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TÓBIÁS MASNÍK

(Zemianske Kostol'any, 28 ottobre 1640 - Uhrovec, 28 luglio 1697)

e

JÁN SIMONIDES

(Spisské Vlachy, 9 gennaio 1648 - Banská Bystrica, 7 maggio 1708)

Teologi e scrittori

Il terzo racconto che ho tradotto è "Incarceratio, liberatio et peregrinatio" di János Simonides e Tóbiás Masnitius, di cui non ho potuto visionare l'originale, basandomi interamente su altri libri, primo fra tutti "A magyarországi gályarab prédikátorok emlékezete" di László Makkai. Per avere una corretta visione d'insieme l'ho tuttavia confrontato passo passo con la "Galeria omnium sanctorum" - un itinerario del viaggio firmato dallo stesso Simonides e raccolto due secoli dopo da András Fabó (1810-1874) - e, in termini generali, coi “Fata Aug. Conf. ecclesiarum” del predicatore Martin Klanicza (1740-1810). Fondamentale è stata poi l'edizione slovacca di Jozef Minárik (1922-2008), in cui il memoriale è stato forse rivisto e modernizzato: la "Väznenie, vyslobodenie a putovanie" è stata pubblicata nel 1981 a Bratislava rispolverando e traducendo in slovacco il voluminoso itinerario originale di Simonides e Masnitius. Da quel libro ho infatti estrapolato il XVIII, il XIX e parte del XX capitolo. Il secondo dei tre capitoli ha goduto della preziosa ed irrinunciabile traduzione della slovacchista dott.ssa Roberta Rocchi, coadiuvata dalla prof.ssa Renáta Kamenárová, da Jakub Duchovič e dalla dott.ssa Cardia Jačová. Gli altri capitoli li ho tradotti personalmente dopo le correzioni d’un revisore professionista. Una particolarità del testo slovacco - di cui mi ha informato la traduttrice - consiste nell'alternanza di due tempi verbali: il passato e il presente storico. Si tratta di una caratteristica molto diffusa nei testi narrativi slovacchi, che contribuisce a conferire una maggiore immediatezza e vividezza all'ordito. In italiano, utilizzare il presente storico e il passato remoto nel medesimo testo non è invece pratica comune ma, per scongiurare un eccessivo appiattimento della narrazione, ho preferito restare quanto più fedele ai tempi verbali del Simonides, cercando di rispettare i suoi flashback e le sue prolessi. Simonides e Masnitius - 27 anni il primo, 35 il secondo - riescono ad evadere nel pomeriggio del 1° maggio «ad Lisernam civitatem» mentre attraversano un vigneto e, dopo tre giorni di vagabondaggio, il 4 entrano nel nostro paese all'altezza della Cappella della Madonna di Loreto per venire arrestati e incarcerati da due guardie della nostra Università. Ma prima di giungere a Capracotta, il cammino a ritroso compiuto da Isernia è irto di pericoli. Essi dormono sui prati e fanno diversi incontri con pastori, contadini, soldati e custodi di bestiame, ai quali via via vendono parti delle proprie vesti per acquistare cibo. La mattina del 3 maggio i due sono a «Majorana», un luogo che non sono riuscito ad individuare poiché non ho scovato alcun toponimo pentro che rassomigliasse a quel nome, se non il Monte Maggiorano, estrema appendice del Matese. In serata essi raggiungono la taverna di San Pietro Avellana ma il giorno seguente, sempre guardinghi, ai primi bagliori del mattino, decidono di riposare all'interno d'un grande monastero abbandonato. A mio avviso quell'edificio - di cui sono tuttora visibili i ruderi nel bosco - potrebbe essere il monastero di «Sancti Iohannis de Monte Caprarum», menzionato in un memoratorium scritto da tre diverse persone negli ultimi mesi del 1171 e successivamente trascritto a Montecassino da padre Mauro Inguanez (1887-1955). La vera specificità dell'itinerario del Simonides, che «rappresenta la più notevole immagine d'Italia nella letteratura slovacca della seconda metà del Seicento», sta nel racconto della prigionia capracottese, che comprende tanto i luoghi quanto i tipi umani. Difatti, l'autore tratteggia i caratteri delle persone incontrate durante il periodo detentivo, dall'illuminato arciprete Pietro Paolo Carfagna al concionatore meneghino Antonio Cauliano, fino ai chierici Domenico e Biagio De Gabriele e agli alunni del ginnasio, tra cui il buon Girolamo Baccari. Tornato in Germania, Masnitius pubblicherà nel 1679 un testo dedicato proprio a Carfagna e Cauliano, «dominis meis honorandis», per ringraziarli in qualche modo del trattamento ricevuto «ex oppido vestro Capracotta» e per rammentar loro, in breve, la disavventura italiana.

  • F. Mendozzi, L'inaudito e crudelissimo racconto della prigionia capracottese e della miracolosa liberazione, Youcanprint, Tricase 2018, pp. 78-80.

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