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Le 100 fonti di Capracotta


Fonti di Capracotta

Il maestro elementare Domenico D'Andrea, in un passaggio dei suoi tanti manoscritti battuti a macchina, testé scriveva: «Il mio è un modesto lavoro di annotazioni, di pensieri ed emozioni suscitati dal ricordo e dalle rivisitazioni delle antiche fonti di campagna».

Il mio lavoro, invece, è quello di proseguire quelle stupende sensazioni mettendo su carta una mappa 3D con circa 160 fotografie antiche e attuali di tutti i punti acqua geolocalizzati.

La prima cosa a destar sorpresa è che Capracotta può fregiarsi del titolo di "Comune Fontanelloso", per l'elevata quantità di fonti, fontante, fontanili, sorgenti e piloni distribuiti sul suo territorio, un numero che sfiora la ragguardevole cifra di 100 unità, se si considerano anche i punti acqua che s'affacciano sui nostri confini ma che appartengono a comuni limitrofi.

La storia di Capracotta è da sempre intrecciata a quella della transumanza che, nei secoli addietro, nonostante gli immani sacrifici, ha creato opportunità di lavoro e indotto per gli addetti al controllo, alla gestione e alla conduzione degli armenti.

Basti pensare che nel XIX secolo, lungo il fiume Verrino, nacquero opifici che, sfruttando la forza nascosta delle acque, lavoravano la lana, il rame e il latte: con queste fiorenti attività Agnone raggiunse i 10.000 abitanti, Capracotta 5.000.

L'acqua, di cui il nostro paese era ben fornito perché sgorgava ad ogni piè sospinto, fu il motore principale che diede impulso alla creazione di piccoli e grandi armentari, capaci di possedere 27.500 ovini nel 1600, 113.000 nel 1700 e 50.000 nel 1800.

Assieme alle loro bestie, alpeggiavano sui nostri monti e poi transumavano verso la Puglia, attraversando la bretella transumante che collegava Castel del Giudice (Ateleta-Biferno) a Sprondasino (Celano-Foggia) ed incontrando sul nostro territorio la sorgente dell'Acqua Zolfa, la sorgente del Mulo, la Fonte della Fundióne, il pilone del Procoio Vecchio, la Fonte dei Pezzenti, il pilone del Passo della Regina e la Fonte del Duca.

Dato che ogni pecora ingurgita mediamente 4-5 litri di acqua al dì, nell'800 vi era un fabbisogno d'acqua di circa 200.000 litri, il che rese necessaria una distribuzione capillare sull'intero territorio. Dove lo permettevano, nacquero così, grazie all'operosità dei nostri progenitori, quei 100 dispensatori di liquido vitale che han permesso a uomini ed animali di usufruirne dei suoi benefici.

I nostri avi hanno riparato e riassestato quelle fonti, e molte di esse sono state messe in opera nelle adiacenze dei circa 60 insediamenti abitativi sparsi al di fuori del territorio comunale.

Il mio, insomma, è soltanto un modo per ringraziare e ricordare quei lavoratori, nella speranza che il loro sforzo non finisca nell'oblio, ad omaggio di quei sacrifici diedero sviluppo a terre montane che si dimostrarono non madri, bensì matrigne, e che per alcuni furono persino motivo di emigrazione.


Filippo Di Tella

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