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Amore e gelosia (XXX)



XXX

Don Salvatore se n'era tornato a Napoli tutto risentito e deciso a non fare in nessun modo un primo passo per rimettere su la sua relazione con Elisa.

Aveva avvertito subito che dietro le parole della giovane vi era molto di più di un impegno con sua madre a Capracotta: qualcosa non andava per il suo verso, ma d'altronde il suo orgoglio di maschio gli impediva di mettersi lì a chiedere, a cercare di capire.

Come aveva detto Elisa? non verrò a Napoli? Bene, voleva dire che non si sarebbero visti per tutta la prossima settimana: e se avesse trovato altre scuse per quella successiva, bene così! E se... non osava dirselo... no, doveva! E se avesse continuato su quella strada, allora addio, meglio chiudere e avanti un'altra!

Una fitta al cuore lo colpì, un dolore sordo che quasi lo stordì: come avrebbe fatto a resistere per una settimana senza la sua Elisa? A non udirne la risata cristallina, la sua voce squillante così femminile, a non venerare il volto tanto bello e a non lasciare che gli camminasse avanti per ammirarne le belle forme?

Era in treno diretto verso Napoli, altrimenti avrebbe subito fatto marcia indietro e sarebbe corso da lei, ma non poteva.

Dovette mettersi a guardare fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva sotto i suoi occhi, mentre si interrogava mestamente su che cosa era successo tra lui e la sua ragazza, per giungere a quel punto...

D'altra parte, neanche a Nocera Inferiore si viveva un bel momento: il tempo andava guastandosi e si era alzato un venticello freddo mentre l'aria si incupiva e sembrava volersi impregnare di pioggia.

Ma Elisa non si rendeva conto di come il clima stesse mutando d'intorno a lei: se ne stava ritta sulla soglia della sua villa in campagna, con lo sguardo perso nell'aria cupa... Per la prima volta dopo anni aveva agito con slealtà nei confronti di Salvatore, il suo grande amore.

Sì, perché lei lo aveva amato ancor prima di conoscerlo, lo aveva amato tramite la sua poesia scritta nei libri e le sue canzoni cantate dalla gente.

Era entrata in quella mente così geniale e in quel cuore così appassionato e aveva deciso che solo lui era degno di lei.

Ed ora, ecco che si serviva di parole false e bugie per sposarlo! Che cosa aveva fatto , come aveva potuto?

Doveva rimediare subito, ora!

"Mi vesto, vado alla stazione e corro a Napoli per farmi perdonare!" decise... poi ricordò che ormai non c'erano più treni prima dell'indomani.

Restò sulla soglia mentre le prime grosse gocce di pioggia cominciavano a bagnare il prato e anche lei che non si riparava, le sembrava che quell'acqua fosse necessaria per pulirla di una bruttura che aveva commesso...

Il treno giunse a Napoli e il poeta scese avviandosi verso l'uscita: pioveva a dirotto, sarebbe stato meglio aspettare che un po' scampasse prima di allertare un vetturino che lo conducesse a casa. Ma dissimilmente da come era solito fare, stavolta don Salvatore si inoltrò nella pioggia e si incamminò a piedi noncurante dell'acqua che gli scorreva addosso, dal cappello fino alle scarpe.

Elisa lasciò la soglia e la casa sicura e si avviò nel giardino. L'acqua l'avvolse con l'impeto del vento che si era alzato e in un attimo si ritrovò fradicia: era quello che voleva, non poteva restarsene al sicuro in casa mentre il suo Salvatore chissà dove era, e chissà come stava soffrendo.


Francesco Caso



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