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Capracotta... ah... ah!


Palazzo Montecitorio, che dal 1871 ospita la Camera dei Deputati.

Durante le elezioni del presidente della Repubblica, ho sempre trovato oltraggiosi i voti "perditempo", cioè quei nomi di personaggi estranei alla politica che appaiono nelle schede anonime delle votazioni plenarie, quando il Parlamento non è ancora addivenuto a un candidato condiviso, inclusivo, capace di convogliare i due terzi dei consensi nei primi due scrutini e, più spesso, la maggioranza assoluta negli scrutini successivi. Nei decenni il Parlamento italiano ha votato di tutto: Sabrina Ferilli, Ezio Greggio, Francesco Totti, Gianfranco Magalli, Gianni Versace e via discorrendo. Certo è che in assenza di un nome condiviso, si pone il problema di chi votare, ma ritengo comunque offensivo e controproducente per l'autorevolezza dell'istituzione legislativa la prassi di scegliere nomi ridicoli, rendendo di fatto ridicola l'elezione stessa del presidente. E non dobbiamo pensare che questo volgare comportamento sia un vezzo recente: esso veniva messo in pratica anche sotto il Regno d'Italia quando si discutevano disegni di legge, decreti e interpellanze.

Tale premessa vale per confermare la mia ipotesi secondo cui le camere, dall'Unità d'Italia ad oggi, hanno spesso scherzato troppo, deridendo l'alta funzione parlamentare e, di conseguenza, coprendo di scherno il popolo italiano. Capracotta sta lì a confermarcelo, per via di quel nome certamente buffo, ma che pur rappresenta una popolazione dignitosissima, che nutre e pretende rispetto. Quando il nome del nostro paese è stato menzionato in aula, a volte le risate sono state scroscianti.

Il primo episodio è datato lunedì 27 febbraio 1888, quando il deputato abruzzese Pietro d'Ayala Valva (1848-1923) presentò una relazione che stabiliva la misura del dazio di confine sui semi oleosi. Al momento della presentazione dei documenti diplomatici e dei disegni di legge, il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Francesco Crispi (1818-1901) intervenne: «Mi onoro pure di presentare alla Camera un disegno di legge per autorizzare il Comune di Capracotta ad eccedere il limite della sovrimposta fondiaria». Stando ai resoconti stenografici, Crispi non fece in tempo a terminare la frase che, non appena nominò Capracotta, dalla Camera si alzarono forti risate, come quando i bambini ascoltano un adulto che pronuncia una parolaccia.

Appena un anno dopo, sabato 30 marzo 1889, giunti allo svolgimento delle interrogazioni e delle interpellanze, il deputato Alberto Cavalletto (1813-1897) chiese di interrogare il ministro dell'Interno circa l'omicidio di un turista su un convoglio della ferrovia ligure. L'on. Cavalletto disse: «Nella sera della scorsa domenica 24 del corrente mese, sulla ferrovia da Genova a Ventimiglia, e pare, sotto la galleria di Caprazoppa...», ed ecco che dai banchi di Montecitorio alcuni gridarono divertiti "Capracotta!", interrompendo di fatto il deputato che stava spiegando nei dettagli il fattaccio avvenuto sul treno. Un'interruzione davvero cretina e inopportuna!

E che dire poi di quella volta in cui l'on. Ruggiero Bonghi (1826-1895), candidatosi nel collegio elettorale d'Agnone ed accolto freddamente dalla popolazione capracottese, scrisse stizzito: «Ov'è poca acqua e punto fiori, ivi la civiltà è ancora lontana»?

Insomma, a chi trova tanto esilarante il nome di Capracotta, risponderò in dialetto: rìde 'mbàccia a sa fila de bettùne!


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • Camera dei Deputati, Atti parlamentari, Legislatura XVI, 2a sessione, Discussioni, 27 febbraio 1888;

  • Camera dei Deputati, Atti parlamentari, Legislatura XVI, 3a sessione, Discussioni, 30 marzo 1889;

  • L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Antoniana, Ferentino, 1931;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016.

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