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Capracotta nel secolo nuovo (I)


Piazza G. Di Tella innevata (foto: G. Paglione).

Capracotta, situato a 1.421 m. sul mare, è indiscutibilmente uno dei pochi Comuni più alti, più rigidi, e sopratutto più nevosi dell'Italia. Sebbene manchi una storia che ricordi la sua origine, pure da qualche documento e dalla tradizione si sa che esisteva nel 1040, e potette essere fondata nel medio-evo dall'unione di più casolari abitati da pastori, e da persone le quali, fuggendo le disastrose guerre intestine che erano dovunque molto frequenti per la variabili dominazioni dei Duchi, dei Baroni ecc., cercavano la sicurezza su monti isolati e nascosti fra vergini e sterminate foreste.

La pastorizia, che dovette essere la primitiva industria, divenne posteriormente fiorente, procurando l'agiatezza a moltissime famiglie (massime dopo la ripartizione del Tavoliere di Puglia), le quali lodevolmente se ne servirono per diffondere l'istruzione e l'educazione nei cittadini.

Da qui - a parte la modestia - il numero rilevante di persone colte, di professionisti e d'impiegati rispetto alla sua ristretta popolazione.

Nei tempi andati tutti i pacifici Capracottesi potevano essere contenti di questa pittoresca dimora, perché, mancando per ogni dove i mezzi di viabilità, le industrie, il commercio, non avevano nulla da invidiare ad altri.

I prodotti del suolo erano sufficienti ai bisogni della vita; all'inconveniente del freddo potevano largamente provvedere con gli estesi boschi, da cui erano circondati, e la candida neve, quella neve che tanto fremito di allegria mette nei nostri bambini, e che per circa 4 mesi li teneva segregati, come suol dirsi, da Dio e dagli uomini, doveva costituire un mezzo gradito per vivere affratellati e tranquilli, lontani dal chiasso e dalla vita libertina delle città.

Pare, quindi, che allora tutto si addicesse alla loro indole mite, ai loro costumi semplici e modesti.

Con le evoluzioni sociali è venuta la civiltà, e Capracotta, ostacolata dalla sua montuosa situazione, non ha potuto, malgrado l'ingegno, le ricchezze e l'istruzione dei suoi cittadini, cogliere tutti i benefici frutti che da esso derivano. La lontananza dai centri popolosi, e la forzata imposizione di rimanere per diversi mesi bloccata dalle nevi hanno dovuto far rinunziare ai più volenterosi speculatori all'iniziativa di qualsiasi industria locale, specialmente dopo che quella primitiva della pastorizia, svoltasi in massima parte nei nostri importanti possedimenti pugliesi (censuazioni) è andata per la crisi agraria e per altre cause sempre assottigliandosi quasi in ragione inversa dell'aumento di popolazione. Neppure le arti potranno essere fiorenti, perché d'inverno il clima rigidissimo impedisce l'esecuzione di molti lavori, e la produzione non troverà mai l'elemento necessario per potervi bene attecchire.

Ecco perché Capracotta è rimasta e rimarrà ancora indietro ad altri paesi che si trovano in più favorevoli condizioni climatologiche e topografiche, e deve loro invidiare ogni progresso nell'industria e nel commercio, che sono le due grandi fonti di ricchezza della civiltà, perché esse, fra noi troveranno sempre nell'ingrato clima una forza maggiore che ne paralizza lo sviluppo.


Costantino Castiglione


 

Fonte: C. Castiglione, Capracotta nel secolo nuovo, in «L'Alba», I:1, Isernia, 13 gennaio 1901.

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