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Farinosa, centimetri sessanta: 1931


Gare di sci a Colle Liscio.

Capracotta ha avuto quest'anno tre adunate, al posto dell'una, sola, dell'anno scorso. Prova evidente, questa, dell'interessamento sucaino. Un'adunata romana, una campana ed una mista. Infatti quest'ultima, pur essendo bandita ed organizzata dalla S.U.C.A.I. romana, ha richiamato una grande quantità di partenopei, accorsi per partecipare od assistere al campionato goliardico centromeridionale.

Anche Napoli sta «ammalandosi» di sci. Dico «ammalandosi», perché lo sci non è altro che una malattia. Una malattia molto grave, in quanto è incurabile ed in quanto chi ne assorbe il bacillo deve perdere senz'altro ogni speranza di guarigione. Non solo: è anche contagiosa. Ogni sciatore, con i suoi discorsi e le sue descrizioni entusiastiche, è un vero e proprio focolaio d'infezione. Chi è amico d'uno sciatore, ha novantanove probabilità su cento di ammalarsi a sua volta. L'attrattiva della novità, le fortissime agevolazioni ferroviarie invalse in Italia, le esortazioni degli amici (e sopratutto delle amiche) sono tutti germi che propagano il male. Una volta messi i piedi sui pattini da neve, il neofita è un uomo finito. Sospirerà la neve in ogni momento e l'andrà ancora a cercare in primavera a Campo Imperatore ed in estate all'Adamello od al Livrio. Una specie di "psittacosi".

Vi dicevo dunque che a Napoli sta sorgendo un vero e proprio movimento sciatorio. Ma questo non è tutto: Napoli ha già dei veri e propri esponenti nel campo agonistico, i quali fra breve saranno in grado di sostenere degnamente il confronto con gli amici romani da maggior tempo sulla breccia. Nel campo maschile abbiamo visto che i partenopei hanno occupato buoni posti nella classifica del campionato goliardico. Nel campo femminile, c'è Isabella Pansini che fila a tutto vapore; e non è la sola.

Ma lasciamo stare queste note malinconiche (malinconiche per i romani, che vedono sorgere all'orizzonte pericolosi avversari) e cerchiamo di illustrare alcuni particolari di questa adunata; illustrazione nella quale sono stato preceduto, ahimé, nientedimento da una pittrice. Tacete, lettori, e non rabbrividite. Proprio da una pittrice e cioè da una vaga fanciulla che, mentre le altre ragazze si dilettavano a sciare, amava uscire con una tavolozza, una tela, un cavalletto ed un pennello, tentando di fermare sulla tela le bellezze di Capracotta. Se questa ragazza fosse stata intelligente, avrebbe lasciato la tela del tutto bianca ed avrebbe esposto il quadro con la dicitura "Panorama di neve a Capracotta". Forse avrebbe avuto successo. Invece amava i colori forti, rosso scarlatto, blu cobalto, viola acceso, verde smeraldo, ecc.; e da questa miscela sono scaturiti capolavori tali da provocare il legittimo sdegno dei pur pacifici capracottesi.

C'è mancato poco che la cosa avesse uno strascico giudiziario, poiché gli indigeni avevano la ferma intenzione di distruggere quelle opere d'arte o di chiedere al Pretore una grossa indennità per gravi danni morali.

 

Conoscete l'ingener Theoli? Lo conoscete certamente, perché l'ingegnere Theoli è una vera e propria istituzione appenninica. Ogni tanto qualche illustre componente del Sindacato Cronometristi ama fare una rapida apparizione in quel di Roccaraso, di Ovindoli o di Capracotta. Ma si tratta di tentativi sporadici, che quasi sempre falliscono, perché nessuno di questi cronometristi debuttanti sulla neve ha nelle scarpe tanti chiodi quanti ve ne sono negli scarponi di Theoli, nessuno sa portare, come lui, il cappello sulle ventitré e nessun monocolo ha mai raggiunto altitudini più elevate di quello di Theoli. Non per nulla l'ingegner Theoli è una buona lana di vecchio alpino, di quelli il cui cappello è sempre adorno d'una bella penna e di un paio di stelle alpine e che sanno ingurgitare tranquillamente tre o quattro bottiglie di vecchio Barbera o d'anziano Barolo, senza minimamente risentirne le dannose conseguenze.

Ebbene, l'ingegner Theoli, sin qui conosciuto «cronometrista ufficiale», ha debuttato a Capracotta in qualità di istruttore. E che istruttore! S'era fatto una clientela femminile ch'era veramente un piacere a vederla...

Se nei quattro giorni trascorsi a Capracotta vi fosse punta vaghezza di ammirare un bel volto femminile, non dovevate far altro che andare in cerca di Theoli; e nelle sue vicinanze ne avreste ammirati a josa.

Mi risulta peraltro che i progressi compiuti dalle allieve di Theoli non sono stati eccessivi; ed io stesso ho constatato che i campi di neve sui quali tali fanciulle si esercitavano furono presto ridotti allo stato di percorsi per gare di corsa campestre. Come cronometrista Theoli è intangibile; ma come istruttore, eh, sì, presta i fianchi alla critica.


Medaglia delle gare sucaine di Capracotta, 11 gennaio 1931.
 

Camerieri nuovi all'albergo di Capracotta. Scomparso "Rococò", che si può dire veramente sia passato a miglior vita, avendo sposato una donna molto ricca e vivendo ora di rendita, gli sono subentrati un individuo con baffi ed un altro che è nel contempo portalettere e parrucchiere. Un tipo proteiforme, insomma.

Costui ha prestato servizio militare nel Veneto ed ora tradisce il fatto con il gergo che parla: un miscuglio di veneto e d'abruzzese, accompagnato in fondo d'ogni frase da un formidabile «ostia!», in seguito al quale gli abbiamo affibbiato questo vocabolo in qualità di soprannome.

Ma il cambio della guardia non è stato sufficiente per indurre i sucaini a portare all'albergo il dovuto rispetto. Ogni pranzo ed ogni cena hanno avuto le impronte del loro carattere troppo esuberante e dinamico, impronte tuttora visibili sulle pareti della sala da pranzo. Ci fu persino un giorno in cui i tavolini divennero barricate e le frutta bombe a mano. Per poco non ci fu una vittima: un goliardo che aveva chiesto una mela, la ricevette, sì, ma sulla testa e con tanta delicatezza da rimanere "svanito" per alcuni minuti.

Il ritorno nell'Urbe è stato ancor più movimentato. Incominciò il torpedone Capracotta-Stazione di San Pietro Avellana con avere delle convulsioni. Alla stazione di Sulmona ci fu un intermezzo di buon pugilato ed infine, nei pressi di Tivoli, poco mancò che avvenisse una tragedia. Uno sciatore non sucaino, vittima di una aggressione sucaina, ebbe - per salvarsi - un vero lampo di genio: si aggrappò al segnale d'allarme.

Successe il finimondo. Tutto, per fortuna, si concluse bene: quello sciatore sarà d'ora innanzi trascurato dai sucaini, ma dovrà versare all'Erario la somma di lire cinquecento, a titolo di contravvenzione. Il che può darsi lo faccia guarire dalla sua passione per lo sci. Caso più unico che raro.


Giuseppe Sabelli Fioretti

 

Fonte: G. Sabelli Fioretti, Farinosa, centimetri sessanta, Olimpia, Firenze 1942.

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