
LA STRADA D'ERBA
di Umberto Fraccacreta (1892-1947)
Il silenzio cresceva nella casa
come un'ombra notturna, con presagio
di tristi giorni. Disse allora l'uomo
alla donna: – Tu vedi che non vane
eran le mie parole: il pecoraio
più non s'è fatto vivo, e si capisce.
L'annata è stata grama e le speranze
più non sono pei greggi. Forse a mente
tiene il mio detto; fan carbone e legna
dei boschi, e seminati fan dei paschi.
E sai, anche il bel Parco della Notte,
tutto ombroso di querci, cerri e d'olmi,
presso lo Spino Santo, che frescura
dava in estate e caldo nell'inverno
alle vacche per entro i rami folti,
pur quello è stato rotto con l'aratro,
perché il grano ci vuole per il pane,
e non il cacio, come già gli dissi.
E forse questo lui se lo ricorda.
Più non v'è qui pastura e lui non torna,
e tu la figlia avrai sempre nel pianto.
Son costoro del Sannio e dell'Abruzzo
come i lor carbonai di Capracotta,
che qui carbone e legna fanno, e soldi
rivendendoli a noi con la bilancia;
e poi, quand'è l'estate, alla Fontana
dell'Orso se ne vanno. Ma per questi
pure verrà la fine, ché la terra
di Puglia è nostra, e i nostri contadini
che la lavorano essa adunque sazi!
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U. Fraccacreta, Nuovi poemetti, Cappelli, Bologna 1934, pp. 52-54.