti per vedere se i polmoni dell'organo fossero buoni». In realtà Bach suonava inserendo tutti registri per verificare se i mantici riuscissero a sostenere un tale enorme consumo, mentre gli organari costruttori, sicuramente accanto a lui, sudavano freddo. Dai mantici all'organo l'aria fluisce in condotte (portavento) le cui giunture spesso sono guarnite da finissima pelle per evitare la trasmissione di vibrazioni allo strumento. La pressione del vento, peraltro relativamente bassa, viene espressa in millimetri d'acqua.

Il somiere è il cuore pulsante dello strumento. Al suo interno tramite un sistema complesso di valvole (ventilabri) il vento passa in delle canaline poste al di sotto delle canne. Su ogni canalina posano le canne che suonano la stessa nota di ogni registro così il ventilabro, azionato dal tasto tramite un meccanismo o un circuito elettrico ne fa accedere il vento . ulteriori valvole, presenti nelle canaline ed azionate dal registro (in questo caso si intende il comando posto accanto alla tastiera) seleziona quale o quali delle tante file canne dovrà suonare. La parte più interna del somiere ove sono presenti questi meccanismi si chiama "secreta" ed anche questa è una sede ove ritroviamo le firme dei costruttori, dei restauratori ma anche dei bigliettini a sfondo umoristico o derisorio. Anche vecchi attrezzi dimenticati o lasciati per un uso futuro e mai recuperati. Non da ultimo: le sigillature delle secrete spesso venivano riparate in passato sfruttando pezzi di vecchie pergamene e vecchi codici che, distaccati e accuratamente restaurati, si sono rivelati testi unici e di grande importanza storica e letteraria. Gli organi diventati così anche delle capsule del tempo.

La complessa rete di leve e tiranti (negli strumenti a trasmissione meccanica) che dai tasti portano il comando ai ventilabri viene chiamata "catenacciatura".

  • Accordatura: regolazione della lunghezza della canna per calibrare l'altezza corretta della nota emessa partendo da una nota di riferimento detta "corista" generalmente il La 3 (nella musica moderna ad una frequenza di 440 Hz) e ad una temperatura prestabilita: l'organo infatti subisce alterazioni anche sensibili dell'accordatura a seconda del variare di umidità e temperatura dell’ambiente in cui è collocato.

  • Intonazione: insieme degli accorgimenti che vengono messi in opera per una corretta e ottimale emissione del suono, transitorio di attacco (lo "sputo" della canna), uniformità del suono per ogni registro, regolazione degli armonici. Questa operazione viene effettuata anche in fase di montaggio o rimontaggio in sede e richiede anche settimane per un singolo strumento.

Se siete stati così coraggiosi e pazienti ad arrivare fin qui senza coltivare idee malvage nei miei confronti, potremmo continuare, nei prossimi giorni, il viaggio nel mondo dell'organo e scoprire come l'organo si sia diffuso acquisendo la voce delle genti e delle etnie di riferimento, testimone storico, culturale e geografico.


Non sanza fatiga si giunge al fine...

[Girolamo Frescobaldi, Libro II delle Toccate]


Francesco Di Nardo



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