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Calzella condottiero rinascimentale


G. Vasari, "L'assedio di Firenze", 1530, affresco.

Il cinquecentoquarantesimo della nascita di Calzella Carfagna (1469-1530), può essere occasione per perpetuare la memoria di uno dei personaggi illustri di Capracotta, la cui fama travalica la dimensione locale.

È Vincenzo Ciarlanti a introdurci alla conoscenza del capitano di gran valore che, al tempo dell'imperatore Carlo V e di Papa Clemente VII, «pe'l molto suo sapere, e virtù fu carissimo alli due supremi capi della christianità, i quali ben sapendo conoscere i meriti delle persone, facevano elettione de i migliori che trovar si potessero per lor servigio».

Ulteriori note bibliografiche ci consegnano Calzella, all'età di 53 anni, vedovo e padre di una figlia, a sua volta sposata in Sulmona con il nobil uomo Francesco Andrea de Baccaris.

Dal "Liber Focorum" e dal "Giornale del Principe d'Oranges delle guerre d'Italia" si apprende che nel 1522 il nostro condottiero, sotto la guida di Antonio de Leyva, prestava servizio, per pubblico bando in Lombardia, come maestro bombardiere nell'esercito di Carlo V. Era coadiuvato nell'«uffizio delle artigliarie» da suo genero, dal fratello Pietro Paolo di anni 42, dal nipote Giovan Battista di anni 32 e da altri commilitoni della casa baronale, antico castrum di Capracotta, oggi attuale palazzo municipale.

Dal Segni si desume che, in occasione dell'incoronazione di Carlo V, ancora sotto il comando di De Leyva, si trovava in Bologna insieme con altri seimila fanti. Qui, in virtù dei suoi meriti, l'8 novembre 1529 ricevette da Papa Clemente VII un breve pontificio di lode e nomina a «Prefetto e General Capitano di tutte le artigliarie, macchine e monizioni da guerra dello Stato Ecclesiastico». Destinato in Toscana per ripristinare la Signoria dei Medici, militò tra le fila del Marchese d'Avalos al fianco del Principe d'Oranges.

Le sue gesta eroiche trovano tuttora menzione nelle opere letterarie di molti importanti autori dell'epoca come Amidei, Ammirato, Moisè, Guicciardini, Giovio, Guerrazzi, Muratori, Pignotti, Valori e Vasari, e dei molisani Albino, oltre il già citato Ciarlanti.

Da queste apprendiamo che Carfagna nel 1529 dovette misurarsi con le fortificazioni poste da Michelangelo Buonarroti a difesa della Repubblica fiorentina. Risulta anche che tra il 27 e il 28 maggio 1530 partecipò alla presa di Empoli, avvenuta ad opera dell'artiglieria, da lui diretta, che in tale occasione sparò circa duecento colpi di cannone, per abbattere «molini e pescaie», onde prosciugare i fossati colmi d'acqua antistanti le mura della città e creare varchi nelle stesse cinte, al fine di favorire l'assalto finale.

Trova anche menzione che Calzella, probabilmente il 12 luglio 1530, «mentre perseverava in sì degno incarico, venne a morte nell'assedio di Volterra» insieme con molti altri valorosi come Sarmento e Donato da Trotti.

Fu definito in assoluto il più valente uomo che fosse in quell'esercito. Considerato sin dal 1522 persona privilegiata, non assoggettabile al pagamento delle tasse, sicuramente si adoperò in un'arte redditizia.

Dal "Giornale Storico degli Archivi Toscani" si apprende che nel 1530 gli vennero destinati, da parte di Sua Santità, 450 ducati (400 ducati corrispondevano probabilmente al costo di un appartamento) da ripartire con l'altro capitano d'artiglieria Benedetto da Ravenna. Inoltre il 15 maggio 1530 gli furono attribuiti 200 ducati per il pagamento di «bombardieri e altri ufficiali di artiglieria». Il 26 maggio vennero anche pagati a suo genero de Baccaris 56 ducati per aver fornito «sette para di bufoli e un paro di bovi per l'artiglieria».

Non è noto se ebbe modo di imbattersi nell'antagonista Amico S. Barbara di Venafro, colonnello nell'esercito italiano sotto Malatesta Baglioni per la difesa della Repubblica fiorentina, deceduto nel 1529, sotto le mura di S. Miniato, per mano di Stefano Colonna.

Il fatto che fosse appellato in più modi come Calzella, Caecella, Capsilla, Calcella il Pugliese, Calcina, ci rende partecipi della dimensione della sua popolarità, ma non riesce a dirimere i dubbi che si affollano sulla sua figura. Ad esempio Calzella viene citato come personaggio illustre anche della cittadina di Montella, in provincia di Avellino, e risulta che Troiano Cavaniglia, feudatario del luogo, si sarebbe adoperato per la sua carriera militare.

L'Archivio Storico delle Province Napoletane riporta inoltre che il breve pontificio sarebbe stato conservato presso la famiglia Carfagni in Montella, mente Ciarlanti riferisce che l'ampissimo breve, prima di andare smarrito, era sicuramente conservato dai discendenti di Calzella in Capracotta.

Inoltre il "Giornale del principe d'Oranges delle guerre d'Italia" menziona che Calcella, peraltro stessa persona che il Calcina, era oriundo delle Puglie, perciò chiamato il pugliese, mentre per Luigi Campanelli tale confusione sarebbe originata dalla scarsa conoscenza dell'epoca delle regioni meridionali, visto che il Contado del Molise era aggregato, per ordinamento amministrativo-giudiziario, alla Capitanata.

Viene da chiedersi anche se lo stemma dei Carfagno, un leone rampante con la spiga di grano in bocca, rilevabile sulla porta lignea della Collegiata di Montella, fosse appartenuto anche al nostro condottiero. Sarebbe pertanto importante approfondire l'ulteriore conoscenza del percorso umano e storico del Carfagna, tentando la contestuale ricostruzione del periodo storico aragonese fonte di ricchezza e sviluppo per Capracotta, legati alla notevole presenza di masserie armentizie di proprietà feudataria.

Se poi al turista, insieme con le bellezze della natura e le bontà del posto, provassimo anche ad offrire un simbolico monumento culturale (un semplice bassorilievo commemorativo sul palazzo baronale!), potremmo anche essere soddisfatti di aver permesso la fruizione di uno spaccato di storia locale dagli interessanti connotati nazionali.


Franco Carugno

 

Fonte: F. Carugno, Calzella condottiero rinascimentale, in «Voria», III:2, Capracotta, dicembre 2009.

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