Se questo è l'avvenire di Capracotta, se i nostri discendenti non avranno da ripromettersi nulla che possa tornare a loro beneficio, perché non prevenire fin da ora con uno slancio potente di volontà e sopratutto di solidarietà la dissoluzione futura? Perché vogliamo noi pel solo motivo che ci siamo nati e vi ci troviamo, immolarci a questo monte, dove la vita è piena di disinganni e di aspirazioni, e la famiglia a causa della temporanea quanto necessaria emigrazione è periodicamente divisa? Se per le prevedibili condizioni difficili in cui potranno trovarsi i nostri figli dovrà loro imporsi la ricerca del modus vivendi, perché non iniziare fin da ora la soluzione del grande problema, e gettare le basi pel miglioramento della vita materiale futura?
Non ho la presunzione di portare nottole in Atene, perché so che ognuno è intimamente convinto che se d'estate Capracotta è dei più belli e salutari soggiorni, preferibile secondo molti autorevoli forastieri, alle pittoresche residenze della Svizzera, d'inverno è tutt'altra cosa; e però ardisco di lanciare l'idea della distruzione e ricostruzione. Nerone fece incendiare Roma, perché ne voleva una più artistica: io desidero abbandonare il sito di Capracotta per un eccesso di amore al mio loco natio.
Molti forse, analizzando meglio la situazione, sapranno trovare argomenti più validi per cambiare indirizzo. Io mi limito ad accennare che, date le attuali condizioni climatologiche del paese, dovrà sempre venire meno la speranza di raggiungere il civile progresso di altri Comuni. Ed è perciò che non questa, ma altra dimora più benigna dovrà essere la mèta che noi incessantemente e con tutta la forza del nostro volere dovremo cercare di conseguire. Cambiare paese non sembri assurdo, ma è il solo mezzo per migliorare lo stato presente e futuro. Quanti paesi, come Pizzoferrato e Roccaspinalveti non sono stati abbandonati dai loro cittadini e sono sorti in altri luoghi che potevano meglio rispondere alle esigenze della vita? Non si vedono forse nella colta Germania persone che lasciano la loro patria per andare a costruire paesi lungo le ferrovie, e giovarsi delle comunicazioni stradali per lo sviluppo delle loro industrie e per ogni loro benessere morale e materiale? E costoro rispetto alle agiatezze della novella vita, ed agl'incalcolabili beneficii che traggono dal passaggio del treno che cosa perdono abbandonando una casa di poche migliaia di lire? Nulla, e molto meno perderebbero i Capracottesi se andassero a stabilirsi altrove, imperocché ho la sicurezza che ciò che dovrebbe spendersi pel fitto di una casa verrebbe compensato con l'economia del minore consumo di combustibile. In Capracotta ogni famiglia deve spendere da 150 a 250 lire annue pel fuoco. In un clima più mite basta la metà, donde l'economia da 75 a 125 lire, le quali per quelli che non dispongono di mezzi per fabbricarsi una casetta basterebbero per fittare una modesta abitazione. Esistono Società costruttrice di case economiche, che hanno interesse di rendere produttivi i loro capitali, e queste con l'assicurazione del pagamento di un canone annuo affrancabile edificherebbero in pochi anni molte centinaia di case da £ 1.500 a 3.000 ciascuna. La maggiore difficoltà potrebbe quindi più facilmente essere superata.
Ma dove sostituire questa nuova Capracotta? Quale località può meglio conciliare l'interesse per la conservazione del Capoluogo di mandamento con le aspirazioni commerciali ed industriali, e con l'affezione alla nostra proprietà rustica? Le contrade Macchia, Guastra, e S. Croce debbono escludersi per due motivi, primo perché perderemmo il Capoluogo del mandamento, secondo perché non avremmo strade, e rimarremmo più isolati. Converrà adunque scegliere un luogo nel versante del Sangro, possibilmente verso Saletto, quasi in continuità del nostro territorio, e non molto lontano dal fiume. In quella contrada il clima ad 800 m. sul mare è temprato, e vi cade poca neve. Da colà si hanno dei facili sbocchi alle stazioni di Castel di Sangro per Napoli o Roma, e di Torino del Sangro per le Puglie, dove abbiamo i maggiori interessi, e tutti i paesi del mandamento vi avrebbero più breve e comodo accesso. Ivi le case verrebbero anche a costare poco per l'abbondante legname da costruzione che a discreto prezzo si produce nel vicino Pescopennataro. La forza idraulica del Sangro verrebbe sfruttata da opifici industriali, che potrebbero essere un potente mezzo di risorsa pel paese, ed altre acque soprastanti non mancano per gli usi domestici. L'artigiano ed il bracciante potrebbero in ogni tempo lavorare, i boschi sarebbero sufficienti ai bisogni del paese, e le strade rotabili ora esistenti renderebbero anche comoda l'assistenza alla proprietà rustica di Capracotta.
Non discuto di altri benefizii, fra cui la certezza di avere la ferrovia Sangritana, né sul modo di utilizzare i fabbricati del paese, perché sarebbe stoltezza invadere il campo d'attualità del poi; ma ritengo che anche quello che noi ora crediamo di perdere sarà l'obbiettivo di una importante Stazione climatica o di altre utili imprese (caseifici, allevamenti di bestiame ecc.).
Paesani, rendiamo dunque feconde in noi queste idee, vagheggiamole, diffondiamole pel comune e futuro miglioramento. Sarà un passo di gigante nella via della civiltà che lo esige; non ci arrendiamo innanzi agli ostacoli che potremmo trovare, e col proponimento tenace come l'asprezza dei nostri monti potremo, conseguendo lo scopo, avere la grata soddisfazione di ripetere:
«Volli, sempre volli, fortissimamente volli».
Costantino Castiglione
Fonte: C. Castiglione, Capracotta nel secolo nuovo, in «L'Alba», I:3, Isernia, 27 gennaio 1901.
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