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Cinque giorni di vita sucaina al VII Convegno invernale d'Abruzzo


Sciatori sucaini in corso S. Antonio, gennaio 1929.

Il VII convegno invernale d'Abruzzo appartiene ormai al passato, ma su di esso non scenderà molto presto la nebbia dell'oblio. Abbiamo vissuto per quasi una settimana in un'oasi di pace e di allegria, in un'atmosfera di entusiasmo e di armonie, che di per sé sole valgono a rendere indimenticabile il breve soggiorno a Capracotta.

Capracotta si presenta all'occhio del visitatore come una piccola città, linda, sorridente, anche elegante. Strade ampie, rese più leggiadre dall'aspetto invernale, caseggiati ben messi, panorama invidiabile. Capracotta vive su un costone che separa Monte Campo da Monte Capraro, di fronte a Monte Amaro, cima più alta di tutta la Maiella, con ai fianchi il gruppo svelto delle Mainarde, che mettono nel sangue il desiderio delle ardite ascensioni, e la linea azzurro-cupa dell'Amarissimo. È in questo scenario incantevole che una centuria e mezza di sucaini e sucaine ha trascorso l'Epifania dell'Anno VII.

Qual è stata la trama semplice e gioiosa di questi giorni di vita bianca? Partimmo - e parlo della carovana romana, che costituì il grosso della truppa - alla mezzanotte di giovedì 3 Gennaio, in due vagoni speciali, che non tardarono a divenire una specie di serraglio viaggiante. Trascorremmo sette ore in treno, sette ore notturne che a tutto servirono fuorché a dormire. Ed alle 7 del mattino, con puntualità ammirevole, fummo deposti alla stazione di San Pietro Avellana: la prima tappa era compiuta. Senonché qui cominciarono - e fortunatamente finirono - le dolenti note. Una mezza tormenta aveva imperversato nella notte ostruendo completamente la via, che avrebbe dovuto condurci alla meta. Il telefono non fu risparmiato e tra Capracotta e San Pietro in una continua trasmissione di notizie, l'una più contraddittoria dell'altra. Gli autobus dovevano giungere da un momento all'altro; ma i momenti furono parecchi e significarono un'attesa di sei ore. In capo alle quali gli autobus non si fecero vivi. Intendiamoci: nessuna colpa deve essere addossata agli organizzatori. Essi lottarono con ogni mezzo contro la avversità della sorte, ma la squadra di operai addetta allo sgombro della strada non garantì la sicurezza del trasporto e la prudenza ci costrinse a fare di necessità virtù.

Cosicché gli autobus non li incontrammo che a mezza strada, quando esaurita quella dose di pazienza di cui i sucaini sono mediocremente forniti, affrontammo coraggiosamente i tredici chilometri di montagna e di neve che ci separavano dall'abitato. E non potemmo neppure usufruire perché la strada non permise che gli automezzi potessero fare il necessario dietrofront.

Credete forse che la prospettiva della non agevole camminata spaventasse oltremodo la comitiva? Disingannatevi. Sucaino è sinonimo di giovane, di forte, di coraggioso, sucaino è soprattutto una parola italiana, perché è della razza nostra proprietà assoluta. Sucaina è quella tribù che ha dato tanti suoi figli alla Patria, che ha spedito il fiore dei suoi adepti al Polo, per concorrere alla salvezza degli eroici volatori dell'Italia.

E fu tra canti e risa che, alla spicciolata, gli sciatori inaugurarono, entrando in Capracotta, il VII Convegno d'Abruzzo.

Che dire dell'accoglienza della cittadina? Qualunque elogio, qualunque gratitudine sarebbero inadeguati.

Le gentilezze, le cortesie, le premure usateci furono all’ordine del giorno. I cittadini di Capracotta ci trattarono tutti - e le eccezioni confermano la regola - come parenti od amici cari. Chi non fu sempre clemente con noi fu il tempo.

La neve cadde nella notte del giovedì ed una giornata meravigliosa, incantevole, la domenica successiva, si compensò con una cortina di brume nei due giorni seguenti. Non esitiamo a dire che i campi di neve furono egualmente affollati, così domenica che fu una giornata ideale, come il giorno successivo, nel quale avreste potuto passare a due metri di distanza dalla persona in cui riponete più affetto, senza accorgervi della sua presenza.

Capracotta è magnifica non sol dal punto di vista logistico ed estetico, ma anche da quello tecnico; i suoi campi di sci sono buonissimi, i percorsi innumerevoli e di ogni tipo: piani o i forti dislivelli, duri o facili, a seconda delle intenzioni degli organizzatori e delle qualità dei concorrenti. È per queste ragioni e per tante altre di non minore importanza, che non esitiamo a prevedere un roseo avvenire per Capracotta, sulle cui cartoline illustrate vedremo presto sparire la dicitura: Capracotta, stazione climatica estiva, per vederla sostituita da quella a noi più gradita di Capracotta, stazione di sports invernali.

Il risultato tecnico delle prove disputatesi in questa breve villeggiatura sciatoria, può e deve essere considerato eccellente. Esso ha segnalato avanti tutto il ritorno in efficienza di Giuseppe Bavona, che dello sci centro-meridionale dev'essere considerato per ora il più bel prodotto, senza alcun nocumento al valore dei valligiani, taluni dei quali sono già in grado di far parlare di sé in un ambiente ben più vasto di quello delle proprie vallate.

La maggior parte di essi si misureranno domenica prossima nel campionato abruzzese e sapremo quindi cosa pensarne.

Dal punto di vista organizzativo nulla da eccepire. Ma non basta. Non criticare non è sufficiente quando questa organizzazione si dimostra ben costrutta, grazie al lavoro continuo e disinteressato di alcuni uomini, votatisi alla causa pura dell'incremento degli sports della neve nelle masse giovanili.

E se al Consiglio romano della S.U.C.A.I. va il merito di aver rivelato al centro-meridione d'Italia le possibilità di Capracotta, bisogna pure non dimenticare le benemerenze del comitato locale, di cui è stata l'anima il maestro Ottorino Conti, presidente dello sci Club, coadiuvato da Pasqualino Conti, Noè Ciccorelli, Giuseppe Falconi e dal milanese Iskachi. Efficacissima fu anche l'opera del podestà di Capracotta, avv. Gregorio Conti e del vice-podestà Nicola Ianiro.

Dobbiamo anche un sentito ringraziamento a Emilio Conti, direttore dell'Ufficio Telefonico, mercè la cui squisita cortesia ci fu possibile trasmettere, con alacrità e precisione, il resoconto fedele ed esatto della importante manifestazione sciatoria goliardica.


Giuseppe Sabelli Fioretti

 

Fonte: G. Sabelli Fioretti, Cinque giorni di vita sucaina al VII Convegno invernale d'Abruzzo, in «La Gazzetta dello Sport», Milano, 11 gennaio 1929.

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