Come già visto, nella sua Sala Jesurum alla Biennale di Venezia del 1927, Giulio Rosso affrontò la sfida di creare uno spazio che, pur suggerendo un interno domestico, funzionasse anche da showroom. I suoi murali sulla "Leggenda di Lacco" trasformavano le origini mitiche dell'artigianato nella storia di un'azienda; raffigurare un'illustre tradizione - un passato reale o leggendario - si rivelò una potente forma di promozione. Quando un avvenimento storico o una leggenda non erano disponibili, Rosso ne inventava una.
La bottega da sarto di Ciro Giuliano (1928), ad esempio, è stata animata e nobilitata da due pitture murali: "La scelta dell'abito" e "La storia dell'abito". Nel primo Rosso aveva raffigurato un sarto nell'atto di trattare col cliente e con un amico di quest'ultimo, e che, sdraiato su un divano, dispensava consigli ora utili ora fastidiosi circa l'abito. Nel secondo murale il decoratore raccontava invece una storia in cinque episodi: un giovane comprava un abito che, nell'ultimo pannello, veniva guastato da un goffo cameriere, con le scene separate da forme geometriche e motivi floreali.
Come evidenziato dalla moda sartoriale, le storie dei dandy, fossero impazienti o sfortunati, sono tutte ambientate agli albori del XIX secolo. A metà strada tra i generi dell'illustrazione satirica e della pittura murale storica, i murali di Giulio Rosso hanno offerto a Ciro Giuliano due miti ancestrali fatti su misura per il mondo della moda. Erano divertenti, ma anche sottilmente moralistici, riflettendo probabilmente la visione del padrone, uno dei sarti allora più richiesti.
Antonio David Fiore
(trad. di Francesco Mendozzi)
Fonte: A. D. Fiore, "In Defence of the Decorator": Giulio Rosso (1897-1976) in Italy in the Interwar Period, The Open University, Milton Keynes 2017.
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