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La zampogna a Casalvecchio di Puglia



Le notizie da me raccolte in merito alla tradizione della zampogna nei paesi del Subappennino dauno, provengono da fonti orali legate alla memoria degli anziani abitanti del posto e si ricollegano alla tradizione pastorale abruzzese, intimamente connessa alla transumanza. Infatti, è noto che la zampogna è uno strumento musicale proprio del mondo dei pastori che lo progettavano, lo costruivano e lo usavano grazie alle preziose nozioni frutto di una sapienza millenaria che risale almeno all'antica Grecia (flauto di Pan), passando per i latini che chiamavano la zampogna Tibia utricolaris. Questa sapienza, e il mondo a cui ha dato vita, è giunta fino a noi con modalità che il presente volume si appresta ad illustrare.

Anche la tradizione letteraria italiana, in particolare quella umanistica, non ha omesso di ricordare il legame tra la zampogna e l'universo bucolico, rinviandolo, magari, al più classicheggiante richiamo arcadico.

Tornando all'aspetto a noi maggiormente vicino, occorre notare che quella di Casalvecchio era tra le prime presenze pugliesi - in senso geografico, poichè il paese è a pochi chilometri dal confine regionale tra Puglia e Molise - dei gruppi pastorali provenienti dalla parte più interna del Molise che, solo alcuni decenni addietro, era considerata regione unica assieme all' Abruzzo. Era tra le prime presenze pugliesi perché i pastori che seguivano la pista dauna, passavano il Fortore seguendo la via che congiunge Colletorto a Casalnuovo Monterotaro, anche se la maggior parte delle greggi guadava il fiume all'altezza del corridoio che si estendeva tra Dragonara e San Paolo di Civitate, seguendo il regio tratturo, il cui termine è tutt' ora segnato a Foggia dal cosiddetto Epitaffio.

I luoghi di provenienza degli zampognari, però, non erano così prossimi al confine tra Puglia e Abruzzo-Molise poiché, tra i dati raccolti in Casalvecchio, emergono nomi di località tipicamente montane, come Capracotta, nota per la filatura e la tessitura delle lane, oltre che per i suoi pascoli in quota. Gli zampognari si muovevano al seguito delle greggi che dall'Abruzzo venivano a svernare nel Tavoliere, anche se non mancavano gruppi che, in maniera per così dire autonoma, venivano in Puglia per la campagna - così la chiamavano - di San Michele Arcangelo, festeggiato il 29 settembre (data culmine del periodo transumante preinvernale), giorno in cui, ancora oggi, viene celebrata la festività della sua apparizione nella grotta sotto stante al Santuario di Monte Sant'Angelo sul Gargano che, in epoche passate, era venerato e tenuto in grande considerazione in quanto, oltre ad aver ospitato l' apparizione del Santo, fu luogo di pellegrinaggio per i molti viaggiatori civili e militari, laici e religiosi, diretti in Terra Santa.

Nessun cenno, invece, viene fatto al periodo natalizio che, almeno nella zona di Casalvecchio, pare non vedesse la presenza di zampognari, a differenza di ciò che, come dirò, accade oggi.

Con ogni probabilità, gli zampognari che passavano per i paesi del Subappennino dauno, appartenevano a quegli "autonomi" che, non essendo obbligati a seguire da presso le greggi, potevano effettuare percorsi alternativi rispetto a quello segnato dal tratturo attraversato dagli armenti e che prevedevano un progressivo avvicinamento a Monte Sant'Angelo passando per Casalnuovo Monterotaro, Castelnuovo della Daunia, Torremaggiore, San Severo, San Marco in Lamis e, infine, San Giovanni Rotondo.

Le fonti attestano che lo scopo dichiarato dagli zampognari circa la loro venuta era devozionale nei riguardi dell'Arcangelo Michele, ma gli stessi ammettevano, sia pur velatamente, che suonare la zampogna attraversando i paesi era un modo per allietare gli occasionali ascoltatori, con la speranza di ottenere qualcosa per sbarcare il lunario; indiretta testimonianza, questa, della povertà materiale che accompagnava la ricchezza spirituale della vita contadino-pastorale fino alla prima metà del nostro secolo.

Ma queste due finalità erano accompagnate almeno da una terza, perseguita dai musici che venivano in Puglia a più stretto contatto con le greggi, ossia quella terapeutica nei riguardi degli uomini e degli animali . Per i primi la musica della zampogna fungeva da ausilio e stimolo a superare di buon animo le faticose giornate di cammino al seguito degli ovini e per questi aveva addirittura una valenza maieutica o, almeno, tale era ritenuta dai pastori che solevano accompagnare i parti delle pecore con la musica della zampogna. Le ricompense che i suonatori si attendevano dagli abitanti di Casalvecchio, così come da quelli dei paesi viciniori, erano in natura e non si parlava assolutamente di compensi in denaro, all'epoca merce rarissima, bensì di vino, uova, salsicce, dolci casarecci e simili.

Del resto, il baratto regolava anche gli scambi tra pastori abruzzesi e contadini casalvecchiesi. Non accadeva raramente che in cambio di un agnello, di una forma di formaggio o di ricotta, i pastori ricevessero dai contadini un barilotto di vino o una fusina di salsiccia prodotta con le carni del maiale allevato l'anno precedente. Con l'estinzione della transumanza, si è avuto un parallelo calo dell'afflusso di suonatori di zampogna, ma, recentemente, si è registrato un ritorno di giovani zampognari che, a causa della penuria di offerte di lavoro tipica delle nostre parti, sono tornati a percorrere le stesse vie dei loro antenati e con le stesse motivazioni, anche se con occhio più attento al fine materiale che a quello spirituale. Una importante differenza, però, è costituita dal periodo di presenza degli zampognari che, adesso, prediligono le festività natalizie, confidando magari sulla benevolenza nei riguardi del prossimo che è ancora tipica della Natività.

Proprio a proposito di benevolenza, concludo con l'auspicio che ognuno di noi possa, nei limiti delle proprie possibilità, sostenere il prosieguo e, perché no, il rilancio di una tradizione che è patrimonio sociale, folklorico e culturale di ognuno di noi.


Ferdinando Fratta

 

Fonte: F. Fratta, La zampogna a Casalvecchio di Puglia, in A. Capozzi, P. De Angelis e M. Delli Muti (a cura di), La zampogna nella Daunia, Centro Distrettuale FG/32, Foggia 1999.

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